Maxi-multe fino a 200mila euro e niente carcere: presentata da Forza Italia la proposta di legge anti rave-party

Pugno di ferro di Forza Italia contro i rave party. Chi organizza una festa illegale senza l’autorizzazione del questore territorialmente competente e del Comune interessato o in violazione di loro disposizioni, rischia una sanzione amministrativa dai 100 mila ai 200mila euro. Anche il singolo partecipante puĆ² incappare in una pena pecuniaria, dai 500 ai mille euro a testa. Senza contare il sequestro amministrativo fino a sei mesi del materiale utilizzato per lo svolgimento della manifestazione. Con una proposta di legge ad hoc, formata da tre articoli, depositata il 9 novembre scorso a Montecitorio, il partito di Silvio Berlusconi autorizza i raduni musicali solo a patto che vengano rispettate tutta una serie di restrizioni, non solo di carattere sanitario e ambientale, per prevenire ”situazioni di pericolo” e garantire ”l’ordine, la sicurezza e la salute pubblica”.

Per garantire “l’incolumitĆ  delle persone” e la “salvaguardia dell’ambiente”, secondo l’articolo uno gli “organizzatori devono presentare, almeno 30 giorni prima dellā€™evento, “apposita comunicazione agli uffici della questura territorialmente competente” indicando “data e luogo e durata della manifestazione”; il numero dei partecipanti previsto”; le “misure da adottare” per assicurare lā€™ordine pubblico e la sicurezza di tutti, oltre che “l’igiene pubblica e il rispetto ambientale del territorio” dove si terrĆ  l’iniziativa musicale, compreso la ”dichiarazione di rispetto e conformitĆ  alla legislazione vigente in materia di inquinamento acustico”.

Alla “richiesta”, si legge nel testo che porta la firma del neo capogruppo di Fi alla Camera, Paolo Barelli e del suo vicario Valentino Valentini, ”deve essere allegata lā€™autorizzazione a occupare il terreno o lā€™immobile da parte del proprietario, qualora siano di proprietĆ  privata. Non solo: ex articolo 2, ”al fine di garantire la sicurezza e la libertĆ  di circolazione di quanti partecipano” ai raduni, dovrĆ  essere assicurata,”in accordo con il Comune competente”, la presenza di “servizi igienici”, di un “presidio medico di primo soccorso adeguatamente attrezzato”, di “presidi per garantire la gestione dei flussi di partecipanti”; ”lā€™idonea fornitura di acqua potabile”. In particolare, spetterĆ  agli organizzatori, inoltre, la “predisposizione dei mezzi di raccolta dei rifiuti e di pulizia del luogo ove si svolge il raduno”.

La pdl, intitolata ‘Disposizioni in materia di svolgimento di raduni a carattere musicale in spazi non attrezzati ovvero non predisposti al pubblico spettacolo’, prende spunto da “quanto accaduto in Francia”, che sta trovando “piena corrispondenza in ciĆ² che sta accadendo oggi in Italia, ormai meta di ravers provenienti da tutta Europa”. Di fronte alla ”profonda preoccupazione generata nelle popolazioni locali” e ai ”forti disagi creati con problemi non indifferenti di ordine pubblico”, scrive Barelli nella relazione introduttivo al provvedimento, si rende necessario un “intervento normativo”, che “disciplini in maniera compiuta il fenomeno della ‘feste abusive’, diventate di grande attrazione soprattutto per tanti giovani.

L’articolo 3 contiene le ‘sanzioni’ per i trasgressori. “Salvo che il fatto costituisca reato”, recita il comma 1, la “violazione delle disposizioni di cui alla presente legge comporta per i responsabili dellā€™organizzazione la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100.000 euro a 200.000 euro e per i partecipanti la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 1.000 euro”. “ƈ in ogni caso disposto il sequestro amministrativo fino a sei mesi del materiale utilizzato per lo svolgimento della manifestazione”, prescrive il comma due.

”Nati alla fine degli anni Ottanta, i ‘rave party’ -ricorda Fi- sono manifestazioni musicali autogestite -spesso illegali- che si tengono in spazi isolati, la cui durata puĆ² variare da una notte fino a piĆ¹ di una settimana”. Questa “tipologia di festa viene spesso sponsorizzata attraverso il web, tramite i social network, dove ĆØ possibile contare migliaia di sostenitori di ‘rave party’, i quali, a loro volta, invitano altre persone a prendere parte a tali feste illegali, attraverso un passaparola virtuale, fatto di espressioni e gerghi specifici, accessibili solo a coloro che conoscono lā€™ambiente”.

Nella pdl si fa un excursus storico dei ‘rave party’, citando il ‘Criminal Justice Act anglosassone e le ‘restrizioni’ disposte poi in Francia a seguito della ‘chiusura inglese’: ”In alcuni Paesi europei le autoritĆ  governative hanno cercato di arginare e di rendere controllabile il fenomeno, rendendo queste manifestazioni legali”. In particolare, in “Gran Bretagna nel ’94 il governo emanĆ² il ‘Criminal Justice Act’, contenente una serie di disposizioni che imposero, tra l’altro, il divieto di riunirsi senza autorizzazione, la possibilitĆ  di sequestrare gli automezzi e le attrezzature tecniche, considerando reato anche il mancato allontanamento dal luogo della manifestazione dopo l’intervento della polizia”.

Successivamente, “in Francia, diventata – con la chiusura inglese – meta di rave party da tutta Europa -spiega Fi- ĆØ stata vietata l’organizzazione di rave party senza l’autorizzazione dellā€™AutoritĆ  di pubblica sicurezza, subordinando la manifestazione a precise prescrizioni e prevedendo, in caso di violazioni, il sequestro degli impianti di amplificazione e conseguenze penali per gli organizzatori”.”Quanto accaduto in Francia, trova piena corrispondenza in ciĆ² che sta accadendo oggi in Italia e questo rende necessario un intervento normativo”.

Scavalca la censura di regime dei social. Seguici via Telegram, basta un clic quiĀ >https://t.me/capranews

Total
1
Shares
1 comment
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarĆ  pubblicato.

Previous Article

Choc in Argentina: morto nel giro di 48 ore il bambino di 4 anni che era stato scelto dal governo come testimonial della campagna vaccinale

Next Article

"Mi pensiono e vado all'estero" Prosegue senza sosta l'esodo verso Tunisia e Portogallo, sempre piĆ¹ paradisi fiscali degli italiani

Related Posts