Meloni furibonda per la raffica di sparate del Banana: sta provando a far irritare la Mummia del Quirinale sperando che metta dei bastoni tra le ruote della Ducetta

Paola Di Caro per corriere.it

Ufficialmente è «no comment», seguito da una eloquente postilla: «Freddo silenzio». Ma la verità è che il ciclone Berlusconi che si è abbattuto ieri sulla maggioranza ha fatto infuriare Giorgia Meloni. «Siamo tutti senza parole…», allargano le braccia i fedelissimi: «Giorgia deve lottare contro tutto». Divisi tra chi pensa che ci sia qualcosa sotto nel dipanarsi impazzito della giornata di ieri e chi invece che il Cavaliere parli ormai «in libertà», abbia come «perso i freni inibitori» e dica «tutto quello che gli passa per la testa».

Lei, che già aveva faticato a chiudere l’incidente del non voto a La Russa e il foglietto del Cavaliere, è sicuramente tra i sospettosi: in Forza Italia, è il suo timore, c’è chi vuole «rendermi la vita difficile». Magari non con un sabotaggio studiato nei particolari, ma con un clima fatto di parole e azioni per rendere il cammino del suo governo più accidentato. O almeno per limitarne una leadership che Berlusconi continua a far fatica a riconoscerle.

Troppi i segnali lasciati sul campo in una giornata infinita, è stato il ragionamento fatto con i suoi. Le pretese di Berlusconi sul ministero della Giustizia, che ha detto di considerare certo per la sua Casellati, quando «avevo detto chiaramente che non c’era nessuna decisione e che prima era bene che andasse a parlare con Nordio, che è la persona giusta»; lo snocciolare da parte dell’ex premier la lista della delegazione azzurra senza alcun rispetto per il ruolo di Mattarella; l’accenno al suo «uomo che lavora a Mediaset», che «cosa mai c’entrava? — si è sfogata —. Che intendeva? Io ho conosciuto Andrea che già lavorava a Mediaset, e non mi pare che grazie a me abbia avuto alcun favore. È un’uscita incredibile…».

E poi, la clamorosa dichiarazione sulla Russia. «Possibile che abbiano permesso che quelle parole uscissero fuori dalla riunione? Nessuno controlla? Perché lo lasciano libero di parlare a ruota libera, sapendo come è fatto Berlusconi? E soprattutto, perché lo fanno dopo averlo montato, eccitato, alimentato di rabbia?», la domanda che ieri pomeriggio si facevano tutti nella riunione. Perché come ha ripetuto Meloni che scherzando già nei giorni scorsi aveva usato l’immagine, è vero che «Berlusconi è come lo scorpione con la rana: punge anche se sa che morirà anche lui, come lo scorpione è “fatto così”, è più forte di lui». Ma «quando ha parlato con me sembrava molto più ragionevole. Poi torna dai suoi fedelissimi ed ecco qui…».

Nel partito quindi si punta il dito sul suo entourage, da Ronzulli a Miccichè a Gasparri, anche se la neo capogruppo a chi era con lei quando sono state diffuse le dichiarazioni bomba del Cavaliere era sembrata «sorpresa davvero». In ogni caso, adesso bisogna pensare alle contromisure. Meloni è convinta che ancor più tocchi a lei comporre la lista dei ministri come le parrà opportuno.

Non ci sarà vendetta però: Casellati — è la convinzione — non farà problemi sul ministero che le verrà destinato, che per Meloni non potrà essere la Giustizia. Sugli altri nomi, deciderà lei chi andrà dove. Dovrebbe essere confermato Tajani, nonostante qualcuno abbia dubbi sull’opportunità di nominarlo agli Esteri dopo l’uscita pro Putin di Berlusconi. Comunque, dicono da FdI «Giorgia è la migliore garanzia possibile, per la sua posizione cristallina sulla guerra, sul sostegno all’Ucraina e il rispetto dei patti degli alleati». Insomma, si garantisce da sola.

Potrebbero cambiare alcune caselle che vengono date per attribuite (anche lo Sviluppo economico, dove Crosetto sembrava sicuro), ed è possibile che ci siano sorprese quindi che coinvolgono i candidati ministri di FdI: lei avrebbe qualche nome tecnico ancora coperto. Certo bisogna accelerare per evitare altri incidenti: Meloni conta sull’incarico venerdì sera, per presentare la lista già sabato o domenica (qualcuno mette in dubbio pure la delegazione che si presenterà al Quirinale, anche se ieri sera resisteva l’idea di andare tutti assieme). Per poi nominare i ministri, senza sfiancanti trattative ma solo contatti (oggi potrebbe vedere Salvini). Una volta indicati i nomi, pensano in FdI, nessuno potrà andare oltre il malumore. Il manico del coltello è ancora nelle sue mani.

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