Alluvione Emilia, quei 55 milioni che Schlein e Bonaccini non sono stati in grado di spendere per mettere in sicurezza il territorio

Di Sandro Iacometti per Libero

Il lavoro deve essere «di qualità», l’impresa «buona» e «le politiche sociali devono essere rimesse al centro dell’agenda». Senza dimenticare l’importanza degli «investimenti sulle piste ciclabili» e del «trasporto pubblico più sostenibile». A sentire parlare Elly Schlein, reduce da «un bellissimo» tour a sostegno dei candidati in Lombardia e veneto, viene da chiedersi perché non abbiano fatto segretario del Pd Nicola Fratoianni. A sparacchiare qualche vuoto slogan buonista era capace pure lui, che in più non porta il trench, ha un decennio di esperienza parlamentare alle spalle e si capisce quando parla.

C’è stato un tempo, però, in cui la numero uno del Nazareno i conti con la realtà, volente o nolente doveva farli. Il problema è che spesso non tornavano. Come quando tra il 2021 e il 2022, con Stefano Bonaccini presidente dell’Emilia-Romagna e lei vice, la Regione ha dovuto restituire al ministero delle Infrastrutture 55,2 milioni di euro su 71,9 complessivi per l’incapacità di spenderli nei tempi previsti. Già così viene un po’ da ridere, considerate le continue accuse al governo sui ritardi nella messa a terra del Pnrr.

Ma il bello è che quei soldi avrebbero potuto contribuire a contenere il disastro che si è scatenato sul territorio con le alluvioni di qualche giorno fa. Stando a quanto scritto dal direttore di Open, Franco Bechis, che si è andato a spulciare i rapporti della Corte dei Conti, nell’elenco degli interventi previsti in quei finanziamenti perduti c’erano pure «la manutenzione ordinaria per la sistemazione della rete idrografica del bacino Lamone», «i lavori di sfalcio, taglio vegetazione riprofilatura e ripristino sponde in frana tratti saltuari nei corsi d’acqua dei bacini del torrente Idice e del torrente Sillaro», «gli interventi urgenti d’emergenza nei corsi d’acqua dei bacini del torrente Idice», quelli «d’emergenza nei corsi d’acqua dei bacini del torrente Sillaro», nonché i «Lavori di sfalcio, taglio vegetazione riprofilatura e ripristino sponde in frana in tratti saltuari dei torrenti Idice, Savena, Sillaro, Quaderna, Gaiana e Fossatone» e i «Lavori di Manutenzione del torrente Ravone». Insomma, opere di manutenzione di gran parte dei corsi d’acqua esondati.

PASTICCIO
Possibile che i solerti amministratori del Pd, oggi a capo del partito, abbiano combinato un tale pasticcio? Macché, è tutto un abbaglio. «Open», ha risposto con solerzia la Regione, «ha avuto notizia di un rilievo della Corte dei conti, datato e comunque già superato, rispetto a fondi stanziati per la navigazione sul Po, sistema idroviario Padano-veneto, che nulla hanno a che fare con la sicurezza idraulica e la prevenzione del dissesto». In ogni caso, fanno sapere, «tali risorse risultano già recuperate e tuttora nella disponibilità della Regione grazie ad un accordo con il Ministero». In altre parole, Matteo Salvini ha salvato capra e cavoli rifinanziando il piano. Quanto agli scopi degli stanziamenti Bechis continua a sostenere che nell’incartamento c’è ben altro rispetto alla navigazione del Po’. Anche se fosse, resta il fatto che quei 55 milioni dovevano essere spesi entro il 2022 e invece, come afferma la Regione, saranno impiegate nel piano triennale per la navigazione interna che è stato «approvato dalla Giunta in una delle ultime sedute». In pratica, tutto è ripartito da zero. Con un paio di anni di ritardo.

PASSO FALSO
Il passo falso sulla spesa dei fondi non è comunque l’unica cosa che la Schlein ha dimenticato della sua permanenza al governo dell’Emilia-Romagna. Tra le poche cose su cui ha deciso di prendere una posizione netta c’è infatti il no all’autonomia. «Siamo assolutamente contrari», ha ribadito ieri da Treviso, «a questa forzatura di Calderoli, che ha scavalcato il confronto pieno con Regioni e con il Parlamento. E pensiamo che quella proposta divida ulteriormente un Paese che ha bisogno invece di essere ricucito nelle sue fratture». Pronta la replica del leghista Fabrizio Cecchetti: «Certo stupisce che la Schlein che ogni giorno ripete ossessivamente che l’autonomia è pericolosa e spacca il Paese, per due anni e mezzo, dal 2020 al 2022, da vice presidente della Regione Emilia-Romagna non abbia mai detto una parola contro l’autonomia portata avanti dalla sua giunta regionale. Eppure parliamo sempre della stessa Schlein, no? Dubito si tratti di un’omonima». Nessuna risposta, ovviamente, dalla segretaria del Pd, che è troppo impegnata a snocciolare la sua agenda. Tra cui, oltre all’equità, alla lotta al precariato e alle disuguaglianze, al rilancio della scuola pubblica, agli affitti per tutti e alla pace nel mondo c’è anche lo sgambetto al piano del governo, in collaborazione con l’Eni, per rendere l’Italia indipendente dal gas di Putin. «Ho sentito dire», ha spiegato, riferendosi a dichiarazioni dell’ad di Eni, Claudio Descalzi, che da paesi come l’Egitto se dai ricevi. Voglio chiedere al governo se tra le cose da dare per ricevere è considerata anche l’impunità dei torturatori e degli assassini di Giulio Regeni». Peccato che quando Regeni è stato ucciso al governo c’era il Pd e non risulta che nessuno abbia mai chiesto all’Eni di bloccare gli acquisti di gas e le attività in Egitto, dove l’azienda è presente dal 1954 e dove ha continuato a fare affari senza che né Renzi né Gentiloni abbiano mai storto il naso.

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