“La verità su quell’orso”. Dopo la morte di Andrea Papi, Licia Colò si schiera contro l’abbattimento: alle sue parole contrapponiamo il punto di vista di chi vive in montagna

Andrea Papi, giovane 26enne, è stato aggredito nei boschi lo scorso 5 aprile. Tramite specifiche analisi è risultato che, il runner trentino, è stato attaccato da uno degli orsi presenti in quella zona, precisamente l’orsa Jj4. Subito dopo quanto accaduto, sono scoppiate grosse polemiche riguardo l’abbattimento, o meno, dell’animale protagonista dell’aggressione. A parlare è stata anche la famosa Licia Colò, conduttrice televisiva e grande amante degli animali.

La divulgatrice scientifica ha innanzitutto voluto specificare che gli abitanti di Caldes non sono mai stati entusiasti della presenza degli orsi nei loro boschi. Licia Colò ha affermato fortemente che, dati anche i soldi presi dalla comunità europea, la gente doveva essere informata di tutte le potenzialità della presenza degli animali sul territorio. La conduttrice aggiunge anche che, data la reintroduzione degli orsi, tra cui l’orsa Jj4, al popolo doveva essere spiegato come imparare a conviverci, cosa che invece non è accaduta.

Durante l’intervista a La Stampa, Licia Colò ha dichiarato che si tratta ovviamente di una grandissima tragedia, vista l’aggressione a morte dell’orsa Jj4. Allo stesso tempo però lei afferma quanto non sia per niente giusto, a suo modo di vedere, che adesso sia solo l’animale a doversi assumere tutte le responsabilità di quanto avvenuto. Ovviamente, per la Calò, la soluzione non è quella di far restare l’esemplare in quella zona e non prendere, dunque, alcun tipo di decisione al riguardo.

Allo stesso tempo però, per lei, la decisione da prendere sembra essere una ed ovvia: “Non sarebbe mai dovuto accadere. Ma abbatterla ed eliminare altri orsi problematici è scorretto. Siamo noi che li abbiamo messi lì e poi abbiamo cambiato idea”. Licia Calò dunque è convinta che la soluzione si possa trovare, spostando ad esempio l’orsa dalla zona e catturarla, così da farle vivere il resto dei suoi giorni in gabbia.

Anche la madre del giovane Andrea ha rilasciato delle dichiarazioni, dopo la sua morte. Anche per la donna la colpa non può ricadere sull’orsa, ma sulla cattiva gestione da parte di coloro che hanno dato vita al progetto Life Ursus. La mamma aggiunge: “L’abbattimento dell’orso non mi ridarà Andrea”.

L’ORSO, IL LUPO, IL CITTADINO E IL MONTANARO.
di Alexis Vallet (residente in Vald’Aosta) da Facebook
“So’ tutti f…. con il c… degli altri” diceva il mitico Ricucci negli anni della finanza spericolata.
E questo è un po’ l’atteggiamento che ha una parte dell’opinione pubblica riguardo a temi come quelli della reintroduzione dei grandi carnivori.
Perché ben diversa è la sensibilità di chi vive in una città e le montagne e i boschi li visita nei fine settimana o nelle vacanze, rispetto a chi in quelle montagne ci vive e grazie a quelle montagne mantiene la propria famiglia.
A. Bisogna partire, a mio avviso, da come sia fuorviante la narrazione di un mondo arcaico e selvaggio che per quel che riguarda le nostre aree montane, semplicemente non esiste. Nelle nostre valli ci sono villaggi, case, scuole, campi coltivati, attività ricettive, impianti sportivi, stalle, palestre,… E per fortuna aggiungiamo, visto che sono decenni che cerchiamo disperatamente di combattere lo spopolamento delle alpi che sembrava ineluttabile fino a qualche tempo fa. Quindi il primo punto è che la Valle d’Aosta (o l’Alto Adige o il Trentino) non sono l’Alaska. Non siamo la Valle incantata e disabilitata che qualcuno auspica. Siamo valli montane in cuI viviamo e lavoriamo
B. Viviamo un mondo antropocentrico. L’uomo viene prima. L’uomo incanala l’acqua per irrigare i campi e portare acqua nelle case, l’uomo estrae minerali per scaldarsi, per muoversi, per costruire telefoni o computer, l’uomo alleva bestiame per produrre cibo, seleziona animali o semi innovativi per avere una resa maggiore delle coltivazioni, …. E lo fa per migliorare la sua condizione, da sempre. E questo non può essere un concetto a fasi alterne. Tra la sicurezza di un uomo e quella di un animale quella dell’uomo viene prima. Sempre.
C. Quanto detto sopra è dimostrato dal fatto che per quasi tutte le specie animali, nei paesi civili, esistono piani di gestione. Viene valutato, quanto più scientificamente possibile, il numero massimo di animali di una determinata specie che viene considerato equilibrato su un determinato territorio. Tot Cervi, tot caprioli, tot camosci,…. E i numeri in eccesso vengono spostati o abbattuti. Per il cinghiale si parla persino di eradicazione della specie in certi areali. Piani di gestione che vengono sospesi solo in caso di rischio di estinzione di specie autoctone. Ora è evidente anche al più cieco dei tifosi che oggi né il lupo né l’orso siano più lontanamente a rischio di estinzione. Ma perché non vi devono di conseguenza essere piani per il lupo o per l’orso? Questa distinzione tra animali di seria A e di serie B mi ha sempre incuriosito
D. Poi c’è il fattore vita in montagna. I nostri territori che sono territori di frontiera reggono perché siamo riusciti a valorizzarli turisticamente, con produzioni agricoli di qualità, con allevamenti che tengono insieme un territorio. Ma tutto rimane infinitamente delicato tanto che una realtà come la valle d’aosta, ha perso il 10% della sua popolazione negli ultimi 10 anni. Vivere la montagna non è starci in vacanza, e richiede sacrificio e idee. Introdurre artificialmente animali pericolosi che rendono ancora più difficile un contesto già duro ha davvero senso? Con che coraggio da un quartiere di milano chiedete all’abitante di trento di non far più uscire i bambini di casa per il rischio che vengano sbranati da un orso, o a un agricoltore, che già coltiva superfici complesse che aveva solo da addestrare 4 maremmani per salvare il suo gregge dai lupi, senza spiegare poi come quegli stessi maremmani debbano interagire con decine di migliaia di turisti d’estate?
E. C’è poi anche il concetto di responsabilità che viene usato a fase alterna. Sarei molto curioso di sapere come potrebbe finire un processo riguardante il caso del ragazzo morto in trentino a chi solo 2 anni fa ha bloccato ogni intervento di controllo su un orso che si era già evidentemente dimostrato aggressivo (esultando per il fatto che fosse lasciato in piena libertà) e che 2 anni dopo ha ucciso una persona. Associazioni che hanno proposto il ricorso, giudici del TAR,… ecco a chi si può addossare una diretta responsabilità per quello che è successo.
E dunque? Dunque Equilibrio, onestà intellettuale e gestione. Ciò che l’uomo civilmente fa in ogni argomento, deve fare anche in questo caso, ma rivolgendo le maggiori attenzioni a chi poi le scelte le subisce. Magari solo con il lavoro, magari solo obbligato a trasferirsi, ma a volte, come abbiamo visto, persino con la vita e questo non è accettabile

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