di Stefano Baudino per L’Indipendente
Nella notte tra lunedì e martedì, circa duemila pannelli fotovoltaici sono andati distrutti a causa di un incendio divampato all’interno del cantiere della società Green and Blue di ‘Serra Tuili’, a Garganu, nelle campagne di Tuili (Sud Sardegna). Il fuoco ha iniziato a propagarsi attorno alle 4 del mattino, divorando i pannelli che avrebbero dovuto essere installati nel nuovo impianto agri-fotovoltaico. Essi erano accatastati in un’area all’aperto priva di un impianto di videosorveglianza, in cui si è esclusa la presenza di cavi elettrici che avrebbero eventualmente potuto innescare le fiamme. In considerazione del fatto che il fronte della battaglia della società civile contro l’assedio delle rinnovabili è in Sardegna sempre più “caldo” – e in particolare in seguito a due atti vandalici verificatisi nelle scorse settimane – la pista di un’azione dolosa è quella al momento più battuta tra gli investigatori che stanno indagando sulla vicenda.
Sul luogo in cui è divampato l’incendio, dove si trovavano i pannelli – di proprietà della multinazionale polacca Greenvolt Power, che aveva acquistato l’appezzamento per la realizzazione di un impianto fotovoltaico –, sono immediatamente intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento di Ales, insieme ai colleghi giunti direttamente da Cagliari. Fino alla giornata di ieri, i pompieri hanno operato facendo uso di una ruspa e un autoarticolato al fine di smassare i detriti e spegnere gli ultimi focolai. Secondo una prima valutazione, i danni sarebbero ingenti, poiché sarebbe andata distrutta l’intera fornitura di pannelli. A ogni modo l’azienda – che aveva ottenuto l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto due anni fa – era assicurata. I pannelli dovevano essere installati nei due impianti in fase di realizzazione nelle campagne di Tuili, che dopo essere stati ultimati dovrebbero essere capaci di produrre circa un megawatt. Il sindaco di Tuili, Andrea Locci, ha parlato di «un fatto inquietante», aggiungendo che la comunità del suo centro è «pacifica e laboriosa» e «non ha mai dato segni di intolleranza».
Se le indagini, come si prevede, confermeranno la natura dolosa dell’incendio, si tratterebbe del terzo attentato realizzato nell’isola contro impianti di energie rinnovabili in poche settimane. Il 26 agosto, infatti, era stata vandalizzata una pala eolica installata sulla strada provinciale 30, in provincia di Nuoro, mentre pochi giorni dopo, nella notte tra il 29 e il 30 agosto, era stato appiccato un incendio nel sito della Vestas, a Villacidro, dove è in corso la realizzazione di un parco eolico, attraverso l’utilizzo di bottiglie di plastica contenenti liquido infiammabile. I due episodi sembrano condividere lo stesso movente: il malcontento della popolazione verso l’ondata di nuovi progetti su larga scala per la produzione di energia eolica, da molti considerata una “speculazione energetica”.
Sull’isola sarda proseguono da mesi le proteste contro i vari progetti di costruzione di parchi eolici nella regione, che, secondo i manifestanti, non solo non tutelano il patrimonio paesaggistico, ma hanno già provocato danni irreparabili all’ambiente. Nel mese di luglio, presso il porto di Oristano è iniziato un presidio permanente, in breve tempo oggetto di sgombero da parte delle forze dell’ordine.
Precedentemente, nell’entroterra cagliaritano, alcuni cittadini avevano dato vita alla Rivolta degli Ulivi, una sollevazione popolare spontanea che risponde agli espropri coattivi dei terreni dei contadini (dove dovranno sorgere i parchi eolici) piantando ulivi e altre specie vegetali. Nel frattempo, a inizio agosto è ufficialmente partita la raccolta firme “Pratobello 24”, concepita per fermare i progetti di parchi eolici e fotovoltaici nell’isola in assenza di un adeguato piano energetico regionale, che in una manciata di giorni ha superato le 10mila firme.
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