Meloni approfitta del caso Berlusconi per stringere un rapporto complice con Mattarella: il sovrano assoluto del Quirinale garante del suo nuovo governo, a patto che la Ducetta sia allineata a tutto come un Draghi qualunque

Tommaso Ciriaco, Concetto Vecchio per repubblica.it

Si sentono. Contatti continui. Perché adesso Giorgia Meloni ha bisogno dello scudo del Quirinale. E perché il Colle osserva lo sviluppo del dibattito su ragioni e torti della guerra in Ucraina con una certa apprensione. La conseguenza è che la premier in pectore sceglie di sottrarsi al gioco al rialzo del Cavaliere. Decide di non trattare più con Silvio Berlusconi. Si confronta invece con Gianni Letta, che nella tempesta diventa l’unico canale ancora aperto. E ritiene che a questo punto, se dovesse ricevere l’incarico, avrà un unico interlocutore a cui rendere conto per formare la squadra: Sergio Mattarella.

Scompare dai radar. Non si mostra ai giornalisti per un giorno interno. Fino alla nota serale con cui la leader comunica al Cavaliere la sua scelta: o con Kiev, o fuori dall’esecutivo. Anche a costo di non far partire il governo. Meloni fa di più: diserta il suo ufficio di Montecitorio e anche le votazioni con cui la Camera elegge vicepresidenti, questori e segretari d’Aula. Un segnale di insofferenza, ma soprattutto un messaggio ad Arcore: «Non tratto più». Lo spiega ai suoi, delusa — è un eufemismo — dall’atteggiamento del fondatore di Forza Italia.

«Non posso chiudere accordi e poi accettare che vengano rimessi in discussione il giorno dopo». Ne deriva anche una importante conseguenza: Meloni aiuta i centristi di Maurizio Lupi a costituirsi gruppo autonomo, in modo da accogliere eventuali azzurri in un contenitore moderato, indebolendo i falchi berlusconiani.

In realtà si muove parecchio. In Parlamento parlano di almeno due contatti col Colle. Fonti riferiscono anche di un incontro, ma l’indiscrezione non riceve conferme ufficiali. Mattarella e Meloni in queste settimane hanno instaurato un rapporto rispettoso delle rispettive prerogative, di corretta collaborazione istituzionale. Il comunicato serale diffuso da Meloni si inserisce in questa strategia. Chiarisce che i ministri dovranno condividere la linea atlantica e di sostegno all’Ucraina. Una posizione di cui ha certamente discusso con Mattarella. E che risponde alla sensibilità del Presidente, che non ha mai mancato di ribadire i capisaldi euroatlantici che un esecutivo deve garantire.

Il Capo dello Stato vuole fare presto. Ieri, nel fare i complimenti a Draghi e ai suoi ministri — per Mattarella sono andati al di là delle sue aspettative — il Presidente ci ha tenuto a ribadire che il premier che aveva scelto nel gennaio 2021 lascia con un bilancio positivo. Toni analoghi li aveva usati con gli imprenditori, il 10 ottobre.

Oggi partono le consultazioni. Il centrodestra salirà domani mattina. A definire in modo preciso i contorni dell’esecutivo e i profili dei ministri sarà anche il contesto internazionale. A Bruxelles in giornata è in agenda un appuntamento che rischia di diventare un caso. Si riuniscono i capi dei partiti che aderiscono al Ppe, in un summit che si svolge come d’abitudine a poche ore dall’avvio del Consiglio europeo. Per l’Italia andrà Antonio Tajani, al posto di Silvio Berlusconi. In quella sede potrebbe essere sollevata la questione del posizionamento filo-russo del Cavaliere rispetto al conflitto in Ucraina.

Chi promette battaglia sono i Paesi del Nord Europa — Olanda, Svezia e gli altri “frugali” — ma anche dell’Est del continente. Il rischio è che qualcuno metta addirittura in discussione la compatibilità di Forza Italia con i valori del popolarismo europeo. Tajani potrebbe comunque “salvarsi”. Ieri ha sentito Meloni, è stato avvertito della nota che di lì a poco sarebbe stata dedicata al Cavaliere. E ha diffuso un comunicato in cui definisce «eroica» la resistenza di Kiev, in modo da provare a blindare l’incarico alla Farnesina.

Meloni sente più di una volta Giovanbattista Fazzolari, che la aiuta a preparare gli interventi alle Camere. E cerca di rassicurare gli alleati di Washington sulla linea del prossimo governo. Tanto che nelle ultime ore — giurano fonti vicine alla Presidente di FdI — è entrata in contatto anche con l’ambasciata americana a Roma. La premier in pectore, in ogni caso, avverte che è necessario stringere ulteriormente i tempi. Fare in fretta. Sostenuta e accompagnata in questo percorso dalla disponibilità del Quirinale. Riceverà l’incarico entro sabato mattina, poi salirà al Colle con una lista di ministri. Quindi tra sabato pomeriggio e lunedì il giuramento. Infine la fiducia parlamentare: martedì alla Camera, mercoledì al Senato.

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