Lo studio Usa che mette sotto accusa il terrorismo mediatico: il long covid generato dal continuo terrorismo mediatico dei sedicenti esperti che vivono in tv

La nuova priorità dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) europea sembra essere il cosiddetto “Long Covid”. L’agenzia si è riunita in questi giorni in Israele, a Tel Aviv, per il 72esimo Comitato regionale, ed ha acceso i riflettori sulla sindrome da post Covid. Si tratta di una condizione che si caratterizza per il perdurare per più 12 settimane dall’ultimo tampone negativo, e comporta la presenza di alcuni sintomi dell’infezione per circa 12 mesi.

Durante i due anni di pandemia, sono state almeno 17 milioni le persone che nei 53 Paesi della regione europea monitorata dall’Oms, avrebbero patito questa sindrome difficile da definire: sono noti fino a 200 sintomi. Numeri importanti, si tratta del 10-20% dei positivi totali. Uno studio uscito in questi giorni negli Stati Uniti, dimostra che il disagio mentale, inclusa la «preoccupazione per il Covid-19», sia un fattore di rischio non trascurabile per tale condizione, come per altre infezioni. Nel caso del timore di ammalarsi, il rischio risulta aumentato addirittura fino al 61%. Il paradosso, insomma, è questo: la campagna terroristica costruita attorno alla pandemia potrebbe aver aggravato il problema del long Covid. Grazie dunque al governo, alle televisioni, ai giornali ed ai virologi per aver contributo a questa “pandemia collaterale”.

I dati forniti all’Oms dall’Institute for health metrics and evaluation (Ihme) e riportati nell’edizione odierna de La Verità, sono molto preoccupanti. Tra il 2020 ed il 2021, infatti, ci sarebbe stato «un aumento del 307%» dei nuovi casi di long Covid. Le donne, rispetto agli uomini, avrebbero riscontrato il doppio delle probabilità di sviluppare tale sindrome, che si manifesta più spesso in chi ha avuto la forma grave (un ricovero): una donna su tre e un uomo su cinque. Ma c’è di più. «La ricerca Ihme mostra che quasi 145 milioni di persone in tutto il mondo hanno sofferto di uno dei tre gruppi di sintomi che caratterizzano il long Covid: affaticamento con dolore fisico e sbalzi d’umore, problemi cognitivi e mancanza di respiro», riferisce Christopher Murray, direttore dell’Ihme, premurandosi di ricordare l’importanza di «sapere quante persone sono colpite dalla sindrome, e per quanto tempo», per
«definire strumenti di riabilitazione e supporto», prevedendo anche il coinvolgimento dei datori di lavoro, date le «limitazioni» dovute alla sindrome.

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Dal canto suo, Hans Kluge, direttore di Oms Europa, usa toni non proprio tranquillizzanti parlando di «storie di tragedie individuali, di persone in crisi economica che affrontano problemi relazionali, che perdono il lavoro e cadono in depressione. Molti operatori sanitari che hanno rischiato la vita in prima linea», continua, «ora soffrono di questa sindrome cronica e debilitante dopo un’infezione contratta sul lavoro». A tal proposito sovviene uno studio pubblicato su Jama Psychiatry, realizzato su 54.000 operatori sanitari dai ricercatori della Scuola di sanità pubblica della Harvard University, dimostrante proprio il fatto che, prima dell’infezione, il disagio psicologico (depressione, ansia, preoccupazione,
stress percepito, solitudine e preoccupazione per il Covid) si associa un aumentato di gravità e rischio di long Covid, indipendente dal fumo, dall’asma o altri problemi di salute.

Negli oltre i 3.000 casi di positivi registrati dallo studio, quelli che hanno sviluppato long Covid, prima dell’infezione, soffrivano di angoscia oppure depressione, ansia, preoccupazione per la malattia stessa, stress e solitudine. Queste condizioni erano associate ad un 32%-46% di rischio più alto di prolungamento del Covid. Questi tipi di disagio psicologico erano anche associati a un rischio maggiore del 15%-51% di compromissione della vita quotidiana a causa del prolungarsi dei sintomi della malattia. Non si tratta di una novità assoluta, in medicina. La salute mentale è nota per influenzare gli esiti di alcune malattie, tra cui le infezioni acute del tratto respiratorio, come l’influenza o il comune raffreddore. Altri studi suggeriscono che l’angoscia si associ a sintomi cronici successivi alla malattia di Lyme, alla sindrome da stanchezza cronica e alla fibromialgia, che hanno sintomi simili a quelli del long Covid.

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