“Te lo dico io cosa devi dire a tua figlia” Rapinatore ucciso dal vigilante, Tommaso Cerno non ha problemi a rispondere alla moglie che frigna da giorni su tutti i giornali della feccia

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Cerno conto la “santificazione” del rapinatore ucciso.“Devono valutare anche l’eccesso di offesa”

tratto da Radio Radio

La scorsa settimana un ragazzo romeno è stato ucciso mentre tentava di rapinare una donna, in via Cassia, da una guardia giurata accorsa per difendere i vicini.
L’intervista alla compagna del ladro ucciso stimola la riflessione di Tommaso Cerno intervistato da Stefano Molinari: “Io penso che i genitori debbano dire la verità ai propri figli, quando si fanno le rapine ci sono i rischi del mestiere. Questo signore è morto perché stava compiendo dei reati e qualcuno ha cercato di difendersi. La cosa che la signora dovrebbe spiegare al figlio è che chi si è difeso è sotto processo e dovrà difendersi.

Ormai si sta dalla parte dei criminali. Il padre doveva essere in carcere ma visto che in questo Paese in carcere ci vanno più che altro gli innocenti… C’è una rapina ogni dieci metri, nella valutazione degli eccessi, come quello di difesa, andrebbero poi considerati anche l’eccesso di rapine, immigrati clandestini, scippatori. Analizziamo l’eccesso di offesa sulle spalle del cittadino, e poi analizziamo quello di difesa”. (VIDEO)

Rapinatore ucciso in via Cassia, la compagna Anna: «Quel vigilante sta bevendo birre con gli amici: è da vigliacchi»

«E ora io come faccio con due bambini? Ormai non metteva più paura a nessuno. Anton non me lo riporterà più nessuno, non voglio vendetta». E la madre Elea:«Frequentava brutte persone, lo avevamo rimproverato»

Antonio Ciurciumel aveva 24 anni. È morto durante una rapina. Uscito da un appartamento in via Cassia, che aveva svaligiato con alcuni complici, è stato raggiunto al volto dai proiettili sparati da un vigilante fuori servizio, Antonio Micarelli. «Quel vigilante sta bevendo birre con gli amici: è da vigliacchi», dice disperata la compagna del rapinatore ucciso. Lei e la vittima hanno due figli e dovevano sposarsi. «Quell’uomo gli ha sparato faccia a faccia, mentre lui scappava, l’ha giustiziato, voleva vederlo morto. Non doveva farlo: deve finire in carcere», le sue parole al Messaggero.

Vigilante uccide rapinatore, la famiglia: è un’esecuzione

«Ora sono sola con i nostri figli orfani del papà, un trauma che li segnerà per tutta la vita, Il più grande chiede “papi dove sei?” Non so che rispondergli».

Accanto a lei ci sono i suoceri, Antonio che porta lo stesso nome del figlio ed Elena che non ha più lacrime: «Non condivido cosa stava facendo mio figlio, ma quell’uomo non doveva ucciderlo», dice.

La donna racconta che non sapeva dei furti del marito: «Non me lo spiego. Non aveva bisogno di rubare. Ha sempre lavorato, non ci manca nulla, anche i miei genitori ci aiutano. I miei suoceri e io siamo convinti che si sia fatto trascinare dal suo entourage di amicizie, quegli stessi amici che poi lo hanno abbandonato lasciandolo morire».

Poi ha raccontato come ha scoperto di quanto fosse successo in via Cassia: «Verso le 21 mi ha citofonato un ragazzo che non avevo mai visto prima, un albanese. Mi ha solo detto di andare in ospedale al San Filippo Neri perché Antonio era lì, ma mai avrei pensato a una cosa del genere. Quando sono arrivata in ospedale i medici mi hanno chiesto di mostrargli una foto di Antonio, solo allora sono stati in grado di dirmi che era stato portato dall’ambulanza e che doveva subire un intervento. Non aveva i documenti, non sapevano chi fosse. Una donna mi ha detto che stava per morire».

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