Ma Bubu non si proclamava innocente? Altro che processo: arriva la notizia di un patteggiamento con annessa condanna a due anni ed un mese che ovviamente non sconta in galera ma con 1.500 ore di lavori socialmente utili

tratto da Il Tempo

Si avvicina a una possibile conclusione l’inchiesta per corruzione che ha travolto la Liguria e coinvolto, tra gli altri, l’ex governatore Giovanni Toti. I legali di Toti – che si è dimesso da governatore per la vicenda -hanno raggiunto un’intesa con la Procura di Genova per un patteggiamento che prevede una condanna a due anni e un mese di reclusione. Ora la parola passa al giudice per l’udienza preliminare (gup), che dovrà stabilire la data dell’udienza decisiva e dare il semaforo verde all’intesa tra le parti. La pena, secondo quanto concordato, sarà commutata in 1.500 ore di lavori socialmente utili.

L’accordo prevede inoltre altre sanzioni, tra cui l’interdizione temporanea dai pubblici uffici, il divieto di stipulare contratti con le pubbliche amministrazioni per tutta la durata della pena, e la confisca di una somma pari a 84.100 euro. Le accuse al centro del patteggiamento riguardano i reati di corruzione impropria e finanziamento illecito. Il legale di Toti, Stefano Savi, ha rappresentato il politico durante le negoziazioni con la Procura.
Giovanni Toti: “Amarezza e sollievo”, cosa prevede l’accordo con la Procura
Sollievo per l’intesa raggiunto ma anche l’amarezza per non poter dimostrare in tribunale la propria innocenza. Giovanni Toti commenta così l’accordo raggiunto con la Procura per il patteggiamento nell’ambito dell’inchiesta per corruzione in Liguria. “Come tutte le transazioni, anche questa suscita sentimenti opposti: da un lato, l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro, il sollievo di vederne riconoscere una buona parte”, dichiara l’ex presidente della Regione Liguria. “Resta quel reato ’di contesto’, definito corruzione impropria, legato non ad atti, ma ad atteggiamenti: un’accusa – sottolinea Toti – difficile da provare per la sua evanescenza, ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni”.

“Di fronte a questo finale – conclude il giornalista – credo appaia chiaro a tutti la reale proporzione dei fatti avvenuti e della loro conclusione, che pone fine alla tormentata vicenda che ha pagato un’istituzione, oltre alle persone coinvolte, e che lascia alla politica il dovere di fare chiarezza sulle troppe norme ambigue di questo Paese che regolano aspetti che dovrebbero essere appannaggio della sfera politica e non giudiziaria”.

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