Kamala Harris e l’inizio in politica a 29 anni da amante di un potente sindaco sessantenne: la vera storia della nuova candidata democratica alla presidenza degli Usa

tratto da dagospia.com

Anche Kamala Harris ha i suoi scheletri nell’armadio. Il DailyMail ha dedicato un lungo articolo alla relazione della candidata vicepresidente con Willie Brown, il primo sindaco nero di San Francisco.

La storia risale al 1993, quando Kamala Harris aveva 29 anni e Brown 60. Il politico californiano era sposato con Blanche, i due vivevano separati ma non avevano mai divorziato. Per qualche anno però la sua “compagna stabile” fu appunto la Harris, che poi scaricò quando fu eletto sindaco nel 1996. Il giorno dell’insediamento al suo fianco c’era appunto la moglie Blanche e non Kamala.

Cosa è successo in quegli anni? Di sicuro qualcosa che la Harris ha provato negli anni a rimuovere: di Brown ha detto “era un albatro appeso al mio collo”, eppure la sua rampante carriera politica deve molto a quel periodo e all’allora speaker dell’Assemblea del Golden State, che la nominò in due commissioni statali, facendole avere uno stipendio da quasi 170mila dollari l’anno.

Brown, che Clinton chiamava “Real Slick Willy” – il vero viscido Willy – era già noto per il suo amore per la bella vita, le auto sportive, e per essere stato nominato uno dei 10 uomini più sexy del mondo dalla rivista Playgirl. Nonostante i suoi 25 anni di matrimonio, avrebbe avuto molte amanti, tra cui appunto Kamala Harris

“La misura del suo stile di vita è che va a una festa con sua moglie sotto un braccio e la sua amante dall’altra”, disse a People Magazine nel 1996 James Richardson, giornalista del Sacramento Bee.

Harris, in quegli anni, era considerata una diligente e capace procuratore “in ascesa” presso l’ufficio del procuratore distrettuale della contea di Alameda, dove aveva lavorato per i tre anni precedenti. Poi iniziò a frequentare Brown, che le regalò una Bmw e la introdusse negli ambienti politici californiani che contavano all’epoca, dove era conosciuta appunto come “la fidanzata di Brown”. Kamala si prese un anno di aspettativa per le nuove “occupazioni”.

I resoconti di stampa portati alla luce da DailyMail.com confermano che quando si è messo con Harris, Brown era apertamente separato da Blanche, un’insegnante di danza che aveva sposato nel 1958 e con cui aveva tre figli, ma da cui non aveva mai divorziato.

Anche per questo – e data la pubblicità del suo rapporto con Kamala – il giorno in cui Brown si è insediato come sindaco di San Francisco, consolidando la sua posizione di politico afroamericano più importante della California, è stata una sorpresa per molti vedere Blanche al suo fianco, la Bibbia in mano.

Quello che non vi dicono su Kamala Harris

Stiamo già leggendo fiumi di parole per elogiare Kamala Harris, giornalisti e commentatori che si sperticano nelle lodi del nuovo vicepresidente degli Stati Uniti, articoli dai toni trionfali, titoli elogiatovi. Quasi assenti le analisi sulle sue posizioni e il suo credo politico, proviamo a farlo noi partendo dal presupposto che una persona andrebbe valutata nei contenuti a prescindere dal suo sesso, dal colore della pelle o dalla sua origine (solo così può esistere una vera parità tra uomo e donna, tra bianchi e neri).

Progressista intollerante

Il problema è che le posizioni di Kamala Harris sono preoccupanti. In un articolo intitolato Kamala Harris, the cancel culture pop, il Washington Examiner afferma che la sua “carriera politica e giudiziaria è stata costruita sulla punizione di coloro che trova deplorevoli” aggiungendo “non è una semplice demagoga. È una demagoga che userà il potere del governo federale per punire ‘l’altra parte’”. E l’altra parte, neanche a dirlo, sono i conservatori a cui spettano anni difficili in particolare sui temi etici e il diritto alla vita. Kamala Harris ha dichiarato pubblicamente che “il governo federale dovrebbe trattare i sostenitori pro-life come i segregazionisti”, una frase inquietante. Al tempo stesso ha etichettato alcune importanti organizzazioni cattoliche americane di solidarietà come “estremiste”.

“La campagna presidenziale di Harris si è concentrata sulla divisione del paese” e i sostenitori della vita  “avranno tutti motivo di temere la persecuzione in un’amministrazione in cui Harris ha il potere”. Un’opinione sostenuta da un’altra importante testata come The American Conservative “sembra pensare che il suo lavoro come senatore sia quello di tormentare i conservatori alle udienze con tutta la presunzione di colpevolezza fino a prova contraria di un inquisitore”. Non è un caso che Rod Dreher, voce di spicco del mondo conservatore americano, scriva: “di tutte le persone che avrebbe potuto scegliere, penso che Kamala Harris sia la più pericolosa, da un punto di vista sociale conservatore”.

Ambientalista radicale

Ci sono poi le posizioni della Harris sul tema dell’ambiente che rappresentano l’emblema dell’ambientalismo ideologizzato di stampo globalista rappresentato da Greta Thunberg. Una visione radicale e fanatica della battaglia ambientale che dimentica le esigenze delle comunità locali e il concetto di identità e tradizione.

Nonostante le sue posizioni in campo economico più vicine a un approccio socialista (pur riferito al contesto americano) che potrebbero portare a un aumento della pressione fiscale negli Stati Uniti, la Harris è tutt’altro che una donna del popolo avendo alle spalle il sostegno di una parte importante del mondo finanziario e dei big tech. Un esempio su tutti? Le parole riportate dal New York Times: “Wall Street è felice dei segnali che ha mandato”, la “Silicon Valley è felice di vedere una faccia famigliare”.

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