Giarrusso che passa in poco tempo dai Cinquestelle al PD sta provocando un travaso di bile tra le fila della feccia

Se c’era una cosa che, perfino nel continuo cambia-casacche della politica, forse in molti non si aspettavano era l’ingresso di Dino Giarrusso nel Pd. Compresi gli stessi membri del Pd. Così, dopo l’annuncio fatto dall’ex M5s dal palco dell’evento milanese di Stefano Bonaccini, è esploso il malumore in area dem. E neanche tanto celato. Il motivo sono gli attacchi che negli anni l’eurodeputato ha riservato al Pd, oltre al dubbio sull’efficacia, ai fini elettorali, della scelta del presidente dell’Emilia Romagna.

Le critiche sono arrivate da più parti, come dai dem appartenenti all’area Schlein e dai renziani. E pure all’interno dello stesso comitato elettorale del governatore emiliano, il favorito nella corsa a quattro per la segreteria del partito, c’è chi ha storto il naso. Come il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che, dal palco dell’iniziativa, ha parlato di un “clima raffreddato“, accusando Bonaccini di essere stato fin troppo inclusivo. “C’è stato un passaggio in cui la temperatura è scesa di qualche grado – ha spiegato il primo cittadino – Niente di personale. Stefano, solo che sei molto inclusivo, è vero che la vocazione maggioritaria consiste nel convincere chi non la pensava come noi… però io credo anche che ci sia il rischio di una corsa a salire sul carro del vincitore. E quando vedo venire qui chi ha detto le peggio cose del nostro partito, presentarsi e dire ‘ci sono anche io’, allora forse qualche limite è giusto porlo”.

Piero Fassino, invece, ha chiesto delle “scuse” da parte dell’ex Iena. “Giarrusso dovrebbe chiedere scusa al ministro Pinotti perché qualche anno fa, quando lei era ministro della Difesa, disse che aveva le mani lorde di sangue. Ma questo non era vero ovviamente”, ha commentato il deputato dem, dicendo che “prima di iscriversi” o di “venire” nel Pd, Giarrusso dovrebbe “chiarirsi le idee” e che “su questo ci aspettiamo delle scuse”. “Dopodiché, se ci sono le scuse, il nostro partito è aperto sempre ai contributi di tutti anche di quelli che cambiano opinione e riconoscono le nostre buone ragioni”, ha concluso.

Dario Nardella, sindaco di Firenze, a capo della mozione a sostegno del governatore emiliano, ha invece inizialmente parlato di “vittoria” salvo poi commentare duramente, poco dopo, la decisione di Bonaccini. Nardella ha sottolineato che il comitato che sostiene il governatore non vuole “vivere di rancore” e che, anzi, “se c’è una persona che ci ha attaccato per anni, ci ha criticato senza sosta e poi viene qui, da noi, la vittoria è di chi si chiama democratico ed è disposto a dialogare”. Poi però, forse complici i commenti al vetriolo dei suoi compagni di comitato, ha corretto il tiro. “Noi abbiamo le idee molto chiare – ha detto più tardi – Se ci sono persone che vogliono salire sul carro del vincitore, come succede sempre, dopo che ci hanno attaccato per anni e cambiamo all’improvviso idea e vengono qui, noi siamo democratici e apriamo le porte ma sia chiaro che noi manteniamo le nostre idee. Sono gli altri che cambiamo, non noi”.

E c’è anche chi ha parlato di “effetto poltrona”. Come Carlo Cottarelli che su Twitter ha commentato: “Giarrusso si iscrive al Pd che aveva attaccato per anni. Non è il primo 5stelle a farlo. Legittimo cambiare idea ma ce ne fosse uno che dicesse che si era sbagliato e spiegasse perché ha cambiato idea! Invece cambiano idea come si cambia poltrona…ah ecco…effetto poltrona…”.

di Pietro De Leo per Il Tempo

Va bene, costruire una piattaforma programmatica è difficile, così come lo è non ergere (anche involontariamente) steccati che possano ripiegare su se stesso un progetto politico. Perché a finire in cortocircuito ci si mette un attimo.

E pare che stia capitando a Stefano Bonaccini. Candidato alla segreteria del Pd, uno dei pochi ancora in grado di proporre all’opinione pubblica un modello di governo del territorio. Dato per vincente alle primarie, a fronte di una Elly Schlein (la sfidante sostanziale) troppo confinata in certi retaggi da sinistra radicale.

Eppure, Bonaccini in quest’ultima fase di contesa congressuale pare soffrire la una dinamica piddina resa ancor più complessa dal ritorno di Articolo 1 e dalla presenza di molti esponenti che guardano al Movimento 5 Stelle. Il risultato è un messaggio spesso confusionario.

Così, per esempio, ecco che Bonaccini, in passato sostenitore il percorso di segreteria e di premiership di Matteo Renzi, in un’iniziativa a Mirafiori ha sottolineato: «Intervenire sull’articolo 18 è stato un errore, bisogna andare oltre il Jobs Act, ci vuole una grande stagione delle riforme». Attaccando, dunque, una di quelle iniziative qualificanti che segnarono la premiership dell’attuale leader di Italia Viva. Che infatti ha preso nota e ieri ha risposto: «Finalmente smetteranno di dire che Bonaccini è renziano».

Renzi, peraltro, si riferiva anche all’ultima evoluzione della campagna congressuale: l’ingresso di Dino Giarrusso nel Pd, e il dichiarato sostegno alla candidatura di Bonaccini.

L’ex inviato delle Iene, eurodeputato eletto con il Movimento 5 Stelle da cui poi è uscito, ieri ha fatto l’esordio con la casacca dem ad un’iniziativa a Milano a sostegno del Presidente dell’Emilia Romagna. Suscitando trasversale perplessità in tutto l’arco piddino, tanto che a sera filtrava un basso livello di entusiasmo (a essere eleganti) persino dal comitato Bonaccini.

Il coordinatore della mozione, il sindaco di Firenze Dario Nardella, l’ha messa giù così: «Se ci sono persone che vogliono salire sul carro del vincitore, come succede sempre, dopo che ci hanno attaccato per anni, noi siamo democratici e apriamo le porte ma manteniamo le nostre idee. Sono gli altri che cambiano, non noi». Non proprio un benvenuto con tappeto rosso e banda del paese.

Eh sì, perché Giarrusso è annoverabile tra i «duri e puri» della prima fase del Movimento 5 Stelle, lido che poi ha lasciato in ampia polemica con Conte. Dunque, da un lato superare il jobs act, dall’altro arruolare uno dei nemici giurati del leader pentastellato. Una combinazione non proprio edificante se poi si vuol rendere sostanziale l’appello a collaborare.

E Bonaccini, ieri, l’ha lanciato: «Come noi hanno perso anche i Cinque Stelle e il Terzo Polo. Quello che dico a loro è che siccome non dobbiamo allearci per le politiche nei prossimi mesi, è bene che cominciassimo a valutare se ci sono alcuni argomenti sui quali cominciare a fare opposizione insieme».

Ma siccome il modo smanioso di condurre la partita non si limita solo a questo, ecco che, qualche giorno fa, ha provato a lanciare la proposta di «togliere il numero chiuso per l’accesso alle facoltà di medicina» in modo da contrastare la scarsità di camici bianchi in corsia. Tutto giusto, peccato arrivi in coda: si tratta infatti di una proposta che il leader della Lega Matteo Salvini rivendica oramai da molto tempo. Tanto vale allora, per Bonaccini, rifugiarsi nei rassicuranti retaggi del passato. In un’intervista al Corriere della Sera ha detto: «Sono stato un comunista emiliano. E non ho nulla di che vergognarmi, anzi ne sono orgoglioso». Legittimo, per carità, ma così che si spoglia di ogni attrattività potenziale per un elettorato di centro che guarda a sinistra. Insomma, una corsa preparata a lungo, la sua. E condotta bene in partenza. Ma ora l’affanno si fa sentire.

Scavalca la censura di regime dei social. Seguici via Telegram, basta un clic qui >https://t.me/capranews

Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Previous Article

Sanremo 2023, quanto guadagnano i conduttori e gli ospiti? A causa della privacy non sappiamo con certezza i cachet ma il sito Money sarebbe riuscito ad avere tutte le cifre

Next Article

Meloni e Crosetto stanno facendo quello che vuole chi vota il PD! L'incredibile sondaggio sulle armi all'Ucraina rivela quanto siano fuori dal mondo le decisioni prese dal governo

Related Posts