Gianluca Vialli non amava parlare della sua malattia ma, come ricorda oggi sul Corriere Aldo Cazzullo che lo aveva intervistato nel 2018, gli aveva confessato: “Vorrei che un giorno qualcuno mi guardasse, o mi pensasse, e dicesse: ‘È anche per merito tuo se non mi sono arreso‘”. Allora “nessuno, tranne i familiari più stretti, sapeva nulla” della malattia dell’ex calciatore, scrive Cazzullo. “Nell’intervista Luca Vialli della malattia non voleva assolutamente parlare. Si convinse dopo ore e ore di discussione al telefono. Volle rileggere il testo, e chiese di togliere i dettagli più intimi”.
“Di questa brutta cosa avrei fatto volentieri a meno”, disse Vialli. “Ma non è stato possibile. E allora l’ho considerata semplicemente una fase della mia vita che andava vissuta con coraggio, da cui imparare qualcosa. Sapevo che era duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene: i miei genitori, i miei fratelli e mia sorella, mia moglie Cathryn, le nostre bambine Olivia e Sofia. E ti prende come un senso di vergogna, come se quel che ti è successo fosse colpa tua. Giravo con un maglione sotto la camicia, perché gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano”.
Cazzullo aggiunge che Vialli “si era appuntato una frase su un post-it giallo appeso al muro, da rileggere nei momenti più pesanti: ‘Noi siamo il prodotto dei nostri pensieri‘. Gli chiesi se pensava di vincerla, quella partita. Rispose: ‘L’importante non è vincere; è pensare in modo vincente. La vita è fatta per il 10 per cento di quel che ci succede, e per il 90 per cento di come lo affrontiamo. Spero che la mia storia possa aiutare altri ad affrontare nel modo giusto quel che accade’. Se ti arrendi una volta, diceva, poi diventa un’abitudine”.
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