Raddoppiato negli ultimi 20 anni il consumo dei farmaci più pericolosi: sono gli antidepressivi la nuova ‘droga’ consigliata per rintronare sempre più le persone

di Gloria Ferrari per l’Indipendente

I dati elaborati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) parlano chiaro: dal 2000 al 2020 l’uso di antidepressivi è più che raddoppiato in almeno 18 Paesi europei. Se vent’anni fa nel continente si consumavano in media 30,5 pasticche al giorno ogni mille persone, oggi ce ne servono 75,3, con un aumento del 147%.

Certo, guardando sul lungo tempo, non tutti gli Stati annoverano aumenti identici. Se si tiene conto del punto di partenza, cioè della differenza di pillole assunte tra il 2000 e il 2020, ad aggiudicarsi il podio è la Repubblica Ceca, che nello stesso periodo ha registrato l’aumento più elevato, con il +577%, passando da 10 pillole al giorno ogni mille abitanti a 66.

Aumento in percentuale dal 2000 al 2020\ Fonte OECD, Euronews
Aumento in percentuale dal 2000 al 2020\ Fonte OECD, Euronews

Una variazione, invece, molto più ridotta ad esempio in Francia, dove la dose è aumentata ‘solo’ del 38% (da 40 a 55). Picchi piuttosto elevati sono stati registrati invece anche in Portogallo (+304%), Spagna e Germania (+200%). La Danimarca è l’unico paese a vedere una diminuzione dell’uso di antidepressivi, considerando però solo gli ultimi 10 anni (dal 2010 in poi), con un calo del 4%.

Focalizzandoci sul 2020, invece, a sorpresa il primo posto è occupato dall’Islanda, con 153 pasticche al giorno ogni mille persone, a cui seguono Portogallo (131), Regno Unito (108), Svezia (105) e Spagna (87).

Numero antidepressivi giornalieri ogni mille abitanti, periodo 2000-2020\ Fonte OECD, Euronews
Numero antidepressivi giornalieri ogni mille abitanti, periodo 2000-2020\ Fonte OECD, Euronews

Quest’ultima, tra l’altro, nello stesso anno ha speso 649 milioni di dollari per l’acquisto delle pillole (2,7% dell’intera vendita di farmaci), superata dalla Germania con 812. In questa classifica l’Italia si piazza al terzo posto, con 456 milioni di dollari (1,7% del totale).

Spesa in antidepressivi nel 2020\ Fonte OECD, Euronews
Spesa in antidepressivi nel 2020\ Fonte OECD, Euronews

Ma per quale motivo negli anni i numeri si sono impennati? Gli esperti chiariscono subito una cosa: i dati dimostrano che non è corretta la correlazione tra felicità e consumo di antidepressivi. Tant’è che nonostante la Svezia abbia avuto nel 2020 la quarta più alta assunzione di pasticche in Europa (105), la sua posizione nella Happiness Report dello stesso anno, – una classifica che valuta la felicità del cittadino, analizzando gli ambienti sociali, urbani e naturali in cui vive – è stata fra le più alte in tutto il mondo. Al contrario la Lettonia, che nel 2020 ha avuto il consumo più basso di antidepressivi con 20 dosi giornaliere, si è classificata al 34° posto nello stesso report sulla felicità.

La variazione dell’assunzione di pillole, a detta dei ricercatori che hanno studiato le influenze sulle tendenze di prescrizione di antidepressivi nel Regno Unito tra il 1995 e il 2011, sembrerebbe piuttosto influenzata dal miglioramento della capacità di diagnosticare e riconoscere la depressione. E ancora dalla disponibilità di terapie, dall’evoluzione delle linee guida cliniche, dal cambiamento dell’atteggiamento dei pazienti e degli operatori sanitari (e del loro pregiudizio) e dall’ampliamento della gamma di indicazioni trattate con antidepressivi. Certo, va tenuto anche conto, come evidenziato da recenti sondaggi pubblicati dall’OCSE, che la salute mentale è notevolmente peggiorata anche per via dell’inizio della pandemia di COVID-19.

Stringendo invece l’inquadratura sull’Italia, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) dice che la depressione nel nostro Paese è una delle condizioni che impatta maggiormente sulla salute e sulla qualità della vita (rapporto OSMED sul consumo di farmaci in Italia nel 2021). Si stima che sul nostro territorio circa 3 milioni di persone siano affette da depressione (considerando le varie forme) e che circa il 6% degli adulti tra 18 e 69 anni riferisca sintomi depressivi, più frequenti con l’avanzare dell’età, nel sesso femminile, nelle situazioni socio-economiche più svantaggiate e nelle persone affette da patologie croniche.

I dati dicono che nel 2021 il consumo di antidepressivi abbia rappresentato il 3,4% del consumo totale di farmaci e che le regioni del Centro abbiano un livello di utilizzo superiore di circa il 10% rispetto al Nord e di circa il 30% rispetto al Sud, con un’ampia variabilità regionale e per macro-aree. In quell’anno ha utilizzato antidepressivi circa il 7% della popolazione italiana, con una durata media di trattamento di 8 mesi, anche se un’elevata percentuale di soggetti rimane in trattamento per meno di 6 mesi ed il 12,2% riceve una sola prescrizione. L’AIFA ipotizza che in alcuni di questi ultimi casi forse potrebbe essere indicato un trattamento non farmacologico (nel rapporto si evidenzia che solo una percentuale ridotta di soggetti riceve un trattamento con antidepressivi appropriato), soprattutto alla luce delle recenti scoperte.

Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista accademica Proceedings of the National Academy of Sciences, c’è anche l’abuso di antidepressivi tra le cause della resistenza agli antibiotici. L’esposizione eccessiva e non ponderata a queste molecole, rinforzerebbe le cellule batteriche: i virus al suo interno muterebbero rapidamente per sfuggire all’azione dei farmaci. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dice che la resistenza antimicrobica, cioè la diminuzione dell’efficacia dei farmaci per il trattamento delle infezioni batteriche, è una delle maggiori minacce alla salute globale, allo sviluppo e alla sicurezza alimentare.

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