Pasquale Napolitano per “il Giornale”
Il Pd ha già tirato i remi in barca. Si pensa al congresso più che alle elezioni. Si cercano intese tra le correnti più che selezionare i nomi da piazzare nei ministeri. Il Pd considera già chiuso (con sconfitta) il discorso voto. L’unico dubbio è la sfida tutta a sinistra con il M5s, per accaparrarsi il bottino di voti del fronte progressista. Prima Bersani, poi Prodi: tutti i padri nobili dei democratici auspicano che dal 26 settembre sia aperta la fase congressuale.
C’è la fretta di rispedire Letta in Francia. La pietra tombale ce la mette Matteo Renzi, ex segretario del Pd (oggi leader di Italia Viva) con il dente avvelenato: «Credo che lunedì Letta lascerà la segreteria del Pd». L’ex premier rivede una scena nella quale è stato protagonista per ben due volte: le dimissioni da premier e segretario del Pd sia dopo la sconfitta al referendum nel 2016 sia nel 2018 dopo la batosta elettorale alle politiche.
Tra i democratici la corsa alla segreteria è già iniziata con largo anticipo.
Il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini rilascia interviste con il proprio programma per il Pd del futuro. Elly Schlein, altra papabile per il dopo Letta, gira l’Italia (non il collegio dove è candidata) cercando alleanze e intese per la corsa alla leadership.
Andrea Orlando parla già del post voto: «Col M5s abbiamo costruito un percorso insieme che è stato rotto per ragioni sotto gli occhi degli italiani e per un calcolo politico che ha messo il Paese in difficoltà e la possibilità di mantenere il campo largo è venuta meno.
Dopodiché credo che il tema di un dialogo e di un confronto c’era prima e non si è esaurito con l’impossibilità di una coalizione. Se si ferma la destra e si afferma il campo centrosinistra c’è un dialogo in un certo quadro di una possibile riflessione su come recuperare ciò che si è rotto col M5s e con le altre forze che non si riconoscono nel campo del centrodestra. Se vince il centrodestra la discussione è in uno scenario molto diverso, francamente anche preoccupante».
L’aria da resta nei conti al Nazareno fa godere l’ex Renzi: «Il Pd ha giocato per perdere e ci è riuscito. Penso che abbia sbagliato tutto. Credo che lunedì Enrico Letta debba ricevere un mazzo di rose rosse con un bel fascio rosso da Meloni. E poi penso che abbia già il programma del prossimo corso di strategia politica a Parigi: perché la sua campagna elettorale è già un esempio di cose da non fare.
Come proporre di aumentare le tasse, e l’ha già fatto. Io l’ho mandato a casa perché quando era al governo ha aumentato l’Iva. Non ha fatto l’accordo con i Cinquestelle e dal giorno dopo ha preso l’agenda grillina».
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Letta è una mummia impassibile.
Incassa. Anzi finge di spruzzare ottimismo: «Domenica io punto ad avere ben altro risultato, sono convinto e vedo ciò che sta accadendo, sono convinto che domenica andrà molto bene». Non parla di vittoria. Ma di risultato onorevole. E sprona tutti: «La destra si è unita solo per la spartizione del potere, ma è divisa su tutto il resto. Per questo noi dobbiamo fare il massimo sforzo in queste ultime ore, parlando di scuola e sanità pubblica e dei temi principali, come i cambiamenti climatici e i diritti. Salvini ha già iniziato la spartizione delle poltrone del governo, ma ha iniziato a farlo troppo presto».
L’ex premier spera nel miracolo al Sud grazie ai voti dei governatori Michele Emiliano e Vincenzo De Luca.
Ma allontana l’ipotesi di un esilio bis a Parigi: «Se andasse all’opposizione resterebbe a fare politica? Ora punto a vincere ma dopo continuerò naturalmente, non si discute nemmeno», risponde il segretario a Bruno Vespa.