Il boss di Netflix si schiera con Kamala? Immediata la reazione di decine di migliaia di abbonati è da godere. Stanno piovendo cancellazioni da tutti gli Stati Uniti

Sostenere, pubblicamente, un candidato alla Casa Bianca è un problema? Detto in altri termini: può, un cosiddetto endorsement, avere ripercussioni (anche) negative sugli affari? Il caso di Netflix, come riporta fra gli altri Bloomberg, è emblematico. Nei giorni successivi al sostegno a Kamala Harris, manifestato dal co-fondatore della piattaforma nonché presidente Reed Hastings e concretizzatosi con una donazione milionaria, il colosso dello streaming ha dovuto fronteggiare un’importante ondata di cancellazioni.
Secondo Antenna, una società di ricerca, il tasso di cancellazioni è quasi triplicato dopo che Hastings, diciamo, è uscito allo scoperto. Espresso in percentuale, questo tasso esprime il numero di abbonati che interrompono l’abbonamento al servizio entro un determinato periodo di tempo.

A luglio, per intenderci, i clienti statunitensi hanno cancellato Netflix a un tasso più alto (2,8%) rispetto a qualsiasi altro mese da febbraio.
Certo, all’equazione bisogna aggiungere il fatto che l’azienda abbia deciso di non offrire più l’abbonamento-base senza pubblicità (il più economico senza interruzioni) negli Stati Uniti e in altri mercati. Ma, appunto, nei cinque giorni successivi all’uscita di Hastings gli abbandoni sono stati definiti «insoliti». Anche per un mese come luglio e tenendo conto delle strategie aziendali.
Nello specifico, Hastings ha appoggiato Kamala Harris in vista delle presidenziali 2024 tramite un post pubblicato su X.
All’indomani, ha annunciato di aver donato 7 milioni di dollari a un super PAC a favore della candidata democratica. I PAC, parentesi, sono delle organizzazioni fondate con lo scopo di raccogliere fondi per sostenere un determinato candidato o un tema.

Poco dopo l’endorsement di Hastings, i sostenitori di Donald Trump hanno esortato i clienti ad abbandonare Netflix. Alcuni hanno postato delle foto che mostravano l’avvenuta chiusura degli account. Foto accompagnate dall’hashtag #CancelNetflix. Il 26 luglio, tre giorni dopo l’annuncio di Hastings, le cancellazioni hanno raggiunto il picco. Annuale, non mensile. Vero, l’ondata non si è protratta a lungo mentre l’endorsement di Hastings non ha suscitato polemiche e reazioni forti come quando, nel 2020, i conservatori chiesero a Netflix di rimuovere dall’offerta il film francese Cuties. Il motivo? A loro giudizio, la pellicola incentivava la pedofilia.

Di nuovo: sostenere, pubblicamente, un candidato alla Casa Bianca è un problema? In generale, sposare una determinata causa rischia di pesare sugli affari? Molte aziende, negli anni, in America hanno avviato nuovi programmi o abbracciato iniziative, ad esempio, per promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione. Ricevendo, spesso, contraccolpi. Anche pesanti. Le vendite di Bud Light, l’anno scorso, sono crollate dopo che – per una campagna pubblicitaria – era stata scelta un’influencer transgender. I clienti dall’animo più conservatore, infatti, avevano annunciato e messo in atto un boicottaggio. Questi contraccolpi, evidentemente, hanno riguardato e riguardano anche le società impegnate nell’intrattenimento. Walt Disney, per due anni, ha pesantemente litigato nientepopodimeno che con il governatore della Florida Ron DeSantis. E questo perché l’azienda di Topolino aveva criticato una legge dello Stato che limita le discussioni, nelle classi scolastiche, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. La famosa legge ribattezzata «Don’t Say Gay». Nelle scorse settimane, Walt Disney ha pure affrontato il coro di polemiche nato dai rapporti, molto stretti, fra Kamala Harris e il co-presidente per l’intrattenimento, Dana Walden, che fra le altre cose supervisiona ABC News.

Netflix, dal canto suo, negli anni ha sempre cercato di mantenere un profilo basso o, se preferite, di separare le posizioni politiche di Hastings (e degli altri dirigenti) dal cosiddetto business. Dicendosi e dichiarandosi sensibile a qualsiasi percezione politica. Detto questo, come molte altre aziende nel settore dell’intrattenimento, Netflix è etichettabile come una piattaforma di sinistra. Nel senso «americano» di sinistra, si intende. Il co-amministratore delegato, Ted Sarandos, ad esempio è sposato con Nicole Avant, già ambasciatrice durante l’amministrazione Obama. Detto ciò, a ottobre – quando la società presenterà i risultati finanziari – sapremo se l’onda di disaffezione sarà definitivamente rientrata.

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