Il doppio schiaffo della Cina a Biden: non solo va da Putin nonostante il ridicolo mandato di cattura, ma lavora dietro le quinte per provare a cessare il conflitto

Lo schiaffo di Xi, a Mosca da Putin: viaggio di pace o viaggio di guerra?

È l’unico insieme al Papa a tentare la via della diplomazia a dispetto di quella delle armi

di Luca Marfé per Il Mattino

A Mosca per la pace o a Mosca per la guerra?

È la domanda che il mondo intero si pone, a margine del viaggio di Xi Jinping in Russia.

In ogni caso: uno schiaffo.

Un ceffone (assai poco) diplomatico all’Ucraina e all’Europa, ma ancor di più agli Stati Uniti, alla Nato e alla Corte Penale Internazionale che soltanto una manciata di giorni fa ha emesso un mandato di arresto per Vladimir Putin.

Crimini di guerra, dice l’Aja.
Al fianco dell’alleato, risponde la Cina.

Ma si torna al punto di partenza: cosa ci fa Xi Jinping a Mosca?

Pechino aveva già presentato un piano di pace, bocciato sonoramente da tutti, per la verità senza neanche essere troppo preso in considerazione.

Il dragone allora ci riprova e, almeno in questo momento ma oramai da più di un anno, è l’unico insieme al Papa a tentare la via della diplomazia a dispetto di quella delle armi.

Certo è che Putin non aiuta, mentre un attimo prima si lascia fotografare fiero nella Mariupol che lui e il suo esercito hanno distrutto.

Certo è pure che Xi si schiera comunque in maniera chiarissima. Perché sì «viaggio di pace» e «ruolo costruttivo nel promuovere i negoziati», ma con la menzione a ogni possibile occasione del «migliore amico» e della «partnership senza limiti».

Va ammesso, però, che la Cina si sta effettivamente dando da fare.

Fresca di poche ore, infatti, è la notizia delle relazioni diplomatiche riallacciate tra Arabia Saudita e Iran, nemici giurati che sono tornati a parlarsi proprio grazie alla tela tessuta con pazienza da Pechino. Insomma, per quanto fidarsi sia bene ma non fidarsi sia meglio, qualcuno a Oriente ci sta provando. Con l’Occidente che tuttavia non ci sta e rispedisce tutto dritto al mittente.

È l’ambasciatrice ucraina a Washington Oksana Markarova a sbottare per prima:
«Speriamo che la Cina non diventi complice di questa orribile guerra».

Ma Xi Jinping non ci sta a sua volta a prendere lezioni da Ovest e rimarca forte che «La Cina vanta invece una posizione oggettiva e imparziale sull’Ucraina».
Difficile etichettarlo come neutrale, ovviamente, ma forse meno schierato di altri, evidentemente più schierati di lui.

Eppure, a un’analisi accurata e intellettualmente onesta, ciò che colpisce infine è che l’intero blocco occidentale, mentre continua a irrigidirsi sulle sue posizioni e sui suoi container di armi, si ritrovi a prendere lezioni di pace, vera o presunta che sia, da un leader che da molti è bollato come un dittatore.

Saranno 48 ore lunghissime, quelle tra Xi Jinping e Putin.

Ed è chiaro che Biden e compagnia non possano limitarsi a criticare tutto e basta. Ma, Stati Uniti in testa, debbano viceversa trovare un varco per infilarsi in questo discorso.

Con la speranza, di chi scrive e di chi legge, che si possa finalmente trattare di un autentico discorso di pace.

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