Ilaria Salis, domiciliari da vera principessa: in Ungheria sono così cattivi da averle concesso di poter passare dalla galera al Grand Hotel Budapest, suo nuovo domicilio dopo aver pagato la cauzione da 40 mila euro

di Christian Campigli per Libero

Contrordine, compagni. Il dittatore più perfido tra i perfidi, quel Viktor Orban grande amico di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ha deciso di aprire le porte del Grand Hotel Budapest. E di accogliere in una delle sue stanze Ilaria Salis. All’insegnante più famosa d’Italia (con buona pace per i professori che, ogni giorno, tentano di insegnare frazioni e Promessi Sposi, fotosintesi clorofilliana e i fiumi della Lombardia) sono stati concessi gli arresti domiciliari. È stato accolto dal tribunale di seconda istanza ungherese il ricorso presentato dai legali, che hanno gioito per questa decisione definendola «una vittoria della difesa. La corte di appello ha accettato il nostro ricorso – ha affermato l’avvocato Gyorgy Magyar -. Lei ha garantito che non scapperà e avrà un braccialetto elettronico. Il tribunale aspetta soltanto il pagamento della cauzione, che ammonta a 40 mila euro». Il ricorso era stato presentato contro la decisione del giudice Jozsef Sós che nell’ultima udienza del 28 marzo aveva negato i domiciliari sia in Italia che in Ungheria. In appello, la richiesta è stata invece accolta e così la 39enne attivista milanese, candidata con Avs alle prossime Europee, potrà lasciare il carcere a Budapest, accusata di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Il provvedimento, che prevede il braccialetto elettronico, diventerà esecutivo non appena verrà pagata la cauzione prevista dal tribunale.

«Ilaria è entusiasta di poter finalmente uscire dal carcere e noi siamo felicissimi di poterla finalmente riabbracciare – ha esultato Roberto Salis -. Non è ancora fuori dal pozzo, ma sarà sicuramente molto bello poterla riabbracciare dopo 15 mesi, anche se finché è in Ungheria io non mi sento del tutto tranquillo». E se al cuore addolorato di padre tutto si perdona, non altrettanta indulgenza si può concedere a chi, a sinistra, ha rischiato di rovinare tutto il certosino lavoro diplomatico imbastito dal nostro governo. Non è un caso che, tra i primi commenti, vi siano quelli di Carlo Nordio ed Antonio Tajani. «Vorrei manifestare la mia soddisfazione per la notizia che abbiamo ricevuto sulla concessione degli arresti domiciliari a Ilaria Salis. Sono garantista, speriamo che possa essere assolta e possa ritornare il prima possibile in Italia. È merito dell’azione sinergica, del governo e della nostra ambasciata, che hanno lavorato intensamente, in silenzio, senza fare propaganda, senza rulli di tamburi, come abbiamo sempre fatto, come stiamo facendo con Falcinelli e con tutti».

La «battaglia di Ilaria non è certo finita», ha commentato a LaPresse l’avvocato Mauro Straini che, con Eugenio Losco, difende Salis. La 39enne, candidata alle prossime europee con Avs, rischia 16 anni di carcere con l’accusa di lesioni aggravate nei confronti di due neonazisti per gli scontri dell’11 febbraio 2023 in occasione del “Giorno dell’onore”. L’accusa è di lesioni ’potenzialmente letalì, nonostante le ferite delle vittime siano state ritenute guaribili in 5 e 8 giorni. La seconda aggravante è di aver agito ’nell’ambito di un’associazione a delinquere tedesca. Si tratta della “Hammerband” di Lipsia (’banda del martellò), organizzazione anarco-rivoluzionaria al centro di indagini della polizia teutonica avrebbe scelto Budapest per «attaccare e assaltare militanti fascisti o di ideologia nazista» l’11 febbraio, nel giorno si “celebra” la resistenza delle SS all’avanzata dell’Armata Rossa durante la Seconda guerra mondiale. «Soddisfazione» è stata espressa anche dal Guardasigilli Carlo Nordio. Per Elly Schlein, segretaria del Pd, i domiciliari sono «un primo passo importante, dopo una lunga detenzione in condizioni lesive della sua dignità». Il «caos mediatico è servito», per Ilaria Cucchi, parlamentare di Avs, ma «la mobilitazione non finisce oggi, andrà avanti, perché il nostro obiettivo è di riportarla in Italia».

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