Putin ha vinto a mani basse anche la battaglia delle sanzioni: persino il Financial Times costretto a spiegare ai lettori quanto siano state inutili. Come sappiamo servivano solo ad ammazzare l’Europa

IL FINANCIAL TIMES AFFOSSA LE SANZIONI

Estratto dell’articolo di Giovanni Longoni per “Libero quotidiano”

«Sono rimasto sorpreso dal fatto che le imprese private (russe, ndr) siano state così flessibili. Ero più o meno sicuro che fino al 30% dell’economia sarebbe crollata; invece ci è andata molto meglio».

L’analisi è di Oleg Deripaska, fondatore del colosso russo dell’alluminio Rusal e oligarca sanzionato da Stati Uniti e Gran Bretagna per il suo ruolo nell’invasione.

Poi è diventato moderatamente critico dell’“operazione speciale” (già ai primi di marzo 2022 su Telegram scrisse: «Abbiamo bisogno della pace il più presto possibile»). E oggi torna a dire qualcosa di patriottico. Ma non è soltanto il contenuto della sua intervista ad essere interessante quanto il fatto che il Financial Times, quotidiano dell’establishment finanziario britannico, abbia dato grande evidenza alle sue parole. Il FMI ha previsto che il Pil russo crescerà dell’1,5% quest’anno e dell’1,3% nel 2024. Putin parla di crescita del 2,8%.

[…] Putin trattiene il fiato. Nella sua strategia solo difensiva, sul campo di battaglia e in quello della politica e della diplomazia, l’unica speranza è che l’Occidente si chiami fuori. E purtroppo per l’Ucraina, questo momento di svolta sembra avvicinarsi. O comunque il rischio è alto: Biden, che non ha mai ceduto nell’armare Zelensky, potrebbe non farcela a ottenere la riconferma. O potrebbe essere costretto, una volta arrivati allo scontro finale, a chiudere i rubinetti degli aiuti per compiacere agli elettori.

Deripaska, intanto, spiega sornione al FT: «Ho sempre dubitato di questa Wunderwaffe (arma miracolosa ndr), come dicevano i tedeschi, delle sanzioni». Per spiegare la resistenza dell’economia del suo Paese, sostiene che il Cremlino ha fatto grandi sforzi al fine di costringere le imprese statali inefficienti che dominano l’economia ad aumentare la capacità, in parte a sostegno dello sforzo bellico. «Il capitalismo di Stato ha creato questi enormi conglomerati a bassa produttività e bassi salari. Sono rimasto sorpreso nel vedere che in alcune di quelle fabbriche gli stipendi erano simili a quelli delle mie aziende». Hanno soldi, assumeranno, diventeranno competitivi, prevede Oleg.

Uno scenario – la razionalizzazione provocata dalla guerra – plausibile anche perché Mosca ha trovato mercati alternativi. Con cui non si arricchisce ma di sicuro sopravvive. «Sapete», ironizza ancora il miliardario, «i Paesi asiatici hanno bisogno di sfamare miliardi di persone ogni giorno, come si fa a chiedere loro di impegnarsi in un embargo?».

Da parte occidentale, «è stato un grave errore». Provare a usare con regimi autoritari «questo eccellente meccanismo».

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