E’ un ex atleta paralimpico l’eroe immortalato a spalare fango in carrozzina. Si chiama Simone Baldini l’angelo del fango che speriamo riceva al piu’ presto una grande onorificenza dal Presidente della Repubblica

Ha un nome questo giovane uomo dal cuore grande grande, si chiama Simone Baldini.

Dopo una malattia invalidante che gli ha bloccato le gambe è diventato un atleta paralimpico di alto profilo ed eccelle in discipline come l’Handbike e il triathlon.
Lui dice di non sentirsi un eroe per quello che ha fatto invece per me lo è, Simone è uno di quelli che io definisco i nostri eroi del quotidiano, quelli che con il loro esempio e la loro dedizione ci insegnano ad essere, se non come loro, persone migliori di quello che siamo.
Simone in questa “gara” della solidarietà ti sei meritato il gradino più alto del podio.

 Da Pesaro a Forlì per spalare il fango in carrozzella, la foto di Simone Baldini diventa virale. «Tutti mi dicevano: ci dai la forza»

«Nel momento del bisogno siamo tutti uguali, sia sulla carrozzina che sulle gambe buone». Simone Baldini è l’angelo del fango sulla carrozzina. O come dicono in Romagna un de chi burdél de paciug. E’ bastata una foto, scattata di spalle, a sua insaputa, a Forlì, nel quartiere Cava, dove la melma si mischia alle lacrime di chi ha perso tutto o quasi, per farlo diventare un simbolo della resilienza, quella vera. «Un esempio per quelli che hanno la vita facile» è stato uno dei tanti commenti, fra migliaia, che lo hanno reso virale sui social. Simone, originario di Fiano Romano, abita a San Marino ma è di casa a Pesaro, dove lavora («Alla Frassati Facility») e dove vivono la sua compagna Ilaria e il suo preparatore Michele Ravagli.
In un passato recente, infatti, è stato atleta paralimpico di caratura nazionale sia nel triathlon che nel canottaggio. Ha vinto tante medaglie e sfiorato le Olimpiadi di Tokio («Ho dovuto smettere perché, dopo anni di sacrifici, non riuscivo più a conciliare sport e lavoro»).

Ha visto l’annuncio su Instagram (Welcome to Pesre) e, dopo essersi iscritto al gruppo Telegram “Pesaro X Cesena” si è presentato domenica mattina alla 10 all’appuntamento con vanghe, stivali, guanti e attrezzi vari. «Una volta tornato a Pesaro mi sono fermato in un distributore per pulire la carrozzina dal fango – racconta – A Forlì sono andato con Ilaria e sua sorella Annalisa. In quel momento hanno iniziato a chiamarmi tutti. Anche da Fiano Romano e San Marino. Tutti avevano visto la mia foto sui social e anche il servizio in diretta su Domenica In. E pensare che quando io ho visto il cameraman che veniva verso di me sono letteralmente scappato. Perché? Devo essere sincero: non me la sono sentita. Sembrava stessi lì ad attirare l’attenzione». E in quel momento qualcuno ha scattato la foto di schiena poi diventata uno dei “manifesti” della Romagna che tiene botta. «Questa cosa di dare un contributo l’avevo dentro – spiega -. Mio padre era vigile del fuoco, prima a Roma e poi, quando ci siamo trasferiti a San Marino per il problema che avevo alle gambe, in un distaccamento di Pesaro. Lui ha lavorato nelle più grandi calamità naturali, dall’Irpinia in poi. Sono cresciuto con le sue storie». Ma anche per riassumere la storia recente di Simone ci vorrebbe un libro. Nel 1997, a 16 anni, un virus (ancora oggi sconosciuto) ha attaccato il suo midollo spinale causandogli un black out neurologico che lo ha paralizzato. Da qui la decisione di trasferirsi a San Marino («Avevamo dei parenti in zona») per poter sostenere le cure nel centro riabilitativo Montecatone di Imola. Lo sport è diventata una filosofia di vita tra Nazionale e gare disputate da protagonista: il suo nickname, non a caso, è IronBaldo. Il parallelo con Alex Zanardi sarebbe troppo facile: Simone è Simone, primo triathleta disabile italiano a misurarsi con la full distance. Domenica è rimasto a spalare fango dalle 11.30 alle 17.30. «Il minimo. E di sera avevo solo qualche dolorino alle spalle – ride -. Ero partito per stare in tenda a distribuire i generi di prima necessità che il gruppo aveva raccolto ma non ho resistito e sono andato a spalare. Mi urlavano “Sei un grande” e che vedermi lì a spalare con loro dava “la carica a tutti: volontari e residenti”. È stata la cosa più bella che mi potessero dire».

«Vorrei tornare ad aiutare»

«Ho visto la devastazione – continua Simone – con l’acqua arrivata al primo piano delle case, le cataste di mobili e vestiti in strada. Tutto da buttare. Poi, di contro, il brulicare della gente, vigili e militari, residenti e volontari. Tutti insieme a darsi una mano e forza l’un con l’altro. Mi piacerebbe ritornare».
Il gruppo (da Pesaro sono partite 30 auto piene di ragazzi e ragazze: applausi) sta organizzando un’altra trasferta. «Che mi hanno detto in famiglia? Se ne sono accorti quando ero già lì.

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