di M.P. da Facebook
di Sebastiano Vernazza per gazzetta.it
Poco prima dellāOlimpiade, ĆØ morto il fratello maggiore di Julio Velasco. Si chiamava Raul, aveva 78 anni, e Julio gli era legatissimo. Insieme allāaltro fratello, Luis, anche lui scomparso, avevano attraversato gli orrori della dittatura militare dellāArgentina degli anni Settanta, una galleria di disumanitĆ che si può riassumere cosƬ: gli uomini del generale Videla e dellāammiraglio Massera ordinavano di sequestrare gli oppositori del regime, li facevano torturare e poi caricare narcotizzati su aerei che, in alta quota, aprivano i portelloni, per scaraventare nellāOceano questi corpi inermi.
I voli della morte, migliaia di desaparecidos, di gente sparita in mare aperto. Julio Velasco, c.t. dellāItalia donne di pallavolo che si gioca lāoro contro gli Usa, viene da lƬ, da una delle più grandi tragedie del Novecento. Luis, il fratello di Julio e Raul Velasco, venne rapito dalla sbirraglia della giunta. Gli riservarono il trattamento standard. Un prete gli era vicino durante le sevizie, Luis rantolò una frase: “Padre, come si sente nel partecipare a questa schifezza?”. Il sacerdote se ne andò. La tempra dei Velasco. Luis venne restituito alla famiglia, altri amici no.
la pallavoloāĀ Ā Velasco allenava i bambini del minivolley del Ferro Carril Oeste, una polisportiva di Buenos Aires. Tutto ĆØ cominciato in quei sotterranei che ospitavano i mini-allenamenti. Velasco lavorava come precettore in un liceo, poi gli tolsero lāincarico per ragioni politiche. La pallavolo come salvezza: diventato tecnico del Ferro Carril dei grandi, vinse campionati, lo chiamarono in nazionale come vice e nel 1983, in coincidenza con il ritorno della democrazia, accettò unāofferta dallāItalia, per allenare la squadra di Jesi, nelle Marche.
“Presi casa a Pianello Valesina, un paese di 10mila abitanti ā ha raccontato -, ma io venivo da Buenos Aires, una metropoli da 12 milioni di abitanti. Non ĆØ stato facile”. Velasco ha poi vinto tutto, tra club e nazionali. Gli manca soltanto lāoro olimpico sfumato ad Atlanta 1996 quando allenava lāItalia dei maschi e dovette accontentarsi dellāargento, ma non vuole parlarne: per lui il passato non esiste.
il metodo velascoāĀ Ā Un allenatore psicologo. Schemi e mente. Velasco da sempre lavora sulle teste dei suoi giocatori. Nella sua autobiografia āSenza reteā, Maurizia Cacciatori scrive di Velasco c.t. dellāItalia femminile tra il 1997 e il 1998: “Poi Julio entra a gamba tesa sulla nostra autostima. Ci mostra le immagini di una partita persa contro le forti cubane.
Ci esorta a osservare le nostre avversarie. Hanno sguardi indolenti. Masticano enormi bubble gum con lāespressione di chi sta in fila al supermercato. Giocano senza impegno, ci osservano come se fossimo nanetti di marmo piazzati nel loro giardinetto. E ci battono. CosƬ viene percepita lāItalia femminile ai grandi tornei, poco più di un allenamento prima delle partite vere”.
Da lƬ, cambierĆ tutto. Sono di Velasco frasi entrate nel linguaggio dello sport: “I vincenti trovano soluzioni, i perdenti cercano alibi”; “Chi vince festeggia, chi perde spiega”. Nella sua vita sportiva, Velasco non si ĆØ negato nulla. Ha provato a lavorare nel calcio, d.g, alla Lazio e responsabile dellāarea fisico-atletica allāInter, con Lippi.
Ha allenato la Repubblica Ceca e la Spagna, ĆØ ritornato in Argentina, ĆØ volato nellāIran della teocrazia degli ayatollah. “Sono nellāantica Persia ā disse in unāintervista -, una delle culture più importanti del mondo. E sono felice di conoscere da vicino lāIslam. Non ho mai mischiato sport e politica. Non dimenticate che la nazionale rappresenta il Paese e non il governo. Io siedo in panchina”. Il divieto di alcolici non era un problema: “Io sono astemio”.
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