Chi ti ha dato quei 150mila euro che avresti usato per farti eleggere? Enrico Letta preso da Franco Bechis con le mani nella marmellata: la sua dichiarazione palesemente illegale

Enrichetto abbonda di neretto – Nella documentazione patrimoniale di Letta sul sito della Camera sono riportati i tre bonifici da 50mila euro totali che hanno finanziato la sua campagna elettorale alle suppletive. Ma il segretario del Pd ha cancellato i nomi dei suoi generosi benefattori. Perché? Chi sono? – Bechis: “Le norme dicono che nessuno può accettare finanziamenti da chi sia contrario a dare piena pubblicità all’atto. E quindi sono illegali i finanziamenti ricevuti e oscurati come quelli che hanno permesso a Letta di diventare deputato”

Franco Bechis per “Verità & Affari”

Tre bonifici. Uno da 30 mila euro in data 2 settembre 2021. E due da 10 mila euro, uno in data 9 settembre 2021 e uno in data 4 ottobre 2021. Sono i 50 mila euro che hanno finanziato la campagna elettorale del segretario Pd Enrico Letta per farlo diventare deputato alle elezioni suppletive dello scorso autunno nel blindatissimo collegio uninominale n. 12 per la Camera dei deputati a Siena.

Sono tutti e tre riportati in copia- insieme alla sua dichiarazione dei redditi- nella sezione “documentazione patrimoniale” nella scheda del deputato Letta sul sito Internet dell’assemblea di Montecitorio. Ma di quei tre versamenti si conosce solo il destinatario- che è appunto il segretario del Pd- oltre all’importo e alla data del versamento. Non ci conoscono però i benefattori.

Sappiamo che sono due grazie alle schede di dichiarazione congiunta trasmesse alla segreteria della Camera via Pec: uno ha versato 10 mila euro a Letta, e l’altro 40 mila euro in due tranches. L’identità del benefattore è però segreta, perché in entrambe le schede di versamento il suo nome (o la sigla dell’organizzazione o della eventuale società) è oscurata da un tratto di pennarello nero che ne protegge la privacy.

Un predecessore di Letta- l’ex segretario del Pd Massimo D’Alema, divenne famoso per una vignetta contestata di Forattini che ne faceva il mago del bianchetto. Il successore è un maestro del neretto. Ma il risultato è lo stesso: trasparenza zero.

Addirittura nelle schede sono oscurati sia nome e cognome che firma del mandatario elettorale che raccoglieva i fondi per Letta. Ed è oscurata pure la firma di chi ha versato quei 50 mila euro, in modo da non avere alcun appiglio per risalire alla sua identità.

Trascinato dalla furia della “trasparenza zero” Letta allega anche la sua dichiarazione dei redditi 2021 (periodo di imposta 2020) annerendo in modo grottesco il suo codice fiscale per ragioni malposte di privacy.

Una scelta davvero incomprensibile perché nella stessa scheda del deputato Pd sono indicati per esteso luogo e data di nascita, e chiunque potrebbe con quegli elementi risalire al codice fiscale con un banalissimo calcolatore che si trova su centinaia di siti Internet facendo una ricerca su google.

Poco male per questo eccesso di neretto, perché quel che conta nella dichiarazione dei redditi è conoscere quanto guadagna un deputato. Nel caso di Letta non se la passava male: il suo reddito complessivo dichiarato nel 2021 era di 621.818 euro guadagnati in Francia grazie al suo incarico di direttore del dipartimento affari internazionali a SciencesPo a Parigi.

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FINANZIAMENTI ALLA CAMPAGNA ELETTORALE DI ENRICO LETTA

 Lasciando la politica dopo la spallata di Matteo Renzi del 2014 dunque Letta è stato più che sereno: ha sestuplicato il suo reddito rispetto all’ultimo conosciuto (quello 2015), che era di 193.436,80 euro. Anche sotto il profilo fiscale non sembra essergli andata male: l’imposta lorda da versare al fisco italiano è stata di 260.552 euro, ma in dichiarazione dei redditi risulta anche un credito di imposta per redditi prodotti all’estero di 61.631 euro, oltre a una detrazione di 144 euro per erogazione liberale.

Quanto a beni posseduti, il segretario del Pd risulta nullatenente almeno in Italia (eventuali possedimenti all’estero non vengono obbligatoriamente dichiarati), e in effetti la bella casa romana da 10 vani più box auto dove Letta vive ancora oggi a Testaccio è intestata alla seconda moglie, la giornalista del Corriere della Sera, Gianna Fregonara e ha un valore di mercato che oscilla fra 5 e 600 mila euro.

Dunque il segretario del partito che gareggia per essere il numero uno in Italia ha una visione oscurantista del finanziamento della politica. Il nome di Letta è legato alla legge sui finanziamenti alla politica attualmente in vigore varata a inizio della scorsa legislatura, quando l’attuale segretario del Pd è stato per pochi mesi presidente del Consiglio dei ministri.

Nella sua retorica Letta vorrebbe essere quello che ha abolito il finanziamento pubblico, e in effetti sono spariti i generosi rimborsi elettorali che allora venivano erogati secondo la precedente normativa. I finanziamenti dello Stato ai partiti sono restati tanto è che esistono anche oggi con quel 2 per mille dell’Irpef che devolve alle forze politiche in regola con gli statuti (dal 2022 anche al M5s) risorse proprie dell’erario.

I finanziamenti privati che con modello anglosassone avrebbero dovuto sostituire le risorse pubbliche sono poco noti agli elettori perché non è solo Letta a fare abbondante uso di quel pennarello nero. Avere nascosto i nomi dei suoi benefattori come nessun leader politico avrebbe possibilità di fare in altri paesi europei e tanto meno negli Stati Uniti, in Italia è sicuramente disdicevole dal punto di vista politico e del rapporto di lealtà con l’elettorato, ma è anche illegale secondo la normativa italiana vigente.

Fosse stato per Letta no. Perché il suo famoso decreto legge 149/2013 sul finanziamento della politica, il peggiore provvedimento legislativo sulla materia nella storia della Repubblica italiana, condizionava la pubblicità dei finanziamenti privati alla politica fra 5 mila e 100 mila euro alla dichiarazione volontaria di consenso alla pubblicità del donatore.

Una cosa che non esisteva manco nella prima Repubblica, visto che ai tempi di Bettino Craxi e Giulio Andreotti i finanziamenti legali alla politica (ovviamente non le tangenti) dovevano essere trasmessi alla tesoreria delle Camere a firma congiunta di benefattore e percettore e lì essere messi a disposizione di qualsiasi cittadino elettore ne facesse domanda.

Quella innovazione della legge Letta che premetteva di oscurare per ragioni di privacy i soldi che politici e partiti ricevevano da persone fisiche o giuridiche è stata abrogata dal primo governo di Giuseppe Conte (quello gialloverde) con la spazzacorrotti. Ora le norme dicono che nessuno- politico, partito o fondazione, può accettare finanziamenti piccoli e grandi da chi sia contrario a dare piena pubblicità all’atto. E quindi sono illegali i finanziamenti ricevuti e oscurati come quelli che hanno permesso a Letta di diventare deputato. Quel pennarello nero dunque non poteva oscurare l’identità dei finanziatori della campagna elettorale personale del segretario del Pd. Che ora si appresta a farne un’altra…

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