di Marco Canestrari su Twitter
QUESTO NON È UN ELOGIO DI LUIGI DI MAIO
Lo scrivo ben chiaro e lo ripeterò più volte perché sia cristallino che non ho alcuna intenzione di giudicare positivamente la storia politica dell’ex ministro né l’opportunità del suo nuovo incarico come inviato speciale dell’UE nel Golfo Persico.
La sua parabola, che non lo redime dalle stupidaggini dette, fatte, pensate o propagandate, è però non tanto – non solo? – indicativa dello stato pietoso della politica italiana o internazionale; non tanto – non solo? – uno schiaffo a chi si prepara, studia, sogna una carriera diplomatica e si vede sorpassato da chi ha beneficiato di una stagione politica senza particolari meriti.
È indicativa – ripetendo che questo non è un elogio di Luigi Di Maio – dell’importanza dei collaboratori e dei consiglieri.
Non è un sempre un bene – in questo caso non penso lo sia – ma spesso scegliersi collaboratori competenti è più importante delle competenze che si hanno.
Per essere chiari mi ripeto: questo non è un elogio di Luigi Di Maio.
È piuttosto un elogio ai suoi consiglieri (uno in particolare, che non cito perché ha un ruolo pubblico – guess why – e non ho modo di sapere se gradisca essere citato, e NON mi riferisco a Casalino) che hanno saputo gestire la sua immagine, comunicazione, posizionamento ancora quando era nel Movimento 5 Stelle, consentendogli una carriera che sarebbe inevitabilmente finita come quella di Giancarlo Cancelleri, a leccare le scarpe a Schifani, o Toninelli, re del cringe su TikTok.
Di Maio, grazie a chi lo affiancava, ha capito prima di altri la necessità di affrancarsi da Casaleggio e l’ha fatto silenziosamente, risparmiandosi un massacro che, all’epoca, sarebbe certamente arrivato.
Non ha mai rinnegato pubblicamente la sua esperienza politica né il suo rapporto con Gianroberto Casaleggio, e questo è uno dei motivi per cui questo non è un elogio di Luigi Di Maio, e ha saputo furbescamente riposizionarsi quando la stagione del successo dei Cinque Stelle stava finendo.
Non gli è riuscito di riprendere in mano il partito: forse questa è stata la sua più grande fortuna. Non merito: fortuna. Ci ricordi, questa storia, quanto sia importante circondarsi di collaboratori capaci di estrarre valore perfino dove proprio non c’è.
E buon lavoro al più inadatto inviato che la UE abbia mai nominato per qualsiasi ruolo
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