di Stefano Baudino per L’Indipendente
Il Maccabi Haifa, una delle squadre più vincenti della massima serie israeliana e detentrice negli ultimi anni di un posto nelle competizioni europee, gli aveva presentato un’importante offerta economica per portarlo tra le sue file. Ma Ole Sarter, calciatore norvegese classe 1996, punta centrale della formazione norvegese del Rosenborg, ha rifiutato per una questione morale. «Non voglio soldi sporchi di sangue sul mio conto», ha dichiarato alla televisione norvegese TV2, riferendosi ai massacri consumati in Palestina da parte dell’esercito israeliano. «Era un’offerta che mi avrebbe reso economicamente indipendente, ma non ho la morale o i valori per rappresentare quel Paese… sarebbe un incubo», ha aggiunto il giocatore, che si aggiunge a una lunga fila di sportivi che, negli ultimi anni, hanno voluto prendere concretamente le distanze dalle violazioni dei diritti umani perpetrati dallo Stato Ebraico.
Nello specifico, il Maccabi Haifa aveva offerto 850 mila euro a Saeter per il suo trasferimento in Israele, ma il centravanti norvegese – che dal 2021 ha collezionato 53 presenze con il Rosenborg, segnando 32 reti e fornendo 11 assist – ha immediatamente rifiutato: «Anche se mi offrissero 500 milioni, non mi unirei comunque a un club israeliano», ha dichiarato senza mezzi termini, chiudendo alla radice la questione. Nel frattempo, a ogni modo, anche le alte gerarchie del calcio si stanno interrogando sulle decisioni da prendere nei confronti di Israele, che a Gaza e in Cisgiordania sta proseguendo nella sua mattanza di civili palestinesi. Ad agosto, la FIFA – organismo che governa le competizioni calcistiche a livello mondiale -, ha rinviato la sua decisione sulla richiesta palestinese di sospendere Israele dal calcio internazionale a causa delle violazioni dei diritti umane che si stanno consumando in Palestina, affermando che prenderà in considerazione le proposte della Palestine Football Association (PFA) contro la Israel Football Association (IFA) a ottobre.
Ole Sarter non è il primo sportivo a esporsi contro lo Stato Ebraico, prima e dopo lo scoppio del conflitto. A darne riprova sono state ad esempio le ultime Olimpiadi di Parigi, dove, a fine luglio, il judoka algerino 22enne Dris Messaoud ha scelto di non gareggiare contro l’avversario israeliano, Tohar Butbul. Dopo aver annunciato il proprio ritiro per motivi politici, Messaoud si è infatti presentato alla prova del peso con 0,4 kg in eccesso, incorrendo in una squalifica ed evitando così l’incontro senza essere sanzionato. Proprio per Tohar Butbul si tratta del terzo episodio di questo genere. Nel 2020, a Tokyo, ben due atleti si rifiutarono di disputare match con lui: il sudanese Mohamed Abdalrasool, che si ritirò dai Giochi, e l’algerino Fethi Nourine, che per il suo ritiro ricevette anche una sospensione dalla Federazione Internazionale del Judo di ben dieci anni.
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