Un team di ricerca internazionale ha risvegliato un virus di 50mila anni ancora in grado di infettare il suo ospite. I virus āzombieā possono riemergere dal permafrost fuso dai cambiamenti climatici diventando una minaccia per la salute pubblica.
Tra le molteplici minacce legate ai cambiamenti climatici ve n’ĆØ una ampiamente sottovalutata, quella dei cosiddetti virus āzombieā preistorici, rimasti sepolti nel ghiaccio per migliaia e migliaia di anni e ora pronti a rimanifestarsi. A causa del riscaldamento globale che catalizza lo scioglimento del ghiaccio, infatti, questi virus ā ma anche batteri e altri microorganismi ā possono riemergere in superficie e rappresentare un pericolo per i potenziali ospiti, essere umano compreso. Non avendo mai avuto a che fare con essi, il nostro sistema immunitario potrebbe essere completamente impreparato. Il rischio concreto ĆØ che possano diffondersi malattie antichissime e letali per le quali non abbiamo alcuna difesa. L’effetto ĆØ un po’ come quello dei dinosauri di Jurassic Park, che si trovano a vivere in un ambiente completamente diverso da quello originale ma restando comunque pericolosi.
A lanciare l’allarme su questo potenziale rischio ĆØ il professor Jean-Michel Claverie dell’Istituto di Microbiologia, Bioenergia e Biotecnologia presso l’UniversitĆ di Aix ā Marsiglia (Francia), che dal 2014 ha concentrato i suoi studi proprio su questi virus zombie. Nella sua ultima ricerca, condotta con i colleghi dell’Istituto Zoologico dell’Accademia Russa delle Scienze di San Pietroburgo (Russia), del Centro Helmholtz per la ricerca polare e marina di Potsdam (Germania) e di altri istituti, lo scienziato ha analizzato i virus estratti dal permafrost ā il cosiddetto ghiaccio āpermanenteā ā siberiano, che si sta fondendo proprio a causa dei cambiamenti climatici. I virus sono stati estratti dal sottosuolo, da carcasse di animali preistorici e altri campioni biologici emersi dal fiume Lena e dalla Kamchatka. In base alle stime degli esperti, questi microorganismi hanno un’etĆ compresa tra i 27mila e i 50mila anni. In tutto sono state scoperte 13 nuove specie di virus zombie, appartenenti a gruppi tassonomici chiamati Megavirus, Pacmanvirus, Pandoravirus, Cedratvirus e Pithovirus
Il permafrost ricopre circa il 20 percento del territorio dell’emisfero settentrionale, ma come indicato a causa dei cambiamenti climatici sta andando incontro a un processo di scioglimento irreversibile. āSta rilasciando materia organica congelata fino a un milione di anni, la maggior parte della quale si decompone in anidride carbonica e metano, aumentando ulteriormente l’effetto serra. Parte di questa materia organica ĆØ costituita anche da microbi cellulari rianimati (procarioti, eucarioti unicellulari) e da virus che sono rimasti dormienti sin dalla preistoriaā, hanno spiegato il professor Claverie e colleghi nell’abstract del nuovo studio pubblicato su Viruses.
Il ceppo piĆ¹ antico risale esattamente a 48.500 anni fa ed ĆØ stato isolato da un campione prelevato da un lago sotterraneo. Si tratta del Pandoravirus yedoma, che sottoposto a test in laboratorio ha dimostrato di aver mantenuto la sua capacitĆ di infettare amebe del genere Acanthamoeba, nonostante le decine di migliaia di anni trascorse sepolto nel permafrost. Anche i virus dei cladi piĆ¹ giovani hanno manifestato la medesima capacitĆ . Chi puĆ² dire se al di sotto al permafrost non vi siano patogeni aggressivi e letali pronti a emergere e infettare anche l’uomo e gli altri animali?
āDovete ricordare che la nostra difesa immunitaria ĆØ stata sviluppata a stretto contatto con l’ambiente microbiologicoā, ha dichiarato in una intervista alla CNN la microbiologa Birgitta EvengĆ„rd, professoressa emerita presso il Dipartimento di microbiologia clinica dell’UniversitĆ di Umea (Svezia). āSe c’ĆØ un virus nascosto nel permafrost con cui non siamo stati in contatto per migliaia di anni, ĆØ possibile che la nostra difesa immunitaria non sia sufficiente. Ć giusto avere rispetto per la situazione ed essere proattivi e non solo reattivi. E il modo per combattere la paura ĆØ avere conoscenzaā, ha chiosato la scienziata. āVediamo questi virus che infettano l’ameba come surrogati di tutti gli altri possibili virus che potrebbero trovarsi nel permafrostā, le ha fatto eco il professor Claverie. āVediamo le tracce di molti, molti, molti altri virus. Quindi sappiamo che ci sono. Non sappiamo per certo che siano ancora vivi. Ma il nostro ragionamento ĆØ che se i virus dell’ameba sono ancora vivi, non c’ĆØ motivo per cui gli altri virus non dovrebbero essere ancora vivi e in grado di infettare i propri ospitiā, ha aggiunto l’esperto.
I ricercatori temono che i rischi legati all’emersione dei virus (e dei batteri) zombie siano sottovalutati, che non siano considerati una potenziale minaccia per la salute pubblica e che tutto sommato possa trattarsi di eventualitĆ remote e rare. Ma il rischio ĆØ concreto e ne abbiamo giĆ una possibile dimostrazione. Nell’estate del 2016, ad esempio, vi fu una misteriosa epidemia di antrace (provocata da un batterio) in Siberia, che colpƬ in un paio di mesi circa 2mila renne e decine di esseri umani. Gli esperti ritengono che il batterio responsabile, il Bacillus anthracis, sia emerso dopo lo scioglimento del permafrost che ha riportato alla luce carcasse di animali preistorici o antichi cimiteri. CiĆ² ha permesso di infettare le renne e successivamente anche l’uomo.
Nessuno, naturalmente, sa con esattezza quali patogeni del passato possano nascondersi nel permafrost in scioglimento. I ricercatori continueranno a indagare sui potenziali rischi legati allo scioglimento del permafrost, che non riguardano solo i virus zombie. La fusione del ghiaccio proietta infatti in atmosfera grandi quantitĆ di metano (CH4) e anidride carbonica (CO2) ā i due principali gas a effetto serra ā che catalizzano i cambiamenti climatici, inoltre rischia anche di far riemergere rifiuti tossici e radioattivi legati alla Guerra Fredda. Secondo un recente studio si stima che lo scioglimento dei ghiacciai porterĆ 100mila tonnellate di microbi nell’ambiente.
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