Anche oggi l’avversaria non ci sta: protesta plateale dell’atleta turca, dopo esser stata massacrata in semifinale da Lin Yu-Ting

Lin come Khelif, si gioca l’oro. Ma l’avversaria non ci sta: il gesto che infiamma le Olimpiadi
L’atleta iper-androgina ha sconfitto Esra Yildiz Kahraman ai punti, ma il gesto della turca è destinato a incendiare il dibattito (VIDEO)

di Franco Lodige per il blog di Nicola Porro

La boxe femminile non ha mai avuto così tanta visibilità come in queste Olimpiadi. Non per la nascita di una nuova stella o per una bella storia da raccontare, ma per i casi di Imane Khelif e Lin Yu-Ting, le due atlete iper-androgine che non avevano ricevuto il via libera dall’Iba per partecipare ai Mondiali di pugilato, per poi ottenere l’ok per Parigi 2024. Scoppiato il caso dell’algerina con la “nostra” Angela Carini, anche la taiwanese è finita al centro del dibattito internazionale. E, esattamente come la venticinquenne nordafricana, anche l’asiatica si giocherà la medaglia d’oro.

Nella semifinale della categoria 57 chili, pesi piuma, Lin Yu-Ting ha sconfitto la collega turca Esra Yildiz Kahraman per 5-0, inanellando la terza vittoria consecutiva. Sabato sarà attesa dalla sfida con la polacca Julia Szeremeta. Ma le polemiche non sono mancate, anzi. L’atleta turca non è rimasta in silenzio e subito dopo il verdetto dei giudici ha sfoderato un gesto diventato subito virale in rete: l’atleta ha infatti incrociato gli indici delle mani formando una X, un chiaro riferimento ai cromosomi femminili XX. Un’accusa diretta alla taiwanese, iper-androgina e accusata di non poter competere con le donne, come certificato dall’Iba (non più riconosciuta dal Cio).

Quella della pugile turca non è la prima protesta plateale. Già ai quarti di finale, Lin Yu-Ting ha vissuto la stessa scena prima della dichiarazione della vittoria contro la bulgara Staneva. Ora, il nuovo episodio potrebbe gettare benzina sul fuoco, soprattutto in caso di vittoria dell’oro. Stesso discorso per Imane Khelif, ormai punto di riferimento della sinistra italiana, che in semifinale della categoria 66 chili ha superato agilmente la thailandese Suwannapheng: 5-0 ed ecco la finalissima contro la cinese Liu Yang. Ma anche l’algerina ha dovuto fare i conti con bagarre sul ring: dopo il Carini-gate, ha incontrato l’ungherese Hamori, autrice di svariati post d’accusa nei confronti della rivale, tanto da finire nel mirino disciplinare del Cio, inossidabilmente al fianco della pugile intersex.

Difficilmente, dunque, il dibattito terminerà qua. L’Iba sta continuando a tenere la barra dritta, ribadendo la propria posizione: esistono dei test del DNA effettuati su Khelif e Lin che dimostrano la presenza di cromosomi XY, caratterizzanti il sesso maschile. Scambi di accuse feroci, con il Cio che non è rimasto in silenzio. “La boxe ha bisogno di una nuova Federazione internazionale, se mai ci volessero altre prove che l’Iba non è in grado di gestire il pugilato basta vedere il video di questa incresciosa conferenza stampa organizzata dall’Iba”,  il j’accuse del comitato, che ha parlato di test non validi e ha ribadito di non voler procedere a esami invasivi nei confronti delle atlete, per le quali è sufficiente quanto testimoniato sui documenti.

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2 comments
  1. Che buffoni quelli del CIO e anche i giornalisti che non si informano e non spiegano nulla. L’esame del DNA si fa con la saliva, quale sarebbe l’invasivita’ della procedura? Gli unici che dovrebbero dimettersi sono quelli del CIO dopo la pessima organizzazione delle olimpiadi di Parigi. In ogni caso devo garantire regole chiare e competizioni leali.

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