Stefano Bonaccini in bici prima dell’alluvione: questa foto rivela l’incompetenza e la responsabilita’ della feccia PD nell’alluvione. Ecco che fine ha fatto

di Simona Pletto

Che belle le piste ciclabili, finchè non crollano alla prima piena. Come è successo ai primi di maggio dopo la prima ondata di maltempo a Castel Bolognese. Il 22 aprile era stato inaugurato il percorso cicloturistico dal governatore dell’Emilia Romagna Pd Bonaccini che, per l’occasione, si era cimentato in un vero e proprio sprint con la Giunta al seguito. Due settimane dopo lo stesso argine è franato sotto la spinta del fiume Senio .
Quella inaugurata sugli argini del Senio era un’opera da 620mila euro, dieci chilometri di pista realizzati proprio all’apice dell’argine del fiume e perla quale sono stati sradicati centinaia di alberi. Per realizzare la ciclovia, che si trova vicino alla casa dell’ex ministro del Lavoro Giuliano Poletti, la Regione ha stanziato un contributo di 380mila euro, mentre il Comune di Castel Bolognese ne ha investito 240mila (il 38%).

BICICLETTATA DI GIUNTA – Nella presentazione del sito ufficiale della regione Emilia Romagna, si decanta ancora la bontà dell’opera che «è ricca di spunti naturalistici e culturali, perciò attraente nell’ottica del turismo outdoor». Tutto assolutamente “green”. Peccato che il disboscamento degli alberi effettuato per realizzare la ciclovia sia stato una concausa proprio in quel punto del disfacimento dell’argine e dell’esondazione del Senio che alla seconda alluvione non ha retto.

Così, mentre da una parte la giunta Bonaccini si sfregia di essere la Regione più virtuosa nel settore delle ciclabili annunciando in questa legislatura investimenti per la realizzazione di circa mille chilometri in percorsi per le due ruote, dall’altra tralascia manutenzione agli argini e progetti per la realizzazione di casse di espansione per contenere le piene dei fiumi (su 23 finanziate ne sono state realizzate 12). Scelte che, soprattutto in queste ore di catastrofe per frane e allagamenti in tutta l’Emilia Romagna, suscitano rabbia e sconcerto negli stessi cittadini. «Ma è vero o una fake?», chiede incredula Chiara Bella su Facebook. «Ma in che mani siamo?», si interroga Licio.

Il Senio era da tempo al centro dell’attenzione dei residenti. In tanti hanno manifestato contrarietà all’opera, lamentando il fatto che la cima era stata “limata” per allargare il percorso, perdendo 2.530 centimetri. «Temiamo che questo intervento abbia indebolito gli argini», spiegava già i primi di maggio Carlo Melandri, uno dei propietari espropriati di parte dei terreni proprio per la realizzazione dell’opera insieme a un gruppo di frontisti fluviali.
«Quello che ora chiediamo è che venga fatta più manutenzione. Tre anni fa abbiamo iniziato a parlare di pista ciclabile e abbiamo sollevato una serie di perplessità ma la giunta comunale non ha mai voluto parlare con noi».

«Abbiamo chiesto più volte di non abbassare la banca (il rinforzo dell’argine verso la campagna,ndr)”, gli fa eco Vittorio Berzoi, la cui abitazione sorge vicino al punto in cui il Senio ha rotto l’argine. «Inizialmente la sponda dall’altra parte era più bassa, ma ora sono praticamente alla stessa altezza», ricostruisce. Ora invece, alla seconda piena, gli argini non esistono più. Crollati per la piena.
Tutto allagato.

«È un errore togliere gli alberi all’apice degli argini dei fiumi, non ha senso», spiega Piero Farabollini, presidente dell’Ordine dei geologi della Regione Marche nonché professore di geomorfologia all’Università di Camerino. «Si crea uno scompenso, perché nel momento in cui si tolgono apparati radicali e si alza la piena, complice l’umidità, l’acqua non trova resistenza e questo provoca le rotture degli argini».

ARGINI STRETTI – E spiega: »Il restringimento del normale alveo dei fiumi per lo sfruttamento massimo del territorio contribuisce in modo negativo alle esondazioni», ribadisce: «Va bene la pioggia eccezionale, ma molti argini in Emilia Romagna non hanno retto». La sintesi è che «Il livello dei fiumi si è alzato per il restringimento degli argini. Dobbiamo ripensare all’utilizzo del territorio», scandisce il docente dell’ateneo di Camerino, «tenendo conto dei cambiamenti climatici come questi, cioè piogge intensissime in breve tempo, ed evitare l’eccessiva cementificazione di questi territori».

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