Appartamenti in condominio, la Manovra 2024 prevede tasse più alte per gli immobili che hanno beneficiato del Superbonus e che verranno rivenduti

Pasticcio Superbonus, spunta il nodo degli appartamenti in condominio
La Manovra prevede tasse più alte per gli immobili che hanno beneficiato delle agevolazioni e che saranno rivenduti

di Sandra Riccio per La Stampa

La Manovra 2024 prevede tasse più alte per gli immobili che hanno beneficiato del Superbonus e che verranno rivenduti. A partire dal 1° gennaio 2024, se l’immobile su cui sono stati effettuati interventi di riqualificazione al 110%, viene ceduto prima di dieci anni dalla fine lavori, la plusvalenza del 26% andrà calcolata tenendo conto del maggior valore dovuto ai lavori di ristrutturazione.

Questa misura sta sollevando diverse critiche e le preoccupazioni sono grandi tra chi ha utilizzato il bonus. In particolare, sta emergendo il nodo condominii. Il caso è stato sollevato da Confedilizia che chiede di escludere dalla tassazione più alta gli edifici in condominio, per i quali l’intento speculativo dei singoli condòmini (essendo rimessa ogni decisione sui lavori comuni all’assemblea) non è, all’evidenza, rinvenibile. In pratica, molti proprietari di appartamento in condominio si sono ritrovati i lavori approvati senza il loro consenso. Hanno dovuto sottostare alle decisioni della maggioranza e adesso si ritrovano con un immobile che non possono rivendere prima che siano trascorsi dieci anni, pena una imposizione fiscale più alta.

Quanti sono? Secondo l’Enea (che ogni mese pubblica i dati nazionali e regionali, relativi all’utilizzo del Superecobonus 110%) i condominii che finora si sono avvalsi dell’incentivo sono alla data del 30 settembre 2023: 78.260. Non si può però fare una stima dei proprietari interessati dalla norma delle plusvalenze.

Un altro punto riguarda, più in generale, l’arco temporale considerato dalla legge in arrivo. «La norma sulle plusvalenze in caso di vendita di beni immobili oggetto di superbonus presenta criticità sotto più profili – dicono da Confedilizia -. Per interpretazione costante le plusvalenze, oggi previste dal Tuir, su immobili e terreni sono il frutto di attività speculativa. L’arco di 10 anni dal termine di lavori entro il quale viene effettuata la vendita plusvalente non ci sembra, invece, idoneo a dimostrare la finalità speculativa; il maggior valore potendo derivare da una miriade di cause».

Ma l’elemento assolutamente incongruo è il fatto che la fattispecie sia riferibile anche ad immobili acquistati decenni prima, per i quali è evidente che non vi può essere alcuna connessione con l’intento speculativo. «In questi casi, infatti, il maggior valore acquisito dipende senz’altro da cause estranee al superbonus in particolare, dall’inflazione (si pensi all’ipotesi di un acquisto in lire di un immobile negli anni ’60). Senza dimenticare, comunque, altre cause, come ad esempio una riqualificazione della zona di interesse nel corso dei decenni (si pensi al caso di una zona periferica divenuta centrale)» spiegano dall’associazione.

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