“Immaginavo come farlo” Amanda Knox torna a parlare del suo periodo in carcere in Italia, quando fu condannata nei primi gradi di giudizio per l’omicidio a Perugia della sua coinquilina Meredith Kercher

Amanda Knox, l’epifania e il pensiero del suicidio in carcere a Perugia: “Immaginavo come farlo”

Sulle colonne di The Free Press, Amanda Knox si racconta in un lungo articolo in cui parla del periodo trascorso in carcere in Italia con l’accusa di aver ucciso Meredith Kercher: “Quando sono stata condannata per omicidio a 26 anni di carcere ho avuto la mia prima epifania. Non sapevo come dovesse essere un’epifania ma era fredda”.

Sul The Free Press, in un lungo articolo dal titolo “The Life I Refused to Surrender”, Amanda Knox torna a parlare del suo periodo in carcere in Italia, accusata dell’omicidio a Perugia della sua coinquilina Meredith Kercher.

Un periodo durante il quale l’americana, che all’epoca del delitto di Perugia si trovava in Italia per studiare, dice di aver anche pensato al suicidio. “Ho immaginato tutte le modalità in cui avrei potuto farlo”, ha detto Knox nel suo articolo, facendo riferimento appunto al suicidio e come altri detenuti avrebbero tentato di togliersi la vita. “Un altro carcerato – racconta la giovane donna poi definitivamente assolta dall’accusa di omicidio – aveva cercato di spezzare una penna di plastica e inghiottirne i frammenti. C’è sempre della candeggina da bere. Mi chiedevo come potevo procurarmela e quanta avrei dovuto berne. Mi immaginavo svanire nella doccia, con i polsi tagliati e l’acqua che lentamente portava via la mia vita”.

L’abisso – racconta Amanda Knox ricordando il carcere in Italia – “non se ne va mai”. “È sempre lì e tutti quelli che lo hanno visto come me conoscono lo strano senso di conforto di portarlo con sé”.

Amanda Knox e Raffaele Sollecito nel 2007
“Quando sono stata condannata per omicidio a 26 anni di carcere – si legge nell’articolo – ho avuto la mia prima epifania. Non sapevo come dovesse essere un’epifania ma era fredda”. Quell’illuminazione le avrebbe dato la “calma” al momento e dopo la condanna per omicidio.

“Ero calma – scrive Amanda – perché ero con la mia epifania, ovvero non stavo aspettando che mi riconsegnassero la mia vita e non ero una turista persa che aspettava di andare a casa. Ero una prigioniera e la prigione era la mia casa”.

La giovane americana ha raccontato anche le sue difficoltà nel tentare di far capire a sua madre quello che provava: “Ho cercato di spiegarlo a mia madre – ha rivelato – ma non voleva sentire. Pensava fossi depressa, non accettava che questa sarebbe stata la mia vita. Mi voleva salvare e aveva bisogno che io sopravvivessi fino a quel momento. Le dissi che l’avrei fatto, che sarei sopravvissuta”.

E in carcere – ha raccontato ancora – aveva iniziato a “immaginare realtà alternative”. Ad esempio, si chiedeva se Rudy Guede (unico condannato per l’omicidio di Perugia, ndr) avrebbe potuto uccidere lei in quella casa al posto di Meredith Kercher.

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