Avvisate la feccia Green: auto elettriche, demolita anche la narrazione sull’abbassamento della CO2. Una ricerca fatta in Norvegia sfata la madre di tutte le balle

Ok, ma perché anche dove circolano moltissime auto elettriche le emissioni non calano? Il paradosso green del “modello norvegese” tanto osannato dagli ambientalisti europei spiegato con dati reali (e realisti). La narrazione verde, in realtà, nascondeva un segreto, ora svelato. Siamo alla fine del culto dei mezzi a batteria?

di Lorenzo Fiornetino per Mowmag

Per anni i politici e gli attivisti verdi d’Europa si sono riempiti la bocca con il famigerato “modello norvegese”. Nel Paese dell’Europa del nord, infatti, si nasconde un vero e proprio paradiso per le auto elettriche, questo nato grazie a massicci sussidi per l’acquisto di nuove vetture a emissioni zero, e per una trafila infinita di permessi tra esenzione del pagamento dell’Iva, dei parcheggi, di qualsiasi pedaggio, utilizzo della corsia preferenziale riservata ai bus, e tanti altri regali fatti in questi anni agli automobilisti che rispettano l’ambiente. Così il numero di Ev (electric vehicle) è cresciuto sempre di più, nonostante lo scorso inverno a Oslo i pullman elettrici con il freddo abbiano dato un cattivo esempio. Una crescita che sembra, però, essersi bloccata. Tobia De Stefano su La Verità rivela come “alcune di queste facilitazioni […] sono state eliminate”, e il mercato pare abbia subito una battuta di arresto. Comunque sia, riporta ancora il giornalista, “in media si calcola che i sussidi per le vetture ‘ecologiche’ ammontino a circa ottomila euro ad auto all’anno. Un salasso per i conti dello Stato”. A differenza dell’Italia (dove mancano soldi e vetture ecologiche), però, “la Norvegia (Pil pro-capite di 106mila dollari nel 2022) è ricchissima e a oggi è uno dei Paesi che può vantare il più tasso di veicoli elettrici circolanti: il 20% del totale del parco auto”. Eppure questo tutta questa transizione potrebbe essersi rivelata un colossale “flop”.

A constatarlo è stato un report pubblicato da Rivista Energia, secondo cui “il grande sforzo, anche finanziario, del modello green norvegese – si legge ancora su La Verità –, alla fine dei conti, ha partorito un topolino”. In poche parole, guardando i dati riportati dallo studio, sono “irrisorie le riduzioni di emissioni nocive realizzate da una strategia ambientalista senza se e senza ma e che si è poggiata fondamentalmente su cospicui sussidi pubblici”. E il grande problema è che i veicoli elettrici in Norvegia “hanno avuto un’influenza quasi impercettibile rispetto alla domanda di petrolio e alle emissioni di carbonio che sono diminuite in quasi quindici anni (dal 2010) di circa il 15%, ma non certo per merito delle vetture ‘verdi’”. Questa costanza nella presenza di quote termiche nasconde la riluttanza dei norvegesi, svela il report, “a rinunciare ai propri veicoli Ice (termici, ndr), anche dopo aver acquistato un modello elettrico”. In poche parole, sottolinea adesso De Stefano, “dal 2010 al 2022, in Norvegia è di certo aumentato il numero di veicoli elettrici […] ma al tempo stesso è cresciuto quello delle vetture diesel o benzina in circolazione, con un incremento di 32.630 unità”. La ricerca, inoltre, racconta come gli automobilisti norvegesi usino i loro veicoli green quando devono utilizzare l’autostrada o imbarcarsi su un traghetto, così per evitare qualsiasi pagamento; mentre per alti viaggi usano la loro auto tradizionale. E quindi ci si trova a un grande bivio per le politiche green europee che hanno visto nella Norvegia un modello da seguire. Lo studio di Rivista Energia, infatti, riporta La Verità, “da un lato […] evidenzia che la rivoluzione delle auto elettriche fallirà perché sono meno efficienti dal punto di vista energetico […] Dall’altro perché, come visto, nonostante i grandissimi sforzi economici, le riduzioni di emissioni globali di carbonio sono davvero insignificanti”.

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