Estratto dell’articolo di Mario Giordano per “La Verità”
«Furia punitiva»? Davvero? Ha ragione Elly Schlein? Davvero il problema dell’Italia è la «furia punitiva», cioè l’ansia di sbattere chiunque in cella? Davvero i cittadini che ogni mattina prendono la metropolitana sono angosciati dal giustizialismo imperante, dal desiderio di «colpire l’immigrazione rendendo la solidarietà un reato», e soprattutto dall’eccessivo ricorso al «carcere che produce più carcere»?
Proprio mentre la segretaria Pd lanciava un duro attacco contro l’eccesso di punizioni e di severità che a suo dire vige nel nostro Paese (ovviamente per colpa dell’orrenda destra governativa), gli italiani hanno scoperto che una gentile signora rom di 31 anni, con 148 reati alle spalle (leggasi: centoquarantotto), vent’anni di onorata carriera di borseggi , 30 anni di pena da scontare, si aggirava per l’Italia libera di delinquere per il fatto che ha sempre avuto un figlio da partorire o da allattare.
Ora finalmente è stata arrestata. Ma le cronache ci fanno sapere che presto, tornerà di nuovo libera. Il motivo? Ovvio: ha un figlio appena nato e la legge dice che non può stare in galera. Evidentemente la «furia punitiva» dev’essersi presa una pausa di riflessione. Il ricorso compulsivo al «carcere che produce più carcere», almeno in questo caso, non si vede.
Si vede soltanto il solito ricorso al lassismo buonista che produce altro lassismo buonista. E infatti si vede la sinistra pronta a schierarsi al fianco di un’altra ladra per permetterle di tornare libera. L’impressione, per altro, è che non si tratti di un episodio isolato: per quei già citati cittadini che ogni giorno prendono la metropolitana, infatti, si direbbe a occhio e croce che il problema dei borseggiatori in libertà sia persin più impellente di quello del giustizialismo.
Perché è sacrosanto tutelare i diritti di tutti, anche dei delinquenti, ci mancherebbe, ma forse non sarebbe male ogni tanto tutelare pure i portafogli degli onesti lavoratori. E colpisce, in questi giorni, leggere le cronache dei parlamentari riuniti in discussioni infinite sul decreto carceri, mentre una persona che ha commesso 148 reati (leggasi: centoquarantotto), del carcere continua a farsi beatamente beffe. Anche se dovrebbe esserci dentro già da un bel pezzo.
Si chiama Ana Zahirovic. È originaria di Zagabria, esponente di spicco di una delle più note famiglie della criminalità balcanica, residente nel campo di Castel Romano, ladra dall’età di 11 anni. Ha conquistato condanne sul campo a Roma, Milano, Brescia e altre città italiane. I reati: furto, furto aggravato, scippo, borseggio e resistenza a pubblico ufficiale. Ha un cumulo complessivo di 30 anni di condanne da scontare ma è perennemente libera di delinquere. E davanti a un siffatto esempio della «furia punitiva» vigente in Italia fa sorridere il dibattito politico sulle carceri di questi giorni.
Ripicche, liti, proteste, ordini del giorno, sofismi, accuse per avere «aumentato i reati», per pensare «soltanto alle pene», e naturalmente sopra a tutto, la primaria esigenza di sfoltire la popolazione carceraria. Problema alla cui risoluzione, per la verità, la ladra rom ha dato un contributo più rilevante di qualsiasi parlamentare della Repubblica. Perché dunque non premiare anche lei con un seggio, come Ilaria Salis?
Sia chiaro: il problema delle carceri è vero e drammatico. E siamo anche lieti che lorsignori se ne siano accorti, dopo che per mesi ci era sembrato di capire che l’unico problema carcerario fosse quello dell’Ungheria, nazione cui ci sentivamo legittimati di dare quotidiane lezioni sul modo corretto di trattare i detenuti.
Contrordine, compagni: ora scopriamo che in effetti anche le nostre carceri non sono proprio quell’esempio di civiltà di cui ci andavamo vantando pur di far guerra ad Orban (e dunque alla Meloni). Meglio tardi che mai, si capisce. Ma ancora una volta sembra che non si colga il cuore della questione: il problema delle carceri, infatti, si risolve soltanto con una giustizia più efficiente e veloce e con strutture nuove e adeguate. Non certo lasciando liberi di girare per le città i delinquenti con 148 reati alle spalle. E non certo prendendosela con la «furia punitiva» che in questo Paese è meno presente che l’acqua pulita nella Senna.
Altrimenti si rischia di accendere dibattiti che, rispetto alla vita normale dei cittadini, sembrano lunari. Prendiamo per esempio il profluvio di dichiarazioni sull’impunità per governatori, sindaci e affini. Ora è evidente che a nessuno dovrebbe essere concessa licenza di delinquere. Ma un cittadino normale, dopo essersi perso nei raffinati ragionamenti degli editorialoni, si potrebbe domandare con disarmante semplicità: ma se a nessuno dev’essere concessa licenza di delinquere, perché ad Ana Zahirovic sì? Perché a lei viene concessa?
Ed è sorprendente che si perdano giorni a discutere sull’impunità senza accorgersi di ciò è evidente a chi frequenta le stazione metropolitane anziché i palazzi della politica: e cioè che l’impunità esiste già, eccome. Si può avere la licenza di delinquere. Basta diventare Lady Scippo. Basta vivere in un campo rom e far parte della criminalità balcanica.
Basta mettere al mondo figli per usarli come grimaldello per uscire dal carcere. E se qualcuno prova a opporsi ciò, inserendo finalmente qualche norma più restrittiva contro questa consuetudine criminale e malsana, ecco che scatta la rivolta: «Motivazioni a sfondo razziale», tuona Laura Boldrini. «A quando le leggi razziali?», attacca Deborah Serracchiani. «Essere rom ora è un delitto», conclude ancora Elly Schlein. Senza capire che no, essere rom non è un delitto. Ma se una rom commette 148 reati senza finire in cella, forse c’è un problema. Che, per quanto sembri strano, non è la «furia punitiva».
Scavalca la censura di regime dei social. Seguici via Telegram, basta un clic qui >https://t.me/capranews