Gramellini gioca a fare il martire! Dopo Fazio e Annunziata esce allo scoperto l’ultimo servo della feccia: parole rivoltanti nel saluto in occasione dell’ultima puntata

Estratto da open.online

Il saluto di Massimo Gramellini agli spettatori nell’ultima puntata della stagione di Le Parole su Rai3 è sembrato più simile a un addio che un arrivederci al prossimo autunno. Come ricorda Tvblog, ad alimentare il sospetto che quello di Gramellini possa essere stato un vero e proprio commiato dalla Rai è il confronto con quanto successo nell’ultima puntata della precedente stagione.

Il 28 maggio 2022 infatti il giornalista del Corriere della Sera aveva salutato prima dei titoli di coda dando appuntamento certo a dopo l’estate. Certezza che stavolta non è per niente trapelata da quanto andato in onda in quest’ultimo finale di stagione. Il cantautore Roberto Vecchioni ha provato a fare un cenno al ritorno in onda, accompagnato però da un «magari» che nessun altro dei colleghi in studio ha sostenuto.

In chiusura di puntata, Gramellini si è anche concesso alcuni commenti sulle polemiche degli ultimi giorni a proposito del rapporto tra politica e viale Mazzini: «La mia parola è “pubblico” – ha detto Gramellini – In sette anni siete diventati davvero tanti, ma mai come quest’anno abbiamo avvertito l’esistenza di una connessione sentimentale. Questo programma lo sentite come una piccola parte della vostra vita, me ne accorgo quando incontro per strada qualcuno di voi.

Per noi non potrebbe esistere complimento più bello. Ma “pubblico” significa anche servizio pubblico. Consentitemi di ringraziare la tanto bistrattata Rai. Al di là e al di sopra degli appetiti di potere dei quali è oggetto dal giorno della nascita, questa azienda è piena di lavoratori, tecnici, dirigenti straordinari. Ho avuto la fortuna di lavorare con molti di loro».

«Il canone finanzia anche la libertà degli altri»

Il giornalista è poi andato avanti con diverse allusioni al dibattito in corso su Tv di Stato e canone: «Un grande dirigente della Rai del passato mi disse che servizio pubblico non consiste nell’avere tutti i racconti della realtà dentro lo stesso programma, ma la possibilità di scegliere più programmi che raccontino la realtà in modo diverso. Ogni spettatore, pagando il canone, finanzia non solo la propria libertà di scelta, ma anche quella degli altri. Paga l’edicola in cui ciascuno di noi va a leggersi il giornale che vuole. Noi abbiamo l’ambizione di essere uno di quei giornali

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