“Mentre mia figlia moriva, era in tv a fare lo splendido” L’attacco sacrosanto del dottor Maurizio Federico al sedicente espertone Franco Locatelli, divenuto celebre per essere uno degli infami esecutori della feccia capeggiata da Speranza

Maurizio Federico (ISS): “No a depenalizzazione colpa medica: responsabilità reazioni avverse da vaccino Covid è soprattutto di chi ha dato le direttive. Locatelli corresponsabile della morte di Lisa”

Maurizio Federico, responsabile del Centro nazionale per la Salute globale dell’Istituto Superiore di Sanità, ha dichiarato in un’intervista esclusiva a Il Giornale d’Italia: “Depenalizzare la colpa medica è un provvedimento strumentale: in caso di reazione avversa al vaccino Covid non solo è responsabile il singolo medico che ha iniettato il farmaco (e magari non ha fatto i dovuti esami preliminari), ma intero sistema. Non bisogna ignorare da chi venivano le direttive“.

Riportiamo fedelmente l’intervista de Il Giornale d’Italia


Il dott. Maurizio Federico, esperto virologo e responsabile del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità, in un’intervista esclusiva rilasciata a Il Giornale d’Italia (si precisa che le dichiarazioni sono rilasciate a titolo personale).

Il dott. Federico ha subito un grave lutto: sua figlia, Lisa Federico, ha perso la vita a 17 anni dopo un trapianto di midollo osseo. Lui e sua moglie Margherita Eichberg hanno accusato Pietro Merli e Maria Rita Pinto, medici del Bambin Gesù di Roma, di aver commesso errori inaccettabili nei suoi confronti.

La famiglia ha anche portato in causa il dott. Franco Locatelli, medico che nel marzo 2021 è stato coordinatore del Comitato tecnico scientifico per il Covid, e dal 2010 è direttore del dipartimento di oncoematologia, terapia cellulare, terapie geniche e trapianto emopoietico all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, dove era ricoverata Lisa.

Come commenta la posticipazione dell’udienza preliminare nei confronti degli indagati? 

Il processo sta seguendo due filoni, quello che riguarda Locatelli e quello nei confronti di Merli e Pinto. Per quanto riguarda Locatelli siamo in attesa della decisione del pm che ci ha detto di aver chiuso le indagini ma deve ancora comunicarci cosa chiederà al Gup, se archiviare o rinviare a giudizio.

Il 5 aprile, in sede di udienza preliminare il Gup Bruno Azzolini, capo dei Gip del Tribunale di Roma, ha deciso che gli serviva un’altra perizia oltre a quella presentata dal pm, per prendere una decisione nei confronti di Merli e Pinto. La cosa che ci ha molto sorpreso è che, pur avendo in mano gli stessi documenti e non più di due mesi prima, la Gip Francesca Ciranna  aveva scritto nero su bianco che questi due medici avevano una ragionevole previsione di condanna.

Ciranna lo ha scritto nella sua ordinanza nella quale accoglie la nostra opposizione all’archiviazione dell’indagine su Locatelli chiesta dal pm.

Dunque due giudici dello stesso tribunale hanno decretato due cose opposte con le stesse carte. Comunque, Azzolini è nelle sue facoltà. Ci ha detto che non è riuscito a trovare un perito disposto a redigerla.

Andando nell’interpretazione dei fatti, è facile intuire quali siano le difficoltà di un perito. Le carte cantano, descrivono crudamente l’operato di questi due medici. Quindi o rischia di dire cose contestabili, o rischia di mettersi contro un’organizzazione, il Bambin Gesù e il Vaticano, potentissima.

Cosa si contesta a Franco Locatelli? 

Franco Locatelli è il responsabile delle terapie cellulari in cui era ricoverata. Pietro Pollidori, il pm, all’inizio lo aveva indagato insieme agli altri due medici. Per lui aveva chiesto l’archiviazione, ma, appunto, noi ci siamo opposti e la Gip Ciranna ci ha dato ragione.

Innanzitutto, lui ha cercato di discolparsi dicendo che non aveva mai visto o visitato Lisa, ma noi abbiamo le prove che, invece, era successo almeno 3 volte. Era perfettamente a conoscenza della situazione, oltre ad a ricoprire un ruolo di vigilante.

In più il suo reparto ha inanellato una serie di errori clamorosi mentre lui era in Tv a fare lo splendido con il Cts. Tutto è partito da una donazione sbagliata di midollo osseo. Non hanno accettato suo fratello biologico come donatore e ne hanno cercato un altro compatibile. Hanno scelto una donna tedesca, ma aveva 30 anni in più di Lisa e pesava 12 chili di meno. Il peso è fondamentale perché determina quante cellule può produrre. In questo caso, la donatrice ha dato meno di 1/3 del necessario.

Questo ha comportato un secondo problema: non hanno levato i globuli rossi della donatrice, con la quale Lisa era incompatibile. Lisa era gruppo sanguigno 0, la donatrice AB, e Lisa era piena di anticorpi anti-A e anti-B (anche perché i medici hanno fatto una sola plasmaferesi per “ripulirle” il sangue da questi anticorpi e hanno proseguito nonostante non fosse andata a buon fine).

I globuli rossi, solitamente, non sono importanti per il trapianto di midollo perché vengono tolti (sono importanti, invece, le cellule ematopoietiche). Nel suo caso, essendo già le cellule ematopoietiche troppo poche, hanno deciso di non levare i globuli rossi per non rischiare di perderne altre. Dunque queste 13 ore di trasfusione sono state uno sbaglio enorme: si è attivata l’emolisi che rilascia l’emoglobina che, quando libera, è tossica.

Per il Bambin Gesù la causa del decesso è stato un batterio nosocomiale (cioè che si prende in ospedale, ndr) multiresistente contratto l’ultima settimana. Peccato che questo batterio si chiami anche “batterio becchino”: attecchisce dove un corpo è già distrutto e martoriato, come appunto quello di Lisa. Lisa stava molto male già da prima.

Cosa ne pensa delle ultime dichiarazioni del ministro Schillaci sulla volontà di depenalizzare la colpa medica? 

Ho sentito. Innanzitutto, mi sembra assurdo dover anche solo specificare che non si vuole togliere la responsabilità penale a coloro che agiscono con dolo. Anche perché sono pochissimi casi. Il problema non è il dolo, ma la colpa, la colpa grave: anche senza farlo apposta, i danni permangono.

Anche perché, nella maggior parte delle cause, chi viene ritenuto colpevole se la cava con condanne simboliche, spesso senza fare un giorno di galera. Se è vero che il 70% delle cause contro i medici finiscono con un’assoluzione, significa anche che il 30% finisce con la condanna: non è una percentuale irrisoria.

Per quanto sia plausibile un sovraccarico del sistema giudiziario a causa delle denunce più incredibili, la soluzione del ministro Schillaci sarebbe come buttare via il bambino con l’acqua sporca, cioè annullare l’ipotesi che ci possano anche essere denunce sensate. Ci sono altri metodi per snellire il sistema: ad esempio, si possono fare analizzare alla fonte le denunce da medici legali.

Non è vero che la colpa medica non si possa definire: bisogna affidare l’analisi ad esperti esterni che non hanno conflitti di interessi. L’obiettivo di queste cause, la nostra compresa, non è mandare alla forca: noi vogliamo denunciare difetti sistemici. Per noi che abbiamo subito 5, 6 o più errori gravissimi compiuti da persone diverse significa, ad esempio, denunciare che ci siamo trovati in una struttura piena di clienti che non riesce più a stare dietro a tutte le richieste.

Tutti si ammucchiano, non può esserci attenzione. Per fare un esempio: ricordo quando portavamo Lisa al Day Ospital… mia figlia ha dovuto fare le trasfusioni in piedi perché le poltrone erano già state occupate da altri. 100 o 150 bambini in 4 o 5 stanze. La gente faceva la fila da prima delle 7.

Proposta di depenalizzazione colpa medica e danni da vaccino, protocollo vigile attesa e tachipirina. Lei ci vede qualche correlazione? 

Il Governo di ora non è lo stesso della pandemia, almeno formalmente. Il problema, però, sono le organizzazioni intermedie e i sindacati dei medici in cui non c’è stato ricambio e sono in grado di fare pressioni non indifferenti.

Negli anni ’90, se non sbaglio, Carlo Nordio cercò di proporre un provvedimento simile che venne sbarrato. Non ci sono prove documentali per dire che riproporlo ora sia per questa ragione, ma certamente fa pensare. Sembra un provvedimento azzardato o strumentale.

Si può comunque disquisire che il medico è indotto a fare certe cose, anche sbagliate e sbagliatissime, perché si trova all’interno di un sistema. Comunque il cittadino deve poter usufruire della Giustizia anche penale, non solo civile. Durante la pandemia i medici sono stati precettati: hanno avuto pressioni importantissime dal punto di vista delle lobby mediche e dalla governance del ministero, da cui venivano gli ordini.

I medici avrebbero potuto fare obiezione di coscienza? Chi l’ha fatto è stato cacciato. In caso di reazione avversa, secondo me, non si può focalizzarsi solo sul singolo medico che ha iniettato il farmaco (e magari non ha fatto i dovuti esami preliminari), ma bisogna concentrarsi sull’intero sistema, senza ignorare che è da loro che venivano le direttive.

Leggendo le vostre interviste al dott. Barbaro e al dott. Mantovani direi che le loro opinioni in merito al vaccino Covid e alle reazioni avverse sono ben assodate, dei punti di partenza più che d’arrivo. Bisogna dare la possibilità a ricercatori e scienziati indipendenti di indagare la possibilità che la campagna vaccinale possa avere causato danni. Quando si somministra un farmaco a 50 milioni di persone, se anche fosse una strettissima minoranza ad aver riscontrato delle reazioni avverse, in numeri assoluti stiamo sempre parlando di diverse migliaia.

Lo Stato dovrebbe farsi carico di lanciare uno studio nazionale.

 

 

 

Chi è Maurizio Federico

Il dott. Maurizio Federico, esperto virologo e responsabile del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità. Si è laureato nel 1982 in Scienza Biologiche all’Università di Roma La Sapienza (110 e lode). Dopo la laurea, Maurizio Federico ha svolto un internato presso il laboratorio di Virologia dell’Iss. E ancora: tra il 1985 e il 1992 è stato ricercatore presso il laboratorio di virologia dello stesso Istituto superiore di sanità; tra il 1992 e il 2005 è stato ricercatore di ruolo presso il Dipartimento di malattie infettive e parassitarie; dal 2006 ad oggi è direttore del reparto “Patogenesi e Retrovirus” presso il centro nazionale AIDS. E, infine, dal 2007 ad oggi anche Dirigente di ricerca presso il Centro Nazionale AIDS dell’Iss.

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