Il piagnisteo della libraia rossa che ha annunciato ai quattro venti di non vuole vendere il libro di Vannacci: ha il coraggio di lamentarsi degli insulti della gente

La libraia: “Minacciata di morte perché non vendo Vannacci, ora denuncio gli haters”

A Castelfranco Veneto Clara Abatangelo è la titolare della Ubik presa di mira. Ma il clima era già teso da anni: «I risarcimenti andranno a cause per i diritti»

«Aprono la porta del negozio e urlano improperi. Continuano a telefonarci ininterrottamente alla linea fissa, per farci impazzire con gli squilli che non smettono mai. Ci scrivono mail su mail per intasare la casella di posta. Nei vari post della libreria commentano con insulti e minacce»: Clara Abatangelo è stanca. La titolare della libreria Ubik di Castelfranco Veneto da venerdì scorso è sotto tiro continuo: insulti e minacce, anche di morte, perché ha scelto di non vendere nel suo negozio il libro di Vannacci, “Il mondo al contrario”, che contiene una visione omofoba e razzista e che ha scatenato il dibattito in tutta Italia (e che, peraltro, è costato il posto al vertice dell’Istituto geografico militare al suo autore). «Mi hanno detto “Muori t..”, oppure “Attenzione, che le librerie prendono fuoco facilmente”».

Il cartello appeso venerdì, poi è cominciato tutto
«Iniziavano ad aumentare le richieste di informazioni e così venerdì (il 19 agosto, ndr) ho appeso alla porta della libreria l’avviso che non vendo il libro di Vannacci. Da lì è cominciato tutto», dice Abatangelo. Che però non si perde d’animo: «Sto individuando uno studio specializzato in tematiche di questo tipo, in insulti sui social: darò mandato di seguire la cosa e gli eventuali ricavi da risarcimenti così saranno impiegati per finanziare qualcosa che serve, cause per i diritti, come la tutela legale per i migranti, per i femminicidio, contro la misoginia».

“Da sempre commenti negativi”
Clara Abatangelo ha compiuto gli studi universitari a Treviso e da una decina d’anni ha aperto la libreria Ubik di Castelfranco Veneto. «Siamo nel ricco Nord. Ma evidentemente è un luogo anche molto arretrato culturalmente: da sempre riceviamo commenti negativi e a volte insulti per varie nostre iniziative. Quando facciamo la vetrina arcobaleno, per i diritti, per esempio. Quando scegliamo di non vendere il libro del figlio di Riina, o quando l’unico Mein Kampf in negozio è quello con una prefazione critica, che peraltro vendo a prezzo di costo perché non voglio guadagnare su queste cose. Ci accusano di censurare, ci dicono che siamo obbligati a vendere tutti i testi: non è vero. E quando capita che non ho qualcosa, indirizzo tutti in biblioteca: il libro è l’unica merce che si compra ma che si può avere anche in campioni gratuiti».

“Siamo aperti a chiunque si esprima civilmente”
Sulla chiusura mentale, la titolare della libreria replica: «Qui è venuto Zaia a presentare il suo libro. Sono venuti Paragone e Zan. Qui trova casa chiunque si voglia esprimere civilmente. Siamo aperti a qualunque cosa si muova nell’arco costituzionale. Ma vivere è un gesto politico. E tra l’altro io credo anche nel potere d’acquisto: se scopro che il mio salumiere picchia la moglie, per esempio, io in quel negozio non ci entro più. Ma mi fa rabbia assistere alle ingiustizie. Negli anni mi hanno fatto di tutto: nel 2015 ho avuto la macchina disegnata e rigata a scacchi, con le chiavi. Ho avuto il mio indirizzo di casa pubblicato sul sito di Casa Pound. Ora c’è stato proprio un tam tam su alcuni siti, che hanno diffuso i nostri contatti telefonici, e sono cominciate le chiamate ininterrotte. Per fortuna ci sono i carabinieri, che passano qui molto spesso».

Il razzismo
Insomma, un clima ostile con il quale la libreria Ubik fa i conti da tanto tempo. «Ho una dipendente brasiliana, che purtroppo spessissimo ha avuto insulti. Mi sono sentita dire: “Mi i schei a negra nu i dagu”, cioè “Io i soldi alla nera non li do”, da normalissime persone, professionisti, avvocati, che discriminano, senza ritegno e chiedono di non farsi servire da quella dipendente. E’ sconvolgente. Oppure: “Mi pa cattare un biglietto per me mugliere g’ho da ravanare in te cose d’i sbeccati”, ovvero “Io per compare un biglietto per mia moglie ho da cercare nelle cose degli omosessuali”, in senso dispregiativo, alludendo al fatto che abbiamo nei biglietti di auguri anche cartoncini arcobaleno. Ma non siamo in una periferia degradata e povera. Siamo nel ricco Nord Est dell’Italia».

“Cosa mi ha fatto male? La teoria della minigonna: dire che ce la siamo cercata”
«All’ingresso della libreria c’è dall’inizio un divieto di svastica – racconta Abatangelo – Mi hanno detto di tutto, mi hanno querelato per offesa al credo buddista (che da centinaia di anni prima del nazismo utilizza quel simbolo, ma con ben altri significati, sebbene sia un uso poco conosciuto e minoritario, ndr), mi hanno detto che discriminavo, perché era come dire che in un negozio non potevano entrare i miopi o i meridionali. La regola è che i libri autoprodotti non si trovano in libreria. Poi di solito faccio di tutto accontentare i clienti e a volte abbiamo anche ospitato libri autoprodotti per raccogliere fondi per i migranti, per esempio. Questa volta no. Per fortuna ci sono anche tante persone, e sono la maggioranza, che ci manifestano vicinanza, affetto. I miei dipendenti, 12 persone, sono i primi: chi finisce il turno resta in negozio, per fare compagnia a chi lavora, per non lasciarlo solo. E ci ritroviamo in libreria praticamente 20 ore al giorno. Ma in questi giorni ho visto tanti occhi lucidi. Spero la situazione si sgonfi. Cosa mi ha fatto male? La “teoria della minigonna”: sentire anche persone vicine che ci hanno detto che ce la siamo cercata».

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2 comments
  1. Anche per aver una libreria bisogna avere cervello, non è una professione qualunque. E’ sicura questa qua di aver i numeri o l’intelletto per svolgere tale attività? Credo proprio di no, dovrebbe andare a zappare la terra previo corso di istruzioni su quale erbaccia deve estirpare, secondo me farebbe danni anche nell’orticello di casa sua.

  2. Il problema è che questa libraia provoca e poi non riesce a reggere le conseguenze delle sue azioni. Forse farebbe meglio a leggere “ubik” di philip k. Dick se non lo ha letto, è il nome della sua libreria, e anche qualche altro libro, tipo “voci dalla strada” dello stesso autore, una qualche anologia la noterebbe.

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