“Non ci sto” Egonu e italiani razzisti, Maurizia Cacciatori, icona italiana del volley seppellisce da gran signora la miracolata milionaria che gioca alla piangina

di Max del Papa per il blog di Nicola Porro

La blonda y la nigra, la ex diva e la divetta attuale, l’antirazzismo del buon senso e l’omnirazzismo del capriccio e della malafede. La icona del volley anni Duemila, Maurizia Cacciatori, a mezzo intervista dà qualche materno consiglio alla ‘successora’ Paola Egonu: “Non ci sto a dire che gli italiani sono razzisti. L’Italia vuole bene a Paola, le ha insegnato a giocare a volley e lei ne è consapevole. Comunque apprezzo che poi abbia riconosciuto di essere andata oltre il segno. Forse ha ceduto al ricordo e alla rabbia di certi episodi. Paola ha davanti tante bambine e deve sempre dare buoni messaggi. Il razzismo va combattuto, ma questo Paese va oltre certe cose. Un po’ di autocritica le farà bene”.

L’uscita della Cacciatori ha il pregio della banalità, del dire le cose come stanno, merce in esaurimento in questo tempo di parole false e paracule. Certo, in una pubblica occasione il personaggio pubblico deve esprimersi come si esprime, ma nell’informale da birreria o da palestra il senso è queesto: questa sciocchina fa più male che bene, a lei stessa anzitutto, non si rende conto di essere manovrata da un sistema che la vuole antirazzista, cioè sciocca, a vita. Insomma quando cresci, Paola?

Ma quelle come Egonu non crescono mai, loro sono della razza delle Chiara e delle altre influencer che si tatuano addosso scritte quali “tutto e subito”. Cioè io al centro del mondo e il resto non esiste. Infatti Egonu non denuncia il razzismo ma il “suo” razzismo, ne fa una questione privata che comincia e finisce con lei, al massimo con la mamma che si vede servire un caffè freddo. Che poi la sinistra imbecille ne faccia una causa universale si può capire, ma solo tenendo conto il livello di cialtronaggine e di malafede cui questa sinistra si è ridotta.

Egonu è appena tornata dalla democratica Turchia con contratto milionario e sponsor assicurati, che pesano più dei soldi perché sono quelli che condizionano i media con la pubblicità; ma è anche una di quelli che da Sanremo sono usciti distrutti essendo il festival infido per sua natura: se non lo sai gestire, se non capisci che è una bestia cangiante, dalla volgarità strategica, dalla trasgressione apparente, ma pur sempre sacra rappresentazione votata a conformismo borghese, quella bestia ti divora e ti risputa in ossa. Impresari, manager, consulenti, addetti all’immagine e alle dichiarazioni tengono conto, e non mancano di ricordarglielo, che Sanremo è diramazione del potere democratico e piddino, presidenziale e nella Rai, ma non bisogna esagerare: la campionessa, che nella apologia di se stessa ci crede come ci credono quelli convinti di meritare “tutto e subito”, è andata oltre, si è presentata con una raffica di dichiarazioni allucinanti, in questo paese di merda fare un figlio mai, poi le hanno fatto capire che in quel modo rischiava di rimetterci un bel po’ di soldi, ricchezza che poi si riverbera sull’esercito dei pupazzi e dei pupari a costruzione di simili fenomeni visivi, apparenti. Insomma ci perdevano tutti, da cui il discorsetto finale melmoso, all’insegna del tutto e niente, ma di più niente. Autoagiografico ma sminato, disarticolato.

Oggi un discorso molto più concreto glielo rivolge la cinquantenne Cacciatori è un messaggio dal compatimento affettuoso, quasi protettivo: “Paola ha semplicemente dosato male le parole. La Nazionale italiana e la maglia azzurra sono molto amate. E noi quella maglia la vogliamo addosso a lei. Paola ha sofferto molto, ha trattato temi importanti, ma forse ha sbagliato nell’inquadrare le parole nel modo giusto. Ha detto certe cose per mancanza di esperienza e per impulsività”. Ancora tradotto dal frasario diplomatico e un po’ ipocrita imposto dalla dimensione commerciale: cara Egonu comincia a pensare con la tua testa e smettila di fare la mina vagante. Non sai di cosa parli, ma così crei casini a tutto lo sport.

Ma Egonu e chi la manipola difficilmente recepiranno. Troppo concentrata lei sul suo ombelico, il che, ancora una volta, si può capire da una poco più che ventenne già milionaria e con il mondo ai piedi. Solo che le cose non stanno come le vede, le vuol vedere Paola. L’emergenza in Italia non è il razzismo e non è il fascismo, è uno stato di cose per cui un diciottenne che recapita pizzette può venire ammazzato da un coetaneo che, per dimostrare la sua caratura di giovane boss, spara nel mucchio; al che parte subito il coro del parassitismo sociologico napoletano, pur isso è ‘nu bravo guaglione, non voleva uccidere nessuno, è una questione culturale, una questione di contesto, mancano gli investimenti, la solita questione meridionale, il solito gramscismo pelosissimo per dire continuate a foraggiarci così possiamo continuare a farci fuori e più i nostri giovani cadono, innocenti, sacrificati a stupida morte più noi possiamo continuare a pretendere sovvenzioni.

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