Evgeny Prigozhin ha abboccato all’amo senza colpo ferire: la sua eliminazione, dopo la sceneggiata del golpe, doveva essere clamorosa. Ed è avvenuto puntualmente

Estratto dell’articolo di Anna Zafesova per la Stampa

Bomba a bordo o missili, la punizione di Putin contro Prigozhin doveva essere clamorosa

La notizia dello schianto dell’aereo con a bordo Evgeny Prigozhin è arrivata esattamente due mesi dopo che il “cuoco di Putin” aveva lanciato la sua marcia su Mosca, e il giorno dopo l’annuncio del licenziamento del suo alleato Sergey Surovikin dalla carica di comandante delle forze aerospaziali russe.

Nulla sembra lasciato al caso in questo giallo che sembra scritto da un sceneggiatore di Hollywood, che chiude due mesi di una strana e impossibile convivenza tra il golpista e la sua mancata vittima. Perché la morte annunciata di Prigozhin mette la parola “fine” anche al dibattito su quanto il suo ammutinamento del 23-24 giugno scorso fosse stato un tentato colpo di Stato o solo un litigio alla corte del Cremlino: era un golpe, e Putin e i suoi generali l’hanno interpretato correttamente come tale.

Restano però interrogativi ai quali probabilmente nessuno potrà più rispondere: cosa ha spinto Prigozhin a fidarsi delle “garanzie di sicurezza” di Putin? Perché un uomo con esperienze di golpe in Africa, raid in Siria e intrighi in Russia si è imbarcato su un aereo insieme al suo braccio destro Dmitry Utkin – l’ufficiale dello spionaggio militare russo Gru amante di Hitler e del suo compositore preferito, il cui codice di battaglia aveva dato il nome ai “Wagner” – e gli altri comandanti del suo esercito privato?

E soprattutto, quali disposizioni aveva lasciato – non poteva non sapere che i signori della guerra non muoiono nel proprio letto – per i suoi miliardi, i suoi arsenali e soprattutto quell’immenso archivio di affari sporchi che aveva svolto per conto del Cremlino? I canali Telegram dell’“orchestra” promettono vendette, ma resta il dubbio che senza i propri leader i Wagner non possano rappresentare una vera forza, nonostante le vaste simpatie di cui godono sia nell’esercito che tra i nazionalisti più estremi. Parte dei mercenari si erano già trasferiti in altre compagnie di contractor, tra cui la Redut dell’amico di Putin, il petroliere Gennady Timchenko, altri probabilmente saranno pronti ad accettare offerte di lavoro in Africa.

La vittoria dei generali russi, a cominciare dal ministro della Difesa Shoigu, nello scontro con Prigozhin, è una buona notizia per gli ucraini. Per i russi invece, il risultato è più difficile da prevedere: gli altri eserciti privati a cui appaltare una guerra dello Stato difficilmente saranno altrettanto temibili, e i loro padroni saranno più prudenti. I rottami dell’aereo del “cuoco di Putin” dovrebbero essere, nelle intenzioni di chi l’ha fatto esplodere, un monito a tutti quelli che possono volere ancora criticare o ribellarsi. Ma sono anche un allarme: nessuna garanzia, nessuna promessa, nessuna fedeltà valgono nulla. Una lezione che sicuramente verrà imparata: il prossimo Prigozhin non si fermerà più a 200 chilometri da Mosca.

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