“Ha fatto finta che fossero mascherine irregolari per favorire gli affari dell’amichetto” Arcuri, nuova allucintante scoperta sul plenipotenziaro del covid che il parassita D’Alema impose ai suoi burattini Conte e Speranza

Estratto dell’articolo di Giuseppe Scarpa per “la Repubblica – Roma”

Un’azienda importa milioni di mascherine di qualità in piena pandemia e viene penalizzata dalla struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri. Un’altra società, nello stesso periodo, importa prodotti di pessima qualità – come segnalato in fase di sdoganamento – e la struttura commissariale gli costruisce ponti d’oro per distribuire le mascherine nel Paese.Un doppiopesismo sospetto che ha portato la procura di Roma ad indagare Arcuri per abuso d’ufficio, salvo poi chiedere l’archiviazione per mancanza di “dolo intenzionale”.

[…] anche se la vicenda probabilmente non approderà a processo, tanti sono i punti interrogativi di questa storia che merita di essere raccontata. Anche perché la stessa società ingiustamente danneggiata, la Jc Electronics, si prepara a chiedere un risarcimento miliardario allo Stato.

[…] Una bocciatura avvenuta a causa di una svista da parte della stessa struttura commissariale che si era dimenticata di inoltrare al Cts i documenti che la Jc gli aveva inviato e che testimoniavano che le Ffp2 e le Kn95 importate avevano superato con successo tutti i test.

Cosa accade quindi? Il Cts formula un parere di diniego di validazione: le mascherine non vanno bene. Arcuri, che ha in mano la risposta del Cts, impugna il contratto e annulla la commessa. Tuttavia Jc aveva già importato le mascherine e aveva anticipato le spese milionarie. Ma soprattutto, quel maledetto luglio del 2020, Jc viene estromessa dalla struttura commissariale senza che le venga chiarito il motivo dell’esclusione, cosa che le avrebbe permesso di far notare che la documentazione che attestava la qualità dei prodotti era stata mandata via pec. […]

A compiere l’errore era stato Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale che non aveva inoltrato la mail della Jc al Cts condannando la società a perdere la commessa milionaria e il Paese, in quel momento affamato di mascherine, ad avere prodotti di qualità.

Tuttavia nello stesso periodo accade qualcosa di singolare. A spiegarlo è il nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza nell’informativa finale: « La scrupolosità seguita dalla struttura commissariale per le mascherine della Jc non sembrerebbe essersi registrata con gli acquisti in Cina delle mascherine fatte dalla stessa struttura con la mediazione del giornalista Rai Mario Benotti. In particolare, le mascherine importate da Benotti presentavano delle criticità sia in fase di sdoganamento che in relazione all’autenticità delle certificazioni».

[…] La commessa gestita da Benotti, 1 miliardo e 200 milioni di euro per ottocento milioni di mascherine quasi tutte farlocche, ha portato la procura a chiudere un’indagine con accuse a vario titolo di abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture e traffico di influenze nei confronti di Arcuri, il suo braccio destro Fabbroncini e per il mediatore Benotti. […]

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