“Voleva che pubblicassimo una finta intervista: pretendeva scriversi anche le domande” Gigino Di Maio, siamo allo sputtanamento totale! L’accusa in prima pagina del quotidiano di Caserta

1 – I FORMAT DI «DIRTY DANCING» DI MAIO

Francesco Bonazzi per “La Verità”

Prima pretende un’intervista addomesticata in cui si fa le domande da solo, poi si mette a cantare e a ballare in una trattoria napoletana, facendosi lanciare per aria dai camerieri come Jennifer Gray in Dirty dancing.

Luigi Di Maio è davvero un politico che se la suona e se la canta da solo, ma anche come ballerino non scherza. Le immagini del nostro ministro degli Esteri danzante devono aver regalato un momento di buon umore anche a Vladimir Putin, impegnato nella dura guerra contro l’Ucraina e convinto che tutta l’Europa ce l’abbia con lui.

La prima frittata se la cucina quasi integralmente l’ufficio stampa di Giggino, l’ex grillino leader di sé stesso ma apparentato con il Pd, quando insiste con Cronache di Caserta per pubblicare un’intervista con le domande autoprodotte. Ieri, per tutta risposta, il quotidiano mette in pagina un gran pezzo dal titolo: «Di Maio, il ministro-pubblicista che pretende interviste-marchetta. Ci ha chiesto visibilità ma voleva scegliersi le domande».

Il direttore, Maria Bertone, racconta senza pietà tutto il backstage dell’intervista mai uscita, concedendo solo che si era deciso di farla tutta per email, visto che «i politici di ultima generazione sono poco avvezzi a parlare a braccio e sono maniaci del controllo». Il problema nasce quando gli uomini di Di Maio leggono le domande della redazione e decidono che no, non vanno bene, perché non era «l’intervista concordata».

Il giornale tiene duro e si rifiuta di pubblicare un blob dove Di Maio andrebbe a briglia sciolta sui programmi futuri e su altre facezie. Il direttore fa giustamente notare che, oltre a essere un ministro della Repubblica, che dovrebbe conoscere l’articolo 21 della Costituzione su libertà di stampa e censura, Di Maio è un giornalista pubblicista che dovrebbe rispettare la deontologia professionale. Poi, suggerisce che il politico potrebbe fare direttamente una cosa, «molto più semplice e pure efficace: stampi il suo programma elettorale, ne faccia manifesti murali e li affigga (pagando la tassa, mi raccomando). Le sue idee saranno note e nessuno lo disturberà con le domande».

Ma poi, idee. Che saranno mai queste idee nella testa di Di Maio e che peso avranno domenica 25 settembre? Bisogna essere leggeri, leggeri, come ballerini che svolazzano di tavolo in tavolo.

Come il video che ha postato sui social la trattoria napoletana da Nennella, in cui si vede il capo della nostra diplomazia cantare e ballare, fino a lasciarsi andare al classico volo d’angelo sulle note di Dirty dancing, come un Patrick Swayze o una Jennifer Graw reloaded. Bello, ammirare il ministro di Pomigliano d’Arco in maniche di camicia e pantaloni ministeriali, tenuto per le ascelle e per le ginocchia, fluttuare leggiadro tra le braccia dei nerboruti camerieri di Nannarella, in un tripudio di musica e gridolini di giubilo. Là fuori c’è il decreto Aiuti, qui c’è il decreto Sostegni, in versione musical.

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2 – DI MAIO, IL MINISTRO-PUBBLICISTA CHE PRETENDE INTERVISTE-MARCHETTA

Maria Bertone per https://cronachedi.it/

“Si faccia una domanda e si dia una risposta”. Deve aver visto troppe puntate delle trasmissioni di Gigi Marzullo il ministro Luigi Di Maio, e avrà pensato che l’intrattenimento e il giornalismo siano la stessa cosa. Roba da non credere, se si considera che lui stesso è un pubblicista dal 2007: eppure è successo.

E’ successo che ci abbia prima chiesto di essere intervistato e poi abbia provato a decidere su cosa dovesse vertere l’intervista, cassando senza alcuna remora le domande sgradite. Sembra assurdo ma è andata proprio così. Ve la riassumo brevemente, così ogni lettore potrà avere tutti gli elementi per valutare una vicenda che per noi di Cronache è gravissima.

E non solo perché è uno schiaffo alla libertà di fare informazione ma soprattutto perché il collega giornalista pubblicista Di Maio è un ministro della Repubblica, ricandidato ad essere eletto dal popolo, incaricato di eseguire un mandato in un’assemblea. Voi lo incarichereste ancora uno che vuole farsi le interviste da solo?

Dicevamo. Qualche giorno fa, l’ufficio stampa di Di Maio contatta la nostra cronista di politica Loredana Lerose: “Ci sentiamo per capire i margini di una eventuale intervista?”

Di Maio è un ministro ancora in carica, con una storia politica breve ma intensa, è ricandidato e quindi ha un programma elettorale di cui poter parlare: insomma, i margini, per noi, ci sono, può venire fuori un’intervista interessante, dunque decidiamo di farla. Come d’uso tra i politici di ultima generazione, poco avvezzi a parlare a braccio e maniaci del controllo, invieremo le domande scritte e riceveremo scritte pure le risposte. Ieri mandiamo il file, come accade quasi una volta al giorno con politici di ogni colore, caratura, carattere.

Ebbene, il tempo di aprirlo e arriva la risposta dell’ufficio stampa di Di Maio: “Questa però è altro tipo di intervista rispetto a quella di cui abbiamo parlato. Non c’è programma”. “In realtà – risponde la brava collega Lerose come si può leggere direttamente dalle immagini – c’è il reddito di cittadinanza, il caro bollette, la crisi energetica.

Penso che di programma si possa parlare”. Non soddisfatto dalla risposta, l’ufficio stampa del ministro allega addirittura la pagina di un’intervista pubblicata su un quotidiano del Molise precisando: “Stiamo facendo interviste di questo tipo, su campagna elettorale, contenuti, temi, programmi e proposte. Su storia personale, Movimento ecc.. ci siamo soffermati nel periodo del libro”.

Quindi, mi facciano capire i gentili colleghi: io intervisto un ministro uscente, bandiera di un partito che all’improvviso ha lasciato, si ricandida in coalizione con un partito che ha sempre avversato usando definizioni passate alla storia, e io giornalista non posso chiedergliene conto perché lo ha già scritto nel suo libro? Devo limitarmi, secondo loro, a chiedere cosa Di Maio intenda fare in caso di rielezione su ambiente, sicurezza, economia e, al massimo, lanciare strali agli avversari come ha fatto sul quotidiano molisano?

Signori, faccio uno scoop e vi rivelo: questo non è giornalismo. Questa è una vecchia, cara marchetta, un annuncio a pagamento, al massimo un redazionale. C’è un vero e proprio codice deontologico che aiuta a distinguere tra un articolo di giornale e una marchetta, chi è iscritto all’Ordine dovrebbe saperlo. O forse Di Maio non l’ha studiato a suo tempo? A quali giornali ha reso interviste-marchetta finora se ha pensato che le domande le sceglie l’intervistato e non l’intervistatore?

Inutile dire che, a queste condizioni, Cronache ha detto “no grazie”. Neanche l’ammiraglio capo della base Nato in Italia, che pure di motivi ne avrebbe per selezionare attentamente ogni parola, si è sognato di scegliersi le domande. Di Maio faccia una cosa, molto più semplice e pure efficace: stampi il suo programma elettorale, ne faccia manifesti murali e li affigga (pagando la tassa, mi raccomando). Le sue idee saranno note e nessuno lo disturberà con le domande. Il tempo risparmiato a rispondere a interviste preconfezionate lo potrà usare per studiare. Un bel manuale di deontologia del giornalismo e pure la Costituzione. Ma non si fermi alle prime righe, come gli studenti che si credono furbi, arrivi almeno all’articolo 21: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Capito… “collega”?

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