Di Maio voleva fare l’infame, ma lo hanno fregato come un pollo: il retroscena dell’accordo con Letta e Calenda. Gigino sperava di farla franca

Seggio blindato a te e altri due”. Svelato il segreto: la furia di Di Maio s’abbatte su Letta

Patto tradito sul “diritto di tribuna” per Luigino, Castelli e Spadafora. L’ira del ministro: “Così mi scateni contro i miei uomini”

Luigi Di Maio aveva già accettato l’offerta di Enrico Letta per la candidatura da esterno nella lista del Pd, mandando all’aria il progetto di Impegno Civico.

Ma aveva posto una condizione: la notizia doveva essere resa pubblica 48 ore prima della presentazione delle liste. In modo da non concedere tempo ai suoi parlamentari di sfogare paure e malumori. Il ministro degli Esteri voleva prendere in contro tempo le sue truppe e dire sì all’offerta di tre posti blindati nella lista dem. Quel «patto» tra Di Maio e Letta includeva il diritto di tribuna nelle liste dem anche per altri due fedelissimi: Vincenzo Spadafora e Laura Castelli. Tre seggi blindati per sbloccare la trattativa tra il Pd e Carlo Calenda. Con buona pace dei 50 parlamentari che un mese fa hanno mollato il M5S per seguire il ministro degli Esteri nella scissione. Uno schema già definito nei minimi dettagli. Che però doveva rimanere segreto fino al 18 agosto.

A far saltare l’accordo sono stati proprio Calenda e Letta che martedì, al termine dell’incontro che ha sancito l’intesa tra Pd e Azione, hanno dato in pasto ai giornalisti, con 20 giorni di anticipo, la notizia dell’inserimento di Di Maio nelle liste dem. A raccontare al Giornale il retroscena è un fedelissimo del ministro degli Esteri che ripercorre le ore concitate della giornata di martedì.

È da poco finito l’incontro tra Letta e Calenda, con l’annuncio dell’accordo che include il diritto di tribuna per Di Maio, Fratoianni e Bonelli, quando il ministro degli Esteri infuriato telefona al segretario del Pd per sfogare tutta la sua delusione: «Così mi scateni contro i parlamentari. Non posso reggere 20 giorni, passo come il traditore. Non posso accettare».

Di Maio è una «belva» di rabbia. Teme che Letta e Calenda gli abbiano tirato lo sgambetto, dando in pasto alla stampa la notizia sul diritto di tribuna, esponendolo al fuoco amico. Che puntualmente arriva. Il segretario del Pd cerca di placare la rabbia del ministro degli Esteri. Nel tardo pomeriggio i due si vedranno alla Farnesina per trovare una via d’uscita. Che nei fatti non c’è. Le alternative non sono tante. O Di Maio accetta il diritto di tribuna (buttando a mare Impegno Civico) o tenta la corsa con la sua lista, che i sondaggi non danno oltre l’1%. Tra Letta e Di Maio ci sarebbe stato dunque un patto a rivelare l’opzione del diritto di tribuna soltanto due giorni prima della chiusura dei termini per la presentazione delle liste. Era la via d’uscita studiata dal ministro degli Esteri per liberarsi dalla trappola della lista Impegno Civico e mettere in salvo le poltrone di Laura Castelli, Vincenzo Spadafora e la sua.

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E anche sui posti blindati da cedere ai dimaiani è in corso il braccio di ferro. Di Maio ne vorrebbe un altro per Emilio Carelli. Al momento dal Pd si alza il muro. Perché nella «quota Di Maio» c’è da caricare anche Bruno Tabacci, ispiratore della lista Impegno Civico. Per i dem sarebbe un bagno di sangue. E dunque Carelli resterebbe fuori. Nessun diritto di tribuna per il giornalista, che viene segnalato tra i più agguerriti contro il ministro degli Esteri nelle ultime ore.

Di Maio e Letta si sono rivisti ieri per trovare un punto di caduta. Si tratta. Il ministro ha annullato la partecipazione alla Festa regionale del Pd dell’Emilia-Romagna a Villalunga di Casalgrande. Nella mattinata di ieri ha riunito i gruppi parlamentari, mantenendo il punto con il Pd: «Dignità e rispetto reciproco servono. A mio avviso la coalizione deve essere la più ampia possibile per essere competitiva e fermare gli estremismi. Nelle prossime ore bisogna capire dove vuole andare questa coalizione e che coalizione si vuole costruire. Ma una cosa è certa: le forze politiche di una coalizione non possono essere differenziate in partiti di serie A e dì serie B», avrebbe ribadito il ministro. Piccolo dettaglio: fino a martedì era d’accordo con Letta su tutto. Posti, alleanze e diritto di tribuna.

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