“Ecco perché le sanzioni non hanno fatto male alla Russia” La lezione di Scaroni, storico numero uno dell’Eni alla feccia agli ordini del Drago

Andrea Gebbia per il blog di Nicola Porro

Paolo Scaroni, ex ad di Eni ed Enel, oggi deputy chairman di Rothschild & Co. e presidente del Milan, in un’ampia intervista a La Stampa, pur se relativamente tranquillo di fronte al drammatico inverno prospettato da molti analisti, bacchetta la Ue sulle politiche energetiche, sul Green Deal, e sulla strategia delle sanzioni usata per fiaccare Mosca.

Dall’alto della sua esperienza nel campo energetico, che l’ha portato ad avere varie relazioni commerciali con la Russia, Scaroni si dice “abbastanza fiducioso” perché “Mosca normalmente fa quello che dice. Gazprom non ha mai parlato di interruzione totale delle forniture, al massimo di riduzione dei flussi. Come in effetti sta accadendo”. L’Italia deve quindi preoccuparsi dei prezzi del gas, piuttosto che delle forniture. Per l’ex ad vicentino “il governo sta facendo bene a riempire le riserve, pur pagando il metano un prezzo carissimo. In ogni caso, se la Russia continuerà a darci i 40 milioni di metri cubi al giorno di oggi e non ci saranno problemi con gli altri fornitori, l’inverno passerà senza particolari restrizioni”.

Se i russi fanno veramente quello che dicono, allora la minaccia del Cremlino di arrivare a 400 euro al megawattora (un ulteriore 30% in più rispetto al prezzo attuale) potrebbe concretizzarsi. Per questo Scaroni è convinto che sia “giusto che i governi ragionino su piani per calmierare le bollette di famiglie ed imprese, come sta facendo l’esecutivo italiano”. Tuttavia sostiene che “il tetto al prezzo del gas è irrealizzabile, perché non lo vogliono i Paesi del Nord né il mercato, che alla fine comanda”. “Tra l’altro – continua l’ex ad – il rischio è che non si risolva il problema, perché il metano potrebbe trovare altri compratori nel mondo, in Giappone, Corea o Cina. E in quel caso davvero l’Europa rimarrebbe sprovvista”. Anche la tassa sugli extraprofitti introdotta dal governo italiano per limitare le speculazioni viene bocciata da Scaroni: “Io sono contrario a criteri inseriti a posteriori: non si può dire “hai guadagnato tanto, quindi ti tasso di più” […] In generale sarebbe meglio una norma che dicesse che tutti i prezzi maggiori di una determinata soglia verranno tassati di più”.

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Con uno sguardo al futuro, Scaroni elenca gli errori di strategia e di comunicazione commessi dalla Ue. “Il Green Deal va nella direzione giusta […] per conquistarci l’indipendenza energetica. Ma non è stato chiarito all’opinione pubblica quanto siamo lontani dal sostituire gli idrocarburi: è una strada ancora lunghissima”, ricorda Scaroni. E aggiunge: “Credo che il Green Deal sia stato costruito in maniera un po’ teorica, con poco pragmatismo e non tenendo sufficientemente in considerazione i tempi lunghi della transizione energetica”.

L’ex ad non vede grandi prospettive per l’energia nel Vecchio Continente: “Stiamo costruendo un’Europa strutturalmente debole sull’energia”. “L’Europa dovrebbe pensare soprattutto ad una politica energetica per il futuro, per evitare di avere i prezzi più alti di tutti anche quando la crisi sarà superata”. “Oggi gli Usa pagano il gas un decimo dei Paesi europei: la nostra industria è in una posizione competitiva drammatica”. Al termine della crisi, pur con tutti i necessari miglioramenti tecnologici e commerciali (come rigassificatori e nuovi fornitori), “anche in quel caso – ammonisce Scaroni – pagheremmo il metano il doppio o il triplo degli Stati Uniti e della Cina”.

Scaroni sottolinea che le sanzioni dell’Ue verso la Russia non hanno fatto male a Mosca dal punto di vista energetico: “Vendendo meno, incassa come prima”. L’embargo e la lungimiranza dei responsabili nel definirlo vengono criticati dall’esperto businessman: “Forse non era chiaro a tutti il costo di queste sanzioni per l’Europa”. Anche se laconicamente sembravano non esserci molte altre alternative possibili, perché la Russia resta pur sempre l’invasore: “Non potevamo rimanere impassibili di fronte all’invasione dell’Ucraina”.

 

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