Ucraina, gli analisti concordi: se il Vaticano è entrato nel negoziato di pace insieme alla Cina le probabilità che la guerra termini nei termini preconizzati da Kissinger raddoppiano

di Carlo Nicolato per Libero

«Con la Cina che è entrata nel negoziato penso che se ne verrà a capo entro la fine dell’anno», ha detto il quasi centenario Henry Kissinger; ma se nel negoziato è entrato anche il Vaticano le probabilità che la guerra termini nei termini preconizzati dal grande diplomatico raddoppiano. Il Cremlino ribadisce di non avere informazioni in proposito, «forse arriveranno in un prossimo futuro», ha detto il portavoce Peskov, usando comunque toni che non escludono alcuna possibilità, ma secondo le parole di don Stefano Caprio, che in Russia è di casa (è uno dei fondatori dell’Istituto di teologia per laici S. Tommaso D’Aquino di Mosca), l’incontro tra il Papa e il presidente ucraino Zelensky è il segnale certo che qualcosa si sta muovendo.

«La diplomazia della Santa Sede lavora molto spesso in accordo con la diplomazia italiana. Sicuramente ci sono contatti di nunzi e ambasciatori e poi di personalità eminenti», ha detto don Caprio secondo cui «i contatti tra il Vaticano e il Patriarcato di Mosca sono tantissimi». La strada per il momento non è certo quella di un’impossibile fine della guerra, ma di «un cessate il fuoco che permetta ad ognuno di mantenere le proprie posizioni, a noi di cominciare a mediare su alcuni punti». È forse questa la novità “riservata” di cui parlava nei giorni scorsi uno degli eminenti, il segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, una posizione che nei fatti assomiglia molto a quella di Xi che contemporaneamente e nella stessa direzione sta movendo le sue pedine. Come già previsto e pattuito a seguito della telefonata intercorsa tra il presidente cinese e quello ucraino, l’inviato speciale Li Hui sarà a Kiev lunedì prossimo, prima tappa di una missione che dovrebbe concludersi a Mosca. Il piano di pace cinese, quello in 12 punti proposto prima che Xi incontrasse Putin a Mosca, si basa proprio sul presupposto che le due parti debbano per prima cosa deporre le armi, ovvero un cessate il fuoco immediato che tuttavia Washington aveva caldamente sconsigliato considerato che sarebbe stato un vantaggio militare per la Russia e quindi, di fatto, una viscida manovra di Pechino per aiutare Mosca.

Contro tale impostazione dovrà eventualmente lottare anche il Vaticano, fermo restando però che il presidente Usa Joe Biden ha sempre sostenuto che alla fine è Kiev che deve decidere del suo destino. In questo senso va la telefonata suddetta, che Zelensky ha insistentemente chiesto e ottenuto e che all’Amministrazione Usa non è piaciuta affatto. Tanto più che il presidente ucraino, a differenza di quello americano, non ha mai chiuso la porta al piano cinese, giudicandolo non solo interessante ma anche potenzialmente decisivo. La settimana scorsa peraltro, quando è iniziata a circolare insistente la voce della mediazione del Vaticano, l’americana Cnn aveva smentito riportando le parole di una supposta «fonte vicino alla presidenza ucraina» secondo cui «Zelensky non ha dato alcun consenso a una discussione di questo tipo per conto di Kiev», aggiungendo che «se colloqui sono in corso, «stanno avvenendo senza che noi ne siamo a conoscenza e senza la nostra benedizione». Insomma, quella cinese e quella del Papa sono le due strade maestre e per il momento le uniche percorribili per arrivare a una soluzione pacifica del conflitto, ma non saranno politicamente gratis. Washington ha avvisato.

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