Finita la pacchia delle fatture milionarie dall’Arabia: pronta una legge che vieta a quelli come Renzi di prendere soldi dall’estero mentre si occupa uno scranno parlamentare

Domenico Di Sanzo per “il Giornale”

Parla del Qatargate ma punta alla legge ad personam contro Matteo Renzi. Giuseppe Conte ha cominciato una nuova campagna. Mediatica e politica. E anche se non lo menziona mai esplicitamente, il bersaglio è sempre il senatore di Italia Viva.

Ed eccolo, Conte, che prende le mosse dallo scandalo che sta terremotando la sinistra all’Europarlamento per mettere nel mirino l’ex segretario del Partito Democratico. «Di fronte allo scandalo del Qatargate, la politica non può limitarsi ad indignarsi a costo zero. È facile, oggi, prendere le distanze a parole. È arrivato il momento di fare la differenza con i fatti», esordisce l’avvocato di Volturara Appula in un’intervista al settimanale Tpi.

Poi l’ex premier gialloverde e giallorosso aggiusta bene la mira e colpisce. «Lancio un appello a tutte le forze politiche: mettiamo in campo una solida barriera contro corruzione e influenze di Stati stranieri spiega con tono accigliato i parlamentari italiani sono già ben retribuiti dagli italiani e debbono perorare esclusivamente l’interesse nazionale. Non devono fare i consulenti o i promoter per Paesi che non siano il nostro».Più che evidente il riferimento ai rapporti tra Renzi e l’Arabia Saudita. Alle conferenze ben pagate tenute dal fondatore di Iv per il governo di Riad. Un vecchio cavallo di battaglia pentastellato, che riemerge grazie alle valigette dell’inchiesta Qatargate. Così Conte ne approfitta per cementare l’elettorato anti-renziano e cavalcare la tigre di una nuova battaglia. Oltre al reddito di cittadinanza e al no alle armi all’Ucraina c’è la legge-anti lobby.

Conte è esplicito è attacca Renzi a testa bassa, sempre senza nominarlo. «Molto semplicemente i parlamentari non devono più ricevere né un euro né prestare consulenze per Stati stranieri. La funzione pubblica, come recita l’articolo 54 della Costituzione, non deve essere un trampolino di lancio per un carrierismo parallelo», continua con il suo ragionamento.

Poi incalza Fratelli d’Italia e il centrodestra, invitando la maggioranza a seguire la sua iniziativa sulla legge anti-Renzi: «Non abbiamo contratto debiti con nessun finanziatore o gruppi di interesse. Vediamo chi ci sta fra gli altri leader, a partire dai patrioti che sono al Governo, per dare finalmente al Paese una solida legge sul conflitto di interessi». L’ex premier vuole posizionare il Movimento nel quadrante degli eredi della «questione morale» del Pci di Enrico Berlinguer.

E infatti ha già tirato fuori più volte negli ultimi giorni la questione della legge contro le lobby dei Paesi stranieri. Martedì in un’intervista a Repubblica punta direttamente Renzi: «È inaccettabile che un senatore della Repubblica, pagato dai cittadini, vada in giro per il mondo a fare il testimonial di regimi autocratici dietro pagamento di lauti compensi. Non è una frase mia, ma di Calenda, pronunciata prima di allearsi con Renzi».

Stesso concetto ribadito giovedì in un post indirizzato direttamente al leader di Azione. «Vota con noi una legge per impedire ai parlamentari italiani di percepire anche solo un euro da Stati stranieri e regolamentare conflitto di interessi e attività di lobby. Ci stai?», questo il messaggio recapitato a Calenda.

Renzi non risponde, il frontman del Terzo Polo cerca di tenere il punto: «Conte, non provare a fare l’azzeccagarbugli con me. Come ho sempre dichiarato, ultima volta stamattina, sono pronto a votare una norma che vieti collaborazioni retribuite con Stati stranieri». Intanto il capo del M5s ha trovato un altro tema da cavalcare: la legge ad personam contro Renzi.

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