“Rassegnatevi, l’Ucraina non può vincere la guerra in ogni caso” L’analisi del professor Caracciolo: iniziare al più presto accordi di pace

Mirko Molteni per “Libero quotidiano”

Il prolungarsi della guerra russo-ucraina potrebbe, complice l’inverno, portare a un compromesso che, senza eliminare la tensione, fermerebbe almeno i combattimenti. Ne è convinto il fondatore e direttore della rivista di geopolitica Limes, che ci ha concesso un’ampia intervista.

Lo scenario della guerra s’ è capovolto e, se sì, quando?

«Si è capovolto già il 24 febbraio 2022, perché Putin sperava di prendere Kiev mettendo in sella un governo filorusso. Gli è andata male, non prevedeva una simile resistenza da parte ucraina».

L’avanzata di Kiev e il desiderio di Zelensky di dare una lezione a Putin stanno diventando un problema per gli Usa?

«In America si confrontano due posizioni diverse, una che vorrebbe una sconfitta totale della Russia, l’altra che punta solo a indebolirla. Negli ultimi tempi sta prendendo piede a Washington la seconda posizione».

L’Ucraina può vincere con forniture militari occidentali limitate a capacità difensive, escludendo a priori missili per l’attacco nell’entroterra russo?

«Kiev non può vincere, nemmeno in un anno o due, se per vincere si intende, come vorrebbe il presidente Zelensky, riportare i confini al 1991, recuperando anche la Crimea con Sebastopoli. A meno che in Russia non ci sia un collasso dell’attuale governo. L’Ucraina può solo resistere per mantenere una situazione di stallo militare».

Putin le sembra disponibile a intavolare una trattativa? Con chi?

«È disponibile a trattare con l’America, e per conseguenza, con gli ucraini. Mosca vuole ottenere da Washington una pari dignità che però gli Stati Uniti non le daranno».

Quanto deve ancora precipitare la situazione perché Putin diventi a rischio di destituzione?

«Il rischio c’è, ma non in questo momento, con la guerra in atto, bensì dopo un cessate il fuoco, con un’eventuale successione guidata. Sempre che in Russia non si sviluppino proteste a livello di intere regioni, che disgregherebbero il paese».

La guerra è stata un errore di valutazione di Putin o un capolavoro strategico americano?

«È stata un errore di valutazione di Putin, ma c’è stato un errore anche da parte degli americani, che non si aspettavano la resistenza dell’Ucraina».

Che tempi prevede per il conflitto: mesi, anni, decenni?

«Se si intende una forte tensione nell’area, può durare decenni. Non riesco a immaginare una convivenza pacifica fra russi e ucraini. Se si intende la guerra, si può approfittare dell’inverno e del rallentamento dell’attività militare per arrivare a una tregua di compromesso. Un compromesso di fatto, anche se non di diritto».

Da mesi Erdogan tenta di mediare fra Putin e Zelensky, ma l’unico risultato concreto è stato lo sblocco del grano. Cosa possiamo aspettarci dal “sultano” di Ankara?

«Il vero dialogo è sempre quello fra Russia e America ed Erdogan visi può inserire nel ruolo di facilitatore. Lo fa per interesse, per far acquisire alla Turchia un rango di grande potenza».

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L’Europa può avere un ruolo più attivo? E l’Italia?

«L’Europa non può avere nessun ruolo perché non è un unico soggetto geopolitico. È divisa fra posizioni diverse e inconciliabili. Da un lato ci sono i Paesi più antirussi, come la Polonia o le repubbliche baltiche, che vorrebbero vedere la Russia svanita dalle mappe. Dall’altro, paesi come Italia, Germania e Francia, più propensi a trattare con i russi».

UE e Nato lasciano intendere che all’uso di un’arma nucleare tattica da parte russa, potrebbero reagire con attacchi convenzionali sull’esercito russo. È credibile una deterrenza così asimmetrica?

«Gli apparati nucleari americano, britannico e francese sono preparati a una ritorsione di tipo strategico, non tattico. Perciò è stato detto che, a un impiego di atomiche russe in Ucraina, la Nato potrebbe rispondere con attacchi convenzionali che, ad esempio, potrebbero affondare la flotta russa del Mar Nero. Come deterrenza potrebbe funzionare. Ma non si sa come potrebbero reagire i russi a un’offensiva Nato. Andiamo nelle equazioni di sesto grado!».

Ma quanto è reale il rischio nucleare?

«Il rischio esiste e c’è enfasi da parte russa nel ricordarlo, per fare pressione sull’Occidente. Credo che la Russia potrebbe impiegare un’arma nucleare tattica solo in casi disperati, per esempio se fosse sul punto di perdere la Crimea. Anche in quel caso, potrebbe non bastare a vincere una guerra, poiché parliamo di un uso tattico, ad esempio una testata che distrugga una divisione di carri armati, anziché di un impiego strategico, come l’incenerimento di intere città».

Per quanto tempo l’Occidente potrà ancora spendere miliardi nel sostenere l’Ucraina?

«Non per molto tempo, l’Occidente non ha risorse infinite. Per giunta, l’Ucraina si troverà in condizioni difficili anche nel dopoguerra, con un disastro economico. Se poi l’Ucraina dovesse essere sconfitta, non avrà più difficoltà perché non esisterà più».

Per gli Stati Uniti quanto vale l’Ucraina, rispetto al rischio di inimicarsi l’Europa Occidentale per problemi economici che toccano l’UE e non gli Usa?

«Gli Usa non possono, né vogliono rinunciare al loro impero europeo, in altre parole la Nato. Soppesando l’importanza dell’Ucraina, e di altri alleati dell’Est, come la Polonia, non possono reputarli più importanti di Italia, Francia o Germania. Perciò a Washington sta prevalendo una posizione più moderata».

L’opinione pubblica occidentale anti-guerra è il miglior alleato di Putin?

«Può essere un alleato del Cremlino, ma nella misura in cui una parte delle posizioni anti-guerra è abbinata a giustificazioni della politica di Putin. Esiste però anche un pacifismo apolitico che non si schiera».

Putin si è accorto che non può vincere sul campo e spera in una vittoria politica, cioè il cedimento del fronte occidentale a causa del caro bollette e della paura atomica?

«Bisogna intendersi sul significato di vittoria politica. La guerra è solo un mezzo per raggiungere un obbiettivo. Se l’obbiettivo di Putin è far tornare l’Ucraina sotto la sfera d’influenza russa, ha fallito fin dal 24 febbraio».

Il taglio della produzione petrolifera da parte dell’Opec+, che aumenterà gli introiti anche per i russi, è un duro colpo alle sanzioni?

«Ci guadagna anche la Russia, ma è soprattutto un colpo alle politiche di Biden contro l’inflazione in America, perdipiù a poche settimane dalle elezioni di mid term. È un segnale che l’Arabia Saudita e le petrolmonarchie del Golfo Persico hanno inviato a Washington, essendosi sentite abbandonate ed emarginate dall’amministrazione Biden».

Nella nuova Strategia di Sicurezza Nazionale Usa, la Russia è definita “pericolosa”, ma è la Cina a esser considerata la vera “sfida” all’America. Gli Stati Uniti tenteranno di staccare Mosca da Pechino?

«La Russia è percepita come potenza regionale, ma la Cina è temuta dall’America come vero concorrente che possa diventare il nuovo centro del mondo. L’alleanza Mosca-Pechino non è fondata su interessi profondi, Putin l’ha scelta perché non aveva alternative. Gli Stati Uniti sperano sempre di staccare i russi dai cinesi e ciò potrebbe contribuire a un compromesso sull’Ucraina».

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Al congresso del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping si presenta più forte o teme che il prolungarsi della guerra danneggerà la Cina?

«Premesso che sappiamo poco di ciò che si muove in Cina, Xi non è così forte perché l’economia cinese batte in testa e la pandemia Covid è stata gestita in modo disastroso. Anche se il suo potere verrà riconfermato, accadrà perchè la Cina non ha alternative. Almeno per quel che sappiamo, poiché in Cina le svolte accadono dietro le quinte e si palesano solo in seguito».

La Cina non accetta analogie fra Ucraina e Taiwan, ma il governo di Taipei vede la somiglianza. Quanto si rischia una guerra cino-taiwanese, con prevedibile intervento americano?

«Una guerra per Taiwan è possibile, perciò il sostegno militare degli Stati Uniti all’Ucraina è limitato. Gli americani intendono risparmiare armi in previsione di un intervento militare in aiuto dei taiwanesi in caso di attacco cinese».

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