Ucraina, Meloni pretende di fare un regalo da un miliardo di euro: questo il prezzo che abbiamo pagato (con i nostri soldi) per il sistema missilistico da inviare al Burattino di Kiev

UN CASO LO SCUDO PER KIEV DUBBI TECNICI E POLITICI IL DECRETO SOLO A FEBBRAIO

Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

È la grande partita dello scudo per difendere Kiev. Una richiesta che Giorgia Meloni ha ricevuto personalmente da Volodymyr Zelensky. Su cui Washington ha insistito due giorni fa, con Palazzo Chigi. La volontà politica della premier c’è tutta. Al momento, però, manca il decreto. Probabilmente non arriverà prima di febbraio. Il momento della verità, trapela adesso da fonti dell’esecutivo, è fissato a fine gennaio, quando il governo stabilirà quali e quanti mezzi spedire agli ucraini.

In ballo non c’è solo il possibile invio Samp-T, ma anche i missili Aspide. Per capire cosa ruota attorno a questa delicatissima partita geopolitica, è necessario scavare. E fare luce su un rebus che sta complicando le scelte sullo scudo.

Il piano da cui partire è quello politico. Interno e internazionale. Riguarda prima di tutto il rapporto con Washington. Ucraini e americani chiedono il sistema di difesa. Meloni è disponibile e spera in una soluzione prima del 24 febbraio, perché entro quella data sarà a Kiev da Zelensky e non intende farlo a mani vuote.

Guido Crosetto vanta a sua volta rapporti strettissimi con gli Stati Uniti ed è atteso il 20 gennaio al vertice alleato nella base aerea di Ramstein […]. E dunque si impone la domanda: cosa complica questo percorso? Secondo alcune fonti, peserebbero gli equilibri assai delicati nella maggioranza. Non è un mistero che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi premono per sostenere le ragioni di Putin e sono scettici sul sostegno militare a Kiev, tanto da aver chiesto un rallentamento del flusso di armi. Dai vertici del governo, però, questa tesi viene negata con decisione: nessun condizionamento, nessuna resistenza da Lega e Forza Italia.

C’è un altro punto, controverso, su cui si dibatte in queste ore e che non va sottovalutato: il timore di sguarnire i cieli italiani. L’Esercito possiede cinque batterie operative, più una per l’addestramento. Sono cinque però solo sulla carta. Una è attiva in Kuwait […]. Un’altra è stata promessa dal precedente governo agli Stati Uniti: verrebbe schierata in Slovacchia  […]. Un altro paio sono ciclicamente in manutenzione. Ma può questa circostanza, da sola, giustificare la difficoltà a fornire lo scudo a Kiev? Secondo fonti militari, è possibile. Perché si indebolirebbe l’ombrello sull’Italia. In realtà, quella che andrebbe offerta a Kiev è la batteria utilizzata per l’addestramento, dunque non operativa. E in ogni caso, esiste la presenza della Nato sul suolo italiano a garantire la difesa.

[…] L’altro grande capitolo riguarda i costi. Può essere questa la ragione che frena Roma? Un Samp-T completo costa circa 750 milioni di euro. Quello che il governo dovrebbe fornire agli ucraini vale però circa 250 milioni: è privo di alcune componenti – e dei missili – che sarebbero assicurati dai francesi. Sono cifre importanti, ma in linea con i cinque precedenti decreti varati dall’esecutivo Draghi […]

E poi ci sarebbero le resistenze dei tecnici. Prima di ogni decreto si è registrata una dialettica tra militari e governo attorno alla scelta dei mezzi da inviare e al peso di una riduzione delle scorte. È però chiaro che la Difesa ha sempre ponderato le scelte tenendo a mente l’obbligo di non scendere sotto gli standard di sicurezza necessari. E in ogni caso, quelli dei militari restano comunque soltanto dubbi: dal Dopoguerra in poi, ogni scelta è e resta in capo solo alla politica. Né è giusto tirare in ballo l’Eliseo, per spiegare le difficoltà. […]

2 – L’INCOGNITA DEL SAMP-T DA ASSEMBLARE COI FRANCESI IL SOSTEGNO VALE 1 MILIARDO

Estratto dell’articolo di Floriana Bulfon per “la Repubblica”

[…] Il segreto sulle forniture belliche italiane all’Ucraina è rigidissimo ma una stima ritiene che il costo dell’operazione sia di un miliardo, tra valore degli armamenti e spese per il trasporto. […]

L’ultimo decreto ha fatto partire i mezzi più avanzati. Si tratta di cinque cannoni semoventi PzH-2000 da 155 millimetri, progettati in Germania e ritenuti i migliori al mondo, e due lanciarazzi multipli MLRS, versione potenziata e cingolata dei celebri HIMARS statunitensi.

In questo caso, ci sono stati accordi paralleli per addestrare i soldati ucraini a usarli e per la manutenzione dei mezzi: quello per i PzH-2000 è stato condotto assieme a Germania e Olanda; quello degli MLRS con la Francia. Un’altra intesa è stata siglata con gli Stati Uniti che finanzieranno la revisione di una ventina di vecchi semoventi M109, sempre con cannone da 155 millimetri, prelevati dai depositi italiani.

“Repubblica” ha rivelato che nell’ultima riunione Nato prima dell’insediamento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi erano state previste altre due donazioni, fondamentali per proteggere le città dai raid russi. La prima riguardava i vecchi missili terra-aria Aspide, finiti in pensione due anni fa e già spediti a Kiev dalla Spagna. La seconda invece era relativa allo scudo antiaereo Samp-T di ultima generazione: Draghi e Macron avevano ipotizzato un’iniziativa congiunta per mettere insieme una batteria di questi missili in grado di proteggere la capitale dagli attacchi di jet, droni e cruise.

Il dossier sul Samp-T è rimasto fermo, in attesa delle scelte sul sesto decreto di aiuti bellici. Nel frattempo i comandi ucraini stanno chiedendo agli alleati l’invio o la vendita di mezzi corazzati, nel timore che Putin lanci una nuova offensiva. In Italia l’interesse è concentrato sulle Centauro, autoblindo con otto ruote e un cannone che permette di distruggere i tank, e sulle decine di carri armati Leopard 1A5 parcheggiati da vent’ anni nei magazzini dell’Esercito.

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