Puntuale come un treno svizzero, se al governo non c’è il PD arriva l”ammonimento di Bruxelles sul nostro debito pubblico: peccato che i mercati abbiano smentito la feccia agli ordini di Von der Leyen

Former German Defence Minister and newly-appointed EU commission Ursula von der Leyen arrives to deliver a speech during her statement for her candidacy for President of the Commission at the European Parliament on July 16, 2019 in Strasbourg, eastern France. (Photo by FREDERICK FLORIN / AFP)

Valdis Dombrovskis ha un’ossessione neanche troppo segreta: l’Italia e il suo debito. Anno dopo anno le dichiarazioni del vicepresidente “falco” della Commissione Ue ed ex premier della Lettonia sull’Italia sembrano rincorrersi e ripetersi. Dal 2014, anno della sua nomina a vicepresidente di Jean-Claude Juncker, a oggi, il politico lettone numero due di Ursula von der Leyen e zar delle politiche economiche di Bruxelles sembra un disco rotto.

“Vigileremo” è il mantra. “Il messaggio per l’Italia è lo stesso che abbiamo inviato a tutti gli altri e cioè che gli interventi per far fronte alla crisi energetica devono essere temporanei e mirati”, dichiara il vicepresidente della Commissione a La Stampa. Dombrovskis non commenta la manovra appena firmata da Giorgia Meloni dopo esser stata scritta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sotto la supervisione di Giancarlo Giorgetti, ma ricorda: l’Ue vigilerà affinché l’Italia possa “garantire una politica fiscale prudente, in particolare limitando la crescita della spesa primaria corrente finanziata a livello nazionale al di sotto della crescita potenziale a medio termine”. Ma giusto ieri era stato più esplicito nell’occasione ufficiale della presentazione del pacchetto autunnale della Commissione ricordando che i Paesi Ue, Italia compresa, devono “evitare stimoli fiscali” non mirati per rispondere al caro-energia.

Dombrovskis è noto, lo dicevamo, per aver un’attenzione particolare per l’Italia. Mettere in fila la lista delle dichiarazioni del falco di Riga verso il nostro Paese mostra una ripetitività nelle uscite e nelle prese di posizione che sembra indipendente dal mutato clima politico interno al nostro Paese e soprattutto delle grandi sfide globali. Già nel 2015 “vigileremo” era il mantra con cui Dombrovskis accolse il via libera della Commissione al Documento di Economia e Finanza del governo Renzi che mostrava una deviazione temporanea dagli obiettivi di bilancio. Nel 2018 il governo Lega-M5S e Giuseppe Conte trovarono, assieme a Pierre Moscovici, in Valdis Dombrovskis, un avversario fiero della manovra definita una “deviazione senza precedenti dalle regole del Patto di Stabilità” salvo poi rivelarsi, col combinato disposto reddito di cittadinanza-Quota 100, molto meno impattante delle finanziarie precedenti sui conti pubblici.

Alla nascita della Commissione von der Leyen, nel settembre 2019, il governo Conte II entrato in carica con prospettive di rinnovamento europeista subì la doccia gelata del “commissariamento” di Paolo Gentiloni, responsabile europeo per gli Affari Economici, da parte delvicepresidente Dombrovskis, cui Ursula von der Leyen diede il coordinamento di tutti i commissariati economici. Prevedibili le risposte di Dombrovskis, a quei tempi, alla richiesta di Conte e Roberto Gualtieri di un extra-deficit comunitario concesso all’Italia: “Dobbiamo vigilare sui possibili rischi alla stabilità economica e finanziaria e preservare finanze pubbliche sostenibili. Una politica di bilancio responsabile in questa fase significa anche migliorare le finanze pubbliche e usare lo spazio di bilancio per sostenere investimenti e riforme”.

Il 2020 è, complice la pandemia, passato con un defilamento di Dombrovskis, che però tentò più volte di far passare per Paesi come l’Italia la necessità (leggi obbligo) di rientrare dalle politiche espansive anti-pandemiche in tempi brevi. Il “falco” lettone è tornato però alla carica nei primi mesi del 2021, ricordando la natura “temporanea” degli stimoli europei anti-Covid e il fatto che le sovvenzioni del Next Generation Eu si univano per Paesi come l’Italia alla necessità di sostenere l’applicazione delle raccomandazioni-Paese della Commissione ai Paesi membri, ovvero le “condizionalità” e le riforme strutturali.

Neanche Mario Draghi ha potuto sottrarsi alle bordate di Dombrovskis da presidente del Consiglio. A maggio, sempre parlando con La Stampa, Dombrovskis è entrato a gamba tesa contro le politiche dell’esecutivo dell’ex presidente della Banca centrale europea chiedendo che “l’Italia limiti la crescita della sua spesa corrente” e ventilando la procedura di infrazione sui conti pubblici. Una nuova frecciata a Draghi da parte di Dombrovskis è arrivata nell’intervista odierna in cui ha ricordato che “Le misure di sostegno adottate” contro il caro-bollette, “per il 2022 sono pari al 2,6% del Pil, un volume alto. Tra quelle ora in vigore, circa la metà non è mirata” verso fragili e indigenti. Una presa di posizione dura che mostra la problematica del surplus di attenzione data all’Italia da Dombrovskis. “Falco” rigorista a cui importa, in questa fase, solo vigilare. Senza prendere posizione sulla risoluzione dei problemi di politica economica dell’Italia e dell’Europa. Usando nel 2022 una retorica che appariva già superata col manifesto fallimento dell’austerità prima della pandemia.

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