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Cecilia Sala, quando scriveva: “I russi in fuga dagli ucraini a piedi nudi”, Borgognone: “Ridatecela, siamo a corto di barzellette”
In questi giorni sono diversi i contenuti a sua cura sull’Iran che stanno tornando alla ribalta. Tuttavia l’articolo parla della guerra in Ucraina
tratto da Il Giornale d’Italia
In queste ore sta tornando virale un articolo ad opera di Cecilia Sala sul “Foglio”. Un articolo datato 26 novembre 2022 e dal titolo “Sul campo di battaglia neanche il freddo sta con Putin – I 300 mila kit artici di Kyiv contro i mobilitati russi che non hanno i calzini e abbandonano il fronte“. Un articolo che aveva o avrebbe avuto il compito di sottolineare le difficoltà dei russi al fronte, alcuni dei quali si sarebbero addirittura dati alla fuga a piedi nudi. Quanto scritto dalla cronista suona quantomeno bizzarro, ecco perché si stanno moltiplicando i commenti sui social a quanto scritto. Uno di questi è a firma dello storico e saggista Paolo Borgognone: “Sblocchiamo un ricordo del fenomeno paranormale Cecilia Sala, la giornalista arrestata in Iran. Vi prego ridatecela perché senza questi articoli sui russi in fuga dal fronte a piedi nudi ci sentiamo tutti più a corto di barzellette. Possiamo fare uno scambio equo: i resti di Gino Bramieri in cambio della Sala viva e intatta“.
Cecilia Sala, quando scriveva: “I russi in fuga dagli ucraini a piedi nudi”, Borgognone: “Ridatecela, siamo a corto di barzellette”
Il commento di Borgognone è sarcastico, ma riflette comunque il pensiero di molti utenti del web, che indubbiamente vogliono che la 29enne torni in Italia sana e salva. In questi giorni sono diversi i contenuti a sua cura sull’Iran che stanno tornando alla ribalta. Tuttavia l’articolo parla della guerra in Ucraina. La Sala scriveva all’epoca: “Mosca ha cominciato la sua invasione totale il 24 febbraio e tre settimane dopo ha dovuto abbandonare il nord e le ambizioni sulla capitale perché nella colonna di mezzi lunga sessanta chilometri che marciava verso Kyiv le prime file avevano finito cibo e carburante, rischiavano di morire per ipotermia“.
“Kyiv ha riconquistato la regione di Kharkiv e Kherson senza spargimenti di sangue da una parte o dall’altra, ma perché i russi si sono scoperti deboli e sono scappati (nel primo caso) o si sono ritirati ordinatamente (nel secondo). D’inverno sono più deboli“.
IL FOGLIO, LA CIA E GIULIANO FERRARA
di Silvio Dalla Torre
Il Foglio, in questi giorni agli onori delle cronache per l’arresto in Iran di una sua corrispondente accusata di spionaggio, è un giornale bizzarro. Fondato nel 1997, nel 2018, stando a quanto riporta wikipedia, avrebbe venduto 25 mila copie quotidiane. Non metto in dubbio questo dato, ma devo confessare di non aver mai visto una persona con Il foglio in mano. A piedi o in macchina, in treno o in autobus, al lavoro o in osteria, ovunque mi sia trovato, mai mi è capitato, in trenta anni di vita, di vedere qualcuno intento a leggere cotanto quotidiano. Evidentemente questi venticinquemila lettori, oltre alla raffinatezza intellettuale , avevano ricevuto dalla sorte il dono dell’evanescenza. Erano invisibili. Pura essenza spirituale.
Questo numero, in ogni caso, deve essersi ulteriormente ridotto negli ultimi tempi. Nel novembre del 2024 i dati di vendita dei quotidiani italiani si sono fermati alle seimila copie di Italia Oggi. Non è quindi dato sapere quante persone abbiano compiuto il gesto di andare in edicola, tirar fuori dal portafogli una moneta da due euro e chiedere il Foglio. A occhio e croce devono essere state pochine, né credo siano molte di più quelle che si abbonano per leggerlo in rete. E tuttavia, a dispetto di questi numeri, che nel mondo reale avrebbero decretato il fallimento di qualsiasi azienda, il Foglio non solo continua ad esistere , ma è anzi al centro del dibattito politico e culturale. I suoi editoriali vengono citati e discussi nelle rassegne stampa delle radio nazionali e i suoi giornalisti sono invitati nei talk show televisivi.
Un vero mistero, attorno al quale si intreccia un altro mistero, quello del suo fondatore, direttore di lungo corso ed oggi editorialista di punta, Giuliano Ferrara.
Chi è, in realtà, Giuliano Ferrara? La sua biografia è quanto di più contraddittorio si possa immaginare. Figlio di due stretti collaboratori di Palmiro Togliatti, Ferrara, cresciuto a Mosca dove il padre era corrispondente dell’Unità, è stato estremista negli anni della contestazione. Negli anni Settanta è diventato funzionario del PCI . Negli anni Ottanta , dopo aver rotto con il partito, accusato di non essere sufficientemente impegnato per la causa palestinese, si è avvicinato al partito socialista di Bettino Craxi. Negli anni Novanta, dopo Mani pulite,è diventato collaboratore di Silvio Berlusconi. Con il nuovo millennio si è distinto per il sostegno a Israele ed alle guerre americane. Alle elezioni del 2006 ha fondato una lista ultracattolica antiabortista. Infine, ha dato il suo appoggio a Renzi e ai governi tecnici di Monti e Draghi. Quale è allora il Ferrara vero? Il togliattiano o l’estremista, il comunista amendoliano o il socialista craxiano, il sostenitore della Palestina o il sostenitore di Israele, il berlusconiano o l’ateo devoto, il laico o il cattolico, il filosovietico o il filoamericano?
A questa domanda si può rispondere con un aneddoto, raccontato da Ferrara stesso. Quando collaborava con Craxi era solito riferire, in cambio di denaro, i contenuti delle sue conversazioni col leader socialista all’ambasciata americana. Un atto di incredibile slealtà, che però spiega perché il Foglio, la creatura da lui fondata, sopravviva in assenza di lettori.
Come l’Osservatore romano è la voce ufficiale della Santa sede, così il Foglio è la voce ufficiosa della CIA in Italia. Questo è il segreto della sua autorevolezza.
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