Sanzioni alla Russia, il piano di Orban per eliminarle entro la fine dell’autunno: l’unico al momento che ha a cuore l’interesse del suo popolo e dell’economia nazionale

Marco Bresolin per “La Stampa”

«In autunno dovremo ridiscutere il rinnovo delle sanzioni alla Russia e noi vogliamo bloccare la proroga. Al momento siamo abbastanza isolati, ma spero nel sostegno del governo italiano che uscirà dalle prossime elezioni». È questo, in sintesi, l’auspicio che Viktor Orban avrebbe espresso durante il consueto meeting annuale con gli esponenti di Fidesz, il partito politico di cui è leader.

L’incontro si è tenuto il 10 settembre scorso a Kötcse, un piccolo comune nell’Ovest dell’Ungheria, ma del discorso pronunciato dal premier a porte chiuse non era trapelato nulla. Fino a ieri, quando i contenuti sono stati pubblicati sul sito ungherese di RadioFreeEurope, il network finanziato dal Congresso americano che fa controinformazione in lingua locale nei Paesi situati oltre la vecchia Cortina di Ferro.

Secondo il report di “Szabad Europa”, che cita fonti presenti all’incontro, Orban si sarebbe lanciato anche in una serie di previsioni a medio-lungo termine: il crollo dell’Eurozona nel 2030, almeno altri otto anni di guerra in Ucraina, la prevalenza dei musulmani nelle grandi città francesi entro il 2040, il ricompattamento del gruppo Visegrad e la permanenza di Fidesz al potere fino al 2060.

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Per il capo del governo ungherese, però, la questione da risolvere nell’immediato riguarda le sanzioni alla Russia, che a suo avviso vanno cancellate. Se possibile, con il sostegno del prossimo governo italiano. Un tema che ieri è tornato a sollevare pubblicamente durante la visita a Belgrado, dove ha incontrato il premier serbo Aleksandar Vucic. «Noi vorremmo che la politica delle sanzioni cambiasse. Ci sono nani energetici che impongono sanzioni contro un gigante energetico, ma questo non porterà nulla di buono per nessuno».

Nel meeting a porte chiuse, il premier ungherese avrebbe sottolineato una mancanza di leadership nell’Ue, di qualcuno in grado di riconoscere gli interessi del continente di e agire di conseguenza. Secondo quanto riportato da “Szabad Europa” avrebbe citato esplicitamente Angela Merkel per dire che la cancelliera, «anche se litigavamo sempre», aveva questa dote.

I contenuti del suo discorso sono stati diffusi a poche ore di distanza dall’attesa riunione della Commissione europea, che domani potrebbe decidere per la prima volta di proporre un taglio dei fondi Ue destinati a Budapest per via delle continue violazioni dello Stato di diritto. Un passo richiesto a gran voce dal Parlamento europeo: giovedì l’Aula aveva approvato una relazione per dire che l’Ungheria non è più una democrazia e che Bruxelles dovrebbe portare avanti la procedura prevista dall’articolo 7.

Un iter sanzionatorio che, in ultima istanza, può anche portare alla perdita del diritto di voto in Consiglio (ma per arrivarci serve un via libera all’unanimità da parte degli altri Paesi). Orban ieri ha liquidato il verdetto di Strasburgo definendolo «una barzelletta che però non ci fa più ridere perché ora siamo stanchi». Gli eurodeputati di Lega e Fratelli d’Italia avevano votato contro.

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Nel corso del meeting annuale con gli esponenti di Fidesz, Orban avrebbe parlato principalmente della guerra in Ucraina e del futuro dell’Unione europea. Nonostante la controffensiva dell’esercito di Zelensky, secondo il premier ungherese il conflitto durerà fino al 2030 e Kiev ne uscirà con un territorio nettamente ridimensionato. «Perderanno almeno un terzo o addirittura la metà del Paese»: questa la sua previsione.

Entro la fine del decennio, inoltre, l’Eurozona potrebbe crollare mentre l’Ungheria diventerebbe un contributore netto del bilancio Ue (a oggi, invece, è un beneficiario netto perché riceve molto più di quanto versa): un cambiamento che secondo Orban dovrebbe portare Budapest a una riflessione sulla sua appartenenza all’Unione.

Ha ammesso l’attuale crisi nei rapporti con gli altri membri del gruppo di Visegrad in seguito alle diverse posizioni sul conflitto ucraino che hanno portato all’isolamento di Budapest, ma secondo lui le ferite si rimargineranno presto anche perché potrebbero esserci dei cambiamenti nei governi in Repubblica Ceca e Slovacchia. Al contrario in Ungheria, quella che il Parlamento Ue ha definito «un’autocrazia elettorale», il potere di Fidesz non sarà minimamente scalfito: «La nuova classe dirigente sarà in grado di guidare il Paese fino al 2060».

L’area di Visegrad diventerà dunque il nuovo centro di potere europeo, mentre nel frattempo nel resto dell’Ue si consumerà «l’invasione»: nel 2040 – ha predetto Orban – la maggioranza dei cittadini nelle principali città francesi e in altre capitali europee sarà di religione musulmana.

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