“Obbedisce solo a De Benedetti” Schlein nella bufera: sparita mentre in Emilia affondavano nel fango, ricompare al Festival dell’economia per ripetere i cavalli di battaglia del parassita che vive in Svizzera

Estratto dell’articolo di Simone Canettieri per “il Foglio”

Dov’è Elly? Un giorno la cercavano per il compito di latino, al liceo pubblico cantonale Lugano 1, ma stava in cortile a suonare la chitarra. Tranquilla e beata. Pezzi su pezzi di heavy metal. Rideva, la ragazzina di Agno, figlia dell’upper class. Sorriso irregolare e spontaneo. “Alla fine entrò in classe, fece la sua bella traduzione e prese il massimo dei voti, come sempre”, ricorda divertito il suo vecchio professore di geografia e informatica, Alberto Leggeri. Oggi come allora la stessa domanda: dov’è Elly? C’è il caso Ita-Lufthansa, il Pnrr fa ballare Palazzo Chigi, Stefano Bonaccini ha i piedi nel fango e il governo non vuole nominarlo commissario per la ricostruzione. Ma lei, Elly, dov’è? E’ apparsa ieri nel tardo pomeriggio ad Ancona. Giovedì era a Trento al festival dell’Economia, poi è andata in Toscana per i ballottaggi. La sera da Corrado Formigli a “Piazza Pulita”. Provate a prenderla.

Fatele una domanda dritta, esigete una risposta netta. Primula rossa. Epifania democratica e armocromatica. Non ha un’agenda. Vive in hotel (ancora per pochissimo). Non scrive sulla chat di gruppo della segreteria.

A chi la critica per questo stile – appaio e scompaio ma anche dico e non dico – risponde: voi siete dei boomer. E cioè dei vecchi, che vivete la politica come un rito barboso, e poi saluta tutti e va al concerto dei Maneskin e dei Baustelle, gli ultimi due eventi musicali che si è concessa (oltre alla cena svelata da questo giornale sull’attico di Claudio Baglioni). Donnafugata, ma la troveremo.

Da quando è diventata segretaria del Pd, Elly Schlein si vede di rado nel Palazzo. Supplemento d’indagine. Telefonata a uno storico funzionario del Parlamento. E’ un maestro di statistiche, venne assunto ai tempi di Craxi, Andreotti e Forlani: “Allora, sì. Tiro fuori il dato, mi serve un po’ di tempo. Va di fretta?”. Eh sì. “Ecco ci sono: da quando è iniziata questa legislatura, il 12 ottobre, fino ad aprile su 1.551 votazioni elettroniche la segretaria ne ha effettuate 567. Ovvero il 36,56 per cento.

Nella ricerca disperata di Schlein, come la Susan del film, si capiscono due cose. Nel Pd i parlamentari la soffrono, sotto sotto la criticano, non la capiscono. L’accusano di non rispondere al telefono. Ne contestano la voluta ambiguità su molti temi, quasi tutti.

Tuttavia la temono perché sanno che la donna può essere cattivella e soprattutto molto risoluta. Caso di scuola: la piccola vicenda capitata a Chiara Gribaudo, già coinquilina, che la leader non ha voluto come capogruppo alla Camera al posto di Debora Serrachiani. Oppure Giuseppe Conte: quando il capo del M5s l’attacca lei dice ai suoi fedelissimi “non gli rispondo, ma questa me la segno, vedrete”.

I parlamentari del Pd l’osservano con distacco e si danno coraggio. In pochissimi hanno confidenza con lei. Non si allargano. Vietate domande e curiosità sulla compagna Paola Belloni. Qui si parla di politica, nuova politica. Lo ha capito per primo Dario Franceschini, uno che l’ha vista arrivare eccome. Il “ministro per sempre” è defilato, si attiva solo quando c’è qualcosa di grande e importante da decidere.

(…) Già, ci risiamo: ma dov’è? Di recente al cinema, a vedere al Sacher l’ultimo film di Nanni Moretti. Ecco, il regista-papa della sinistra e la segretaria hanno un rapporto confidenziale.

IL PIANO DI ELLY

Fausto Carioti per liberoquotidiano.it

Ad Elly Schlein bisogna riconoscere un merito. Non ha provato, come tanti altri prima di lei, a raccontare la storia secondo cui l’aggiornamento del catasto sarebbe un’operazione fiscalmente neutra, che non avrebbe l’obiettivo di aumentare le imposte sugli immobili e anzi, chissà, alla fine potrebbe persino ridurle.

È stata schietta, ha detto che secondo lei il peso delle patrimoniali a carico del mattone (che oggi è a pari a 22 miliardi di euro l’anno, ovvero a 373 euro per ogni italiano, neonati inclusi), è troppo basso e dunque deve aumentare.

Per la Schlein tutto ciò non basta, urge una pesante revisione delle patrimoniali. «Questo Paese ne ha tante e dovrebbe riorganizzarle». In che modo? «Dobbiamo pensare a perché la tassazione sulle rendite fiscali e immobiliari è così bassa, rispetto a quella sul lavoro e sull’impresa». L’imposizione sul mattone va quindi aumentata, anche con la «riforma del catasto in un senso più equo». Una sorta di guerra tra tartassati, insomma: se si vogliono ridurre le imposte che gravano sui lavoratori e gli imprenditori, la soluzione non è tagliare la spesa pubblica, ma spremere ancora di più i proprietari di immobili. Un passo avanti (o indietro, dipende dai gusti) rispetto alla mozione con cui la Schlein ha vinto la corsa alla segreteria del Pd, in cui la parola «catasto» non appare.

LA TASSA SULLA MORTE

Nessun patrimonio però si salva, per lei tutti debbono essere colpiti di più dal fisco, anche nel momento in cui qualcuno in famiglia muore e i beni passano da una generazione all’altra:«Non possiamo negare che siamo in un Paese dove c’è una delle tassazioni sulle successioni più iniqua e più bassa». Aumentare anche questa, dunque. Con simili premesse ideologiche, è ovvio che la «tassa piatta» promessa dalla Lega sia giudicata dalla leader del Pd un crimine politico. «Dietro alla flat tax», attacca, «c’è l’idea che faccio mancare servizi alle persone che non se li possono permettere da sole, come la sanità e la scuola…

DE BENEDETTI DOCET – C’è perfetta sovrapposizione, insomma, tra il programma fiscale della Schlein e quello che le ha suggerito Carlo De Benedetti, che non a caso stravede per lei. Nel suo libro da poco pubblicato, il miliardario scrive che «va istituita anche in Italia una patrimoniale, ovviamente progressiva, in modo che chi ha di meno debba pagare di meno.

Esattamente il contrario dell’imbroglio della flat tax». E «l’altra imposta su cui intervenire subito», aggiunge, «è quella di successione. In Italia va dal 4 al 6% senza progressività: un’altra flat tax in cui i poveri sono trattati come i ricchi e dunque, in relazione ai loro patrimoni, pagano di più. È tempo di portarla al livello degli altri Paesi europei». Ognuno ha il suo maître à penser, anche in materia di fisco, e quello di Elly Schlein vive in Svizzera e lì paga le imposte.

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