Lo schifo della moglie di Zelensky: mentre il marito fa morire per nulla migliaia di suoi soldati, come una sciuretta qualsiasi si fa intervistare e fotografare da Vogue in pose indegne

Non esiste un manuale di istruzioni per le first lady in tempo di guerra, e così Olena Zelenska sta scrivendo il suo. La moglie del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che è stata a lungo autrice di sketch televisivi, ha sempre preferito rimanere dietro le quinte, mentre il marito, un attore comico diventato uomo politico, il cui mandato presidenziale potrebbe ancora decidere il destino del mondo libero, brillava sotto i riflettori. Ma da quando, lo scorso 24 febbraio, la Russia ha invaso l’Ucraina, Zelenska si è ritrovata improvvisamente al centro di una tragedia. Quando l’ho incontrata, di recente, in un piovoso pomeriggio a Kiev, dove i caffè erano affollati nonostante le frequenti sirene antiaeree, il suo viso luminoso e i suoi occhi verde-marrone sembravano riflettere la gamma di emozioni che in questo momento attraversa l’Ucraina: profonda tristezza, sprazzi di umorismo nero, ricordi di un passato più sicuro e felice e, al centro di tutto, un incrollabile orgoglio nazionale.

«Questi sono stati i mesi più terribili della mia vita e di quella di tutti gli ucraini», mi ha detto nella lingua del suo Paese, servendosi di un traduttore. «Francamente, non credo sia possibile capire come ce la siamo cavata dal punto di vista emotivo». A ispirarla, ha sottolineato, sono i suoi compatrioti. «Non vediamo l’ora di vincere. Non abbiamo dubbi sul fatto che prevarremo. Ed è questo che ci aiuta ad andare avanti».

Ho incontrato Zelenska – i cognomi hanno un genere nelle lingue slave – all’interno del complesso che ospita gli uffici presidenziali, un luogo rigorosamente sorvegliato, per raggiungere il quale ho dovuto fare un lungo viaggio. Con lo spazio aereo ucraino chiuso ai voli civili, è stato necessario prendere un treno notturno dalla Polonia, attraversando paesaggi che hanno visto alcuni dei peggiori orrori del XX secolo. Una volta all’interno del complesso, ho superato diversi posti di blocco e un labirinto di corridoi oscurati, fiancheggiati da sacchi di sabbia e pullulanti di soldati. La vita in tempo di guerra.

Fin dall’inizio, questa guerra è stata combattuta sia sul terreno sia nello spazio mediatico, dove Zelensky, competente, telegenico e alla mano nelle sue famose magliette color oliva, ha decisamente brillato. Ora, in una nuova, cruciale fase, con l’Ucraina che lotta per ottenere il sostegno internazionale e nuovi aiuti militari, il ruolo della first lady non è più secondario o meramente ornamentale. Dopo aver trascorso nell’ombra i primi mesi di guerra, la 44enne Zelenska – lei e il marito sono coetanei – è emersa dall’oscurità per diventare il volto dell’Ucraina: il volto di una donna, di una madre, un volto umano ed empatico. Se Zelensky guida una nazione di civili che, da un giorno all’altro, si sono trasformati in combattenti, lei ha portato sulle spalle il loro fardello emotivo.

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Olena Zelenska
Olena Zelenska  con un gruppo di soldatesse ucraine. 

In Ucraina, decine di migliaia di donne sono state al fronte, anche in combattimento, e il ruolo di Zelenska si è orientato sempre più verso l’attività diplomatica in prima linea. Di recente, si è recata a Washington, anche se in visita non ufficiale e non annunciata, e ha incontrato il presidente Biden, la first lady Jill Biden e il segretario di Stato Antony Blinken. Si è anche rivolta al Congresso, spiegando a un gruppo bipartisan di legislatori che stava parlando come madre e figlia, non solo come first lady. Ha mostrato le foto dei bambini ucraini uccisi dai missili russi, tra cui uno di quattro anni con la sindrome di Down, prima di rincarare la dose: «Sto domandando qualcosa che avrei preferito non dover chiedere mai: armi, armi da usare non per fare una guerra sulla terra di qualcun altro, ma per proteggere la propria casa e il diritto di svegliarsi vivi in quella stessa casa».

È una versione più accorata del messaggio che il marito da sempre ripete: la guerra in Ucraina non riguarda solo l’Ucraina, ma anche chi si troverà a dover difendere i valori dell’Occidente e l’ordine postbellico basato sulle regole. Se Vladimir Putin può invadere un Paese sovrano per realizzare la sua ambizione di riunificare l’ex impero russo, chi può dire dove si fermerà?

Non è chiaro se Zelenska, o suo marito, riusciranno a ottenere un maggiore coinvolgimento degli alleati occidentali dell’Ucraina in un conflitto di cui per ora non si vede la soluzione e che sta gravando pesantemente sull’economia globale. Lo stesso giorno in cui Zelenska si è rivolta al Congresso, il ministro degli esteri russo ha dichiarato che il suo governo avrebbe preso in considerazione la possibilità di espandersi in altri territori se i Paesi occidentali avessero fornito all’Ucraina più armi a lungo raggio. Zelensky, dal canto suo, vuole spingere i russi a tornare ai confini anteriori al 24 febbraio, se non a quelli ancora precedenti, prima di prendere in considerazione la possibilità di aprire i negoziati con Mosca. Tuttavia, se da un lato l’Ucraina insiste sul fatto che la vittoria è possibile, dall’altro sembra improbabile che la Russia rinunci a uno qualunque dei territori finora rivendicati. In tutto questo, il Congresso e la Casa Bianca si sono mossi lungo una linea delicata: hanno fornito all’Ucraina aiuti militari per miliardi di dollari, ma si sono dimostrati riluttanti a inimicarsi la Russia in modo permanente, a rimanere invischiati in una guerra che rischia di durare a lungo e a inviare eccessivi quantitativi di armi a un esercito ucraino che potrebbe non essere addestrato a usarle, senza contare il pericolo che cadano in mani russe. Allo stesso tempo, i principali Paesi europei, in particolare la Germania, con la loro dipendenza dal gas russo, hanno di fatto continuato a finanziare lo sforzo bellico di Mosca, pur offrendo all’Ucraina supporto militare e tecnico.

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A prescindere dal fatto che riesca a ottenere risultati concreti, la visita di Zelenska a Washington ci ha ricordato quanto sia grande il potere dell’immagine. Le immagini contano. Tetyana Solovey, ex redattrice dell’edizione ucraina di Vogue, oggi residente a Londra, afferma che la comparsa di Zelenska sulla scena è stata fondamentale: «È necessario che in questa guerra le voci femminili siano ascoltate e godano di visibilità», dice. Zelenska è stata «la prima a parlare dell’esperienza della guerra dal punto di vista umano». La first lady ha aiutato l’Ucraina a far sentire la propria voce. All’inizio del conflitto, «l’intero panorama mediatico risuonava solo di ciò che diceva Biden, o Boris Johnson, o Olaf Scholz. Insomma, si sentiva parlare solo di cosa i grandi attori della politica internazionale pensavano dell’Ucraina, di cosa voleva Putin», afferma Solovey. «La presenza di Zelenska a livello mediatico contribuisce a far apparire l’Ucraina un soggetto attivo, un Paese che ha il diritto di essere ascoltato, di parlare, di essere considerato rilevante».

All’inizio di giugno, a Kiev, in una delle sue prime apparizioni pubbliche dopo l’invasione, Zelenska ha reso omaggio a circa 200 bambini ucraini uccisi in guerra, tenendo un discorso a una folla che comprendeva genitori in lutto fuori dalla Cattedrale di Santa Sofia, le cui cupole dorate si stagliavano contro il cielo di inizio estate (un mese più tardi, il numero delle vittime fra i bambini è salito a 300, mi ha rivelato). «L’intero Paese conosce le vostre storie, e non siete soli», ha detto quel giorno. «Dovete essere consapevoli della vostra importanza. Siete stati fondamentali per i vostri figli. Quindi prendetevi cura di voi stessi, anche per loro. È quello che vorrebbero». Zelenska e i genitori hanno appeso agli alberi delle campane, una per ogni bambino. «Le campane rappresentavano le voci dei bambini innocenti, così avrebbero suonato per sempre, e per sempre sarebbero state ascoltate», mi ha detto. «Ho pianto per tutto il tempo in cui sono stata lì». Con i missili russi che cadono su obiettivi civili, Zelenska ha anche avviato un’iniziativa per aiutare ad assistere gli ucraini che hanno subito traumi. È alla guida di un progetto teso a formare operatori della salute mentale e a insegnare agli addetti al primo soccorso, tra cui insegnanti, farmacisti, assistenti sociali e agenti di polizia, ad agire come consulenti. «Più in generale, questa iniziativa ha l’obiettivo di salvaguardare la salute mentale nella nazione», dice. È una risposta moderna a una guerra di aggressione di vecchia scuola, una risposta che va oltre la semplice sopravvivenza per guardare agli effetti a lungo termine.

Olena Zelenska
«Durante le prime settimane successive allo scoppio del conflitto eravamo scioccati», ha raccontato Zelenska. «Dopo Bucha, abbiamo capito che era una guerra destinata a sterminarci tutti. Una guerra di sterminio».

Quello della first lady è un ruolo che Zelenska non ha mai voluto interpretare. «Ho sempre preferito restare dietro le quinte, mi si confaceva di più», dice. «Ritrovarmi sotto i riflettori è stato piuttosto difficile per me». Lei e Zelensky si sono conosciuti al liceo, hanno iniziato a frequentarsi all’università e hanno avuto una vita piena nel mondo dello spettacolo, prima che lui conquistasse la presidenza, nel 2019, con una valanga di voti ottenuti grazie a una campagna basata sulla lotta alla corruzione. Gelosa della loro privacy, lei non voleva che si candidasse, ma, come tanti altri ucraini in questa guerra, ha affrontato gli eventi con grazia e grinta. «Sto cercando di fare del mio meglio», dice. Del resto, è sempre stata una studentessa diligente.

Durante le nostre due conversazioni a Kiev, Zelenska si è dimostrata schietta, piena di dignità, elegante, promuovendo discretamente gli stilisti ucraini. In una delle due occasioni, indossava una camicetta di seta écru, con un fiocco di velluto nero alla gola, abbinata a una gonna longuette, sempre di colore nero, e portava i capelli biondo cenere raccolti in uno chignon. Il giorno dopo, indossava una camicia button-down color ruggine, jeans a gamba larga e sneakers bianche con dettagli gialli e blu, in omaggio alla bandiera ucraina e a un progetto di raccolta fondi del marchio The Coat. I capelli, invece, erano sciolti sulle spalle. Non ho potuto fare a meno di pensare che la camicia avesse la stessa tonalità rugginosa dei carri armati russi bruciati che avevo visto lungo le strade di Irpin e Bucha, sobborghi di Kiev dove le forze ucraine hanno respinto gli invasori. A Bucha, dove è stata rinvenuta una fossa comune, sono in corso indagini per stabilire se i russi abbiano commesso crimini di guerra. Ho chiesto a Zelenska in che modo le notizie relative alle atrocità compiute dagli invasori a Bucha abbiano cambiato il quadro generale. «Durante le prime settimane successive allo scoppio del conflitto eravamo scioccati», ha risposto. «Dopo Bucha, abbiamo capito che era una guerra destinata a sterminarci tutti. Una guerra di sterminio».

È strano parlare di sterminio ucraino e di moda ucraina nella stessa conversazione, eppure questa è la dissonanza cognitiva dell’Ucraina di oggi, dove stilisti e professionisti di ogni tipo si stanno mobilitando in patria e all’estero per sostenere il proprio Paese. Questa dissonanza risulta evidente soprattutto a Kiev, dove si può sorseggiare un matcha in un caffè e poi guidare per un’ora fino a Bucha per visitare una fossa comune. È una situazione difficile da capire.

Nonostante la grazia che Zelenska irradiava anche sotto pressione, era impossibile non notare l’impatto che la guerra ha avuto su di lei. A volte appariva ansiosa e nervosa, come se fosse bloccata in una semi-permanente reazione di attacco o fuga. I suoi occhi si riempivano di tristezza, soprattutto quando parlava dei bambini morti, e talora fissava qualcosa oltre la finestra o incrociava le mani sullo stomaco, in un gesto di autoprotezione. Non c’è da stupirsene. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, Zelensky è diventato l’obiettivo numero uno, e lei e i figli l’obiettivo numero due. Non deve essere facile. «Non posso pensarci troppo, perché altrimenti finirei per diventare paranoica», ha detto, lanciando un’occhiata circospetta a un assistente, quando le ho chiesto, nel modo più delicato possibile, come si sentisse.

Quando la guerra è iniziata, quella mattina di febbraio, Zelenska si trovava a casa, nella residenza presidenziale di Kiev, con il marito e i loro due figli: Oleksandra, di 18 anni, e Kyrylo, di 9. Per mesi, l’amministrazione Biden aveva condiviso con l’Ucraina e l’Europa informazioni che preannunciavano un’imminente invasione russa. Tuttavia, nessuno, nemmeno Zelensky, si aspettava che accadesse. Quando è successo, lui ha indossato un completo, si è recato in ufficio e ha dichiarato la legge marziale. Mentre i carri armati russi si dirigevano verso Kiev, si è infilato la divisa militare e si è guadagnato il durevole sostegno degli ucraini e l’ammirazione del mondo intero non fuggendo dal Paese, come aveva fatto uno dei suoi predecessori, il filorusso Viktor Yanukovych, di fronte alla rivolta popolare di Piazza Maidan, nel 2014. «Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio», si dice che il Presidente abbia esclamato in quell’occasione, una frase forse apocrifa, ma che è passata alla Storia.

Il secondo giorno di guerra, Zelensky ha girato con il telefono il famoso video che ritraeva lui e la sua squadra fuori dal complesso presidenziale. Il suo messaggio, «Siamo qui. Siamo a Kiev. Stiamo proteggendo l’Ucraina», ha ispirato i suoi compatrioti a fare altrettanto. Da allora, anche il suo video-briefing quotidiano alla nazione ha contribuito a risollevare il morale. Prima di diventare presidente, Zelensky non è stato solo un popolare comico, una star del cinema e della televisione, il doppiatore dell’orso Paddington, nonché uno dei vincitori della locale versione di Ballando con le stelle, ma ha anche co-fondato una delle più grandi società di produzione televisiva e cinematografica dell’era post-sovietica, Studio Kvartal 95. Zelenska ha lavorato come sceneggiatrice e redattrice nel suo principale programma comico-satirico di prima serata e in uno spin-off indirizzato al pubblico femminile. Una volta in carica, Zelensky ha introdotto nell’amministrazione molti colleghi e amici della televisione. Ciò ha comportato delle sfide, in particolare accuse di incompetenza istituzionale (di recente, ha licenziato un amico d’infanzia che aveva nominato capo dei servizi di sicurezza dell’Ucraina). Ma non c’è dubbio che Zelensky e il suo team abbiano organizzato una comunicazione straordinariamente efficace. Il Presidente è pronto per la prima serata, anche se le istituzioni del Paese potrebbero non esserlo. Un duro lavoro di riforma si prospetta per l’Ucraina, se il Paese aspira effettivamente a entrare nell’Unione Europea. Sarà un processo lungo.

Mentre, all’inizio della guerra, Zelensky era onnipresente sugli schermi dell’Ucraina e del mondo intero, dedito a implorare gli Stati Uniti e l’Europa di inviare armi e aiuti, Zelenska e i suoi figli erano spariti dalla circolazione, costretti a spostarsi da un luogo sicuro all’altro. In quei giorni difficili, Zelenska si è tenuta occupata, e con la mente lucida, continuando a svolgere i suoi compiti ufficiali di first lady, rilasciando interviste per iscritto e cercando di adattare alla situazione bellica alcune delle sue iniziative. «Il mio programma giornaliero non prevedeva un momento libero in cui potermi sedere e iniziare a pensare a cose brutte», dice. Ha aiutato il figlio a frequentare la scuola online, una sfida, perché non potevano farlo in tempo reale. Hanno ingannato il tempo con i giochi da tavolo e la lettura. In particolare, Zelenska ha riletto 1984 di George Orwell. «È un’orribile coincidenza, un’immagine di ciò che sta accadendo in Russia in questo momento», dice.

Olena Zelenska
Olena Zelenska e il marito, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky.

Per un certo periodo, Zelenska non è riuscita a comunicare né con il marito né con i genitori. Prima della guerra, parlava ogni giorno al telefono con la madre. «Non so come avrei fatto a sopravvivere a questi mesi se fossimo stati separati», ha detto a proposito dei figli. Il Presidente non ha ancora potuto vederli per motivi di sicurezza. «Sta attraversando un periodo particolarmente difficile, da questo punto di vista. Soffre, così come soffrono i miei figli, perché non possono vedersi», rivela Zelenska. Anche la prima famiglia dell’Ucraina è stata separata, come tante altre nel Paese. Dall’inizio della guerra, circa 9 milioni di ucraini sono fuggiti dalla loro patria, per la maggior parte donne e bambini. Gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni sono tenuti a rimanere e sono incoraggiati a servire nelle forze di difesa territoriale. Si calcola che siano morti 5.000 civili ucraini, anche se probabilmente sono di più, e nei momenti di massima intensità dei combattimenti l’amministrazione stimava le perdite a 200 soldati al giorno.

Quando, lo scorso 8 maggio, giorno della Festa della Mamma, Zelenska è finalmente apparsa in pubblico, figurando accanto alla first lady americana, Jill Biden, nell’ambito di una visita a un rifugio per sfollati nell’Ucraina occidentale, il messaggio inviato è stato particolarmente forte: lei era ancora nel Paese e lavorava per il bene comune. Questo ha segnato l’inizio di una nuova fase nella guerra, così come nel suo ruolo di first lady. Zelenska è diventata un faro per i suoi concittadini, una protagonista nella battaglia dell’Ucraina per conquistare i cuori e le coscienze del mondo.

Prima della guerra, Zelenska operava già a sostegno delle persone vulnerabili, in particolare dei bambini con necessità speciali, oltre a essersi impegnata nella lotta alla violenza domestica, mediante una campagna di sensibilizzazione sull’argomento. Si è rivolta a un rinomato chef ucraino con l’obiettivo di rivedere il regime alimentare delle mense scolastiche pubbliche, introducendo più frutta e verdura in una dieta prevalentemente a base di carne e patate, e ha contribuito a ottenere l’introduzione di audioguide in lingua ucraina nei principali musei internazionali, iniziativa, quest’ultima, cui si dedica ancora, anche perché milioni di ucraini vivono oggi all’estero, soprattutto in Europa. L’iniziativa relativa alle mense scolastiche è slittata perché ora la questione è se i bambini possano andare a scuola – i russi ne hanno bombardate diverse, e non tutte dispongono di rifugi antiatomici adeguati – e se siano nutriti a sufficienza. Nel suo discorso al Congresso, Zelenska ha paragonato la strategia della Russia in Ucraina a Hunger Games.

Il discorso ha illustrato lo stile di Zelenska: un messaggio duro trasmesso da una persona dall’aspetto delicato. Prima dello scoppio del conflitto, la famiglia presidenziale aveva incarnato agli occhi del mondo l’immagine di un’Ucraina giovane e indipendente, che guardava fiduciosa al futuro. Non era più il Paese degli oligarchi e dei cleptocrati degli anni post-sovietici. «Lei rappresenta la modernità, la concretezza», dice Julie Pelipas, designer ucraina residente a Londra, che ha contribuito allo styling delle immagini che accompagnano questo servizio. «È molto rigorosa in fatto di stile, ma lascia spazio alla sperimentazione. Quando indossa un tailleur pantalone, non si preoccupa di avere un aspetto troppo maschile accanto al Presidente. In Ucraina, questo è l’atteggiamento di una donna moderna: noi non abbiamo paura di mostrare che siamo forti, che siamo uguali agli uomini».

Poco prima della visita di Zelenska a Washington, ho chiesto al presidente ucraino informazioni su sua moglie e su come lei stesse contribuendo alla causa. Quando ho raggiunto il suo ufficio, nel complesso presidenziale di Kiev, dopo aver superato una serie di controlli di sicurezza, mi ci è voluto un attimo per capire che ero arrivata. Grazie ai suoi messaggi video, ho riconosciuto subito la sua scrivania, affiancata da una bandiera dell’Ucraina. Seduto in fondo a un lunghissimo tavolo, Zelensky indossava un maglione e un paio di pantaloni color oliva. Era magro, con la barba di alcuni giorni, e aveva l’aria stanca. Ci siamo stretti la mano. Gli ho spiegato che ero lì per parlare di un altro fronte della guerra: quello interno. «Anche la casa è la linea del fronte», ha replicato lui in inglese, nel suo caratteristico tono baritonale. Mi ha detto, passando alla sua lingua, di capire perché milioni di ucraini erano fuggiti dal Paese, ma riteneva che quelli rimasti dovessero essere dei modelli, a cominciare dalla sua famiglia. «Io posso esserlo per una parte del nostro popolo, una parte significativa», mi ha spiegato. «Ma per le donne e i bambini, il fatto che mia moglie sia qui è un esempio. Credo che lei svolga un ruolo fondamentale per l’Ucraina, per le nostre famiglie e per le nostre donne».

Il conflitto è ora entrato in una cruciale fase di transizione. Ampie zone dell’Ucraina orientale e meridionale si trovano sotto l’occupazione russa. Zelensky chiede un maggiore sostegno militare per provvedere alla difesa e per recuperare i territori che la Russia ha conquistato da febbraio, se non dal 2014, quando ha invaso per la prima volta la Crimea e parti dell’Ucraina orientale. L’attenzione internazionale è calata, mentre l’inflazione e il prezzo del gas si impennano in tutto il mondo. Quando gliel’ho fatto presente, Zelensky è stato alquanto diretto: «Sarò molto onesto e forse non particolarmente diplomatico: il gas non è niente. Anche il covid non è niente, se lo si confronta con quello che sta succedendo in Ucraina», ha detto. «Provate a immaginare che quello di cui sto parlando accada a casa vostra, nel vostro Paese. Vi preoccupereste ancora del prezzo del gas o di quello dell’elettricità?». La battaglia, ha ribadito, va oltre l’Ucraina: «Stiamo facendo fronte a qualcosa che potrebbe succedere in qualsiasi Paese», ha detto. «Se il mondo permette che questo accada, allora non è coerente con i suoi valori. Ecco perché l’Ucraina ha bisogno di sostegno, di un sostegno massiccio».

Ho chiesto a Zelensky in che modo la guerra ha colpito la sua famiglia. «Come qualsiasi uomo di questo Paese, ero preoccupatissimo per la sicurezza dei miei famigliari», ha risposto. «Non volevo che corressero dei rischi. Non si tratta di romanticismo. Si tratta degli orrori che stavano accadendo qui, nella periferia di Kiev, e di tutti gli orrori che stanno avendo luogo ora nel nostro Paese, nei territori occupati. Ma, ovviamente, mi sono mancati. Desideravo tanto poterli abbracciare, toccare». È orgoglioso della moglie per il modo in cui ha affrontato la situazione: «Ha una personalità forte, probabilmente è più forte di quanto pensasse lei stessa. Questa guerra… beh, qualsiasi guerra è destinata a far emergere qualità che non si pensava di possedere».

Se Zelensky si è dimostrato un po’ rigido quando mi ha detto che Olena è una madre eccezionale e che prende molto sul serio le sue responsabilità di first lady, si è poi subito sciolto quando gli ho chiesto delle sue qualità umane, del loro passato insieme, di ciò che la gente dovrebbe sapere di lei. «È la donna che amo, ovviamente, ma è anche la mia più grande amica», ha detto. «Oltre a essere una patriota e ad amare profondamente l’Ucraina».

I due si sono conosciuti al liceo, in quella che è la città natale di entrambi, Kryvyi Rih, un centro industriale nel sud-est dell’Ucraina. Non è stato quello che si dice amore a prima vista. Inizialmente, Zelensky si è sentito attratto dall’aspetto di lei: «In una persona, quello che guardi sono gli occhi e le labbra», ha spiegato. Poi hanno iniziato a parlare. «È allora che si passa dalla simpatia all’amore. È quello che è successo a me», ha confessato («Probabilmente, il comune senso dell’umorismo è ciò che ha innescato la reazione chimica fra noi», aveva dichiarato Zelenska quando le avevo chiesto come fosse iniziata la loro relazione). Zelensky ha provato le sue battute con Olena? Lui sorride: «Sì, certo. Ma le mie battute non funzionano sempre con lei. È un’ottima editor».

Zelenska è nata Olena Kiyashko. Sua madre era ingegnere e dirigente in un’impresa di costruzioni, mentre suo padre era professore in una scuola tecnica. Sia lei sia il marito sono figli unici ed entrambi sono cresciuti in famiglie di lingua russa, imparando l’ucraino più tardi. Avevano 11 anni quando è caduto il Muro di Berlino e frequentavano le scuole medie quando l’Ucraina ha ottenuto l’indipendenza, nel 1991. Gli Aerosmith e i Beatles sono stati la colonna sonora della loro adolescenza. «Eravamo ragazzi all’epoca in cui l’Unione Sovietica viveva i suoi ultimi giorni», dice Zelensky. «Il mondo cominciava ad aprirsi per noi». Anche per questo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata uno choc. «Quando qualcuno inizia a dire che gli ucraini non esistono e che un ucraino è solo un cattivo russo, noi non ci stiamo», dice. «Le persone nate nell’Ucraina indipendente hanno ormai trent’anni. È una nuova generazione. Quindi nessuno, qui, condivide le ragioni pretestuose che hanno addotto per invaderci».

Olena Zelenska
«È la donna che amo, ovviamente, ma è anche la mia più grande amica», ha detto della moglie il Presidente Zelensky. In questo servizio la first lady indossa le creazioni di brand ucraini come Bettter, Six, Hvoya, The Coat, Kachorovska, e Poustovit.

All’università, Zelenska si è laureata in architettura, mentre lui si è dedicato agli studi di legge, ma presto entrambi hanno cambiato rotta per dedicarsi alla commedia satirica. All’inizio Zelenska dubitava di potersi guadagnare da vivere in questo modo, ma la compagnia comica guidata da Zelensky aveva già vinto un concorso enormemente popolare. «Quindi non partivamo proprio da zero», osserva lei. La troupe ha vinto il concorso a più riprese, e nel 2003 Zelensky e i suoi amici, tra cui Zelenska, hanno fondato Kvartal 95, una società di produzione che sarebbe diventata una delle più grandi del mondo russo-ucraino. L’hanno chiamata come il quartiere di Kryvyi Rih dove Volodymyr e Olena sono cresciuti.

Kvartal 95 ha prodotto per anni un popolare programma satirico, Vecherniy Kvartal, di cui Zelensky era la star e Zelenska uno degli autori. Spesso lei era l’unica donna a scrivere le sceneggiature, cosa che le piaceva. «Per me, è più facile avere a che fare con gli uomini che con le donne», confessa, precisando subito: «Le porte del mondo dell’umorismo sono aperte tanto agli uomini quanto alle donne. Ma le donne ci si avventurano di meno. Ci vuole coraggio per intraprendere questa strada». Lo show prendeva in giro i politici e i costumi del Paese, come una sorta di versione più mainstream e meno tagliente del Saturday Night Live. Ha contribuito a rendere Zelensky un volto noto in Ucraina. Vecherniy Kvartal era «una cosa unica: il solo programma di satira politica nell’ex Unione Sovietica», dice Alexander Rodnyansky, un produttore cinematografico e televisivo che conosce Zelensky da anni e il cui figlio è consigliere economico del suo governo. Rodnyansky era a capo della rete televisiva ucraina che ha trasmesso lo show in prima serata. «Stava svolgendo un ruolo molto importante nell’evoluzione sociale e politica del Paese», dice.

Nel 2015, Zelensky ha ulteriormente accresciuto la propria notorietà recitando in una serie televisiva, Sluga naroda (“servitore del popolo”), in cui interpretava un insegnante di scuola superiore che critica la classe dirigente per il suo clientelismo e la sua corruzione e si ritrova eletto presidente dell’Ucraina. Qualche anno più tardi, come per uno scherzo del destino, Zelensky avrebbe trasformato tutto questo in realtà, vincendo le elezioni presidenziali che lo avevano visto sfidare Petro Poroshenko, un uomo d’affari che, al potere fin dalle prime elezioni tenutesi dopo la rivolta di Maidan, nel 2014, aveva spinto l’Ucraina in una direzione più vicina all’Europa e più lontana dalla Russia. Rodnyansky ricorda di aver parlato con Zelensky poco prima della sua vittoria: «Mi disse: “Sarà solo un mandato, cercheremo di cambiare il Paese in meglio e poi me ne andrò, tornerò a fare il produttore e realizzerò un film basato sulla mia esperienza con cui vincerò l’Oscar”. Ovviamente, ero scoppiato a ridere».

Quando Zelensky decide di candidarsi, la moglie non la prende particolarmente bene. «Rispettavo la sua scelta e capivo che per lui era un passo importante da compiere. Allo stesso tempo, però, sentivo che la mia vita e quella della mia famiglia sarebbero cambiate radicalmente. Un mutamento che sarebbe stato duraturo e piuttosto complesso», ricorda Zelenska. «Sapevo che avrei dovuto lavorare molto, e avevo ragione». Durante le nostre conversazioni, i momenti in cui è apparsa più rilassata sono stati quelli in cui ha ricordato gli anni prima della guerra e prima della presidenza del marito. Andare a un concerto di Adele a Lisbona, guidare con gli amici fino a Cracovia per vedere i Maroon 5, volare a Barcellona per un fine settimana, guardare film in famiglia (hanno visto Forrest Gump «milioni di volte» e lei adora Vento di passioni e I ponti di Madison County)… Come tutti in Ucraina, vuole tornare a una vita normale.

Le ho chiesto se qualcosa l’avesse preparata alla guerra. «Niente», ha risposto. «Stavamo vivendo una vita felice e non avremmo mai pensato che sarebbe successo questo. Ma ci resta la speranza». Più parlavo con Zelenska, più mi sentivo in colpa per lei e percepivo il suo isolamento, la sua paura. «È vero, mi sento isolata», ha detto. «Non posso andare dove voglio. Persino fare la spesa è diventato un sogno irrealizzabile». Ma lei si è fatta forza, per il suo Paese, per soddisfare tutte queste aspettative. «È un compito difficile», dice, «perché si sente costantemente il peso della responsabilità».

I suoi sforzi stanno dando i loro frutti. Durante la mia ultima mattina a Kiev, prima di intraprendere un altro lungo viaggio in treno per tornare in Polonia, ho fatto una passeggiata in Piazza Maidan, approfittando del fatto che aveva smesso di piovere. Mi sono fermata a chiedere alle persone cosa pensassero di Zelenska. Le risposte sono state tutte positive. «È umile, al passo con i tempi, moderna», ha detto Antonina Siryk, che mi ha raccontato con orgoglio di essere un’impiegata dell’ufficio statale che si occupa di disegnare francobolli, lo stesso che di recente ha creato quello – divenuto celebre – con la scritta «Nave da guerra russa, va’ a farti fottere». Ho chiacchierato con una coppia, Svitlana e Sergiy Karpov, che vivevano a Kiev ma speravano di tornare nella loro casa, nella regione del Donbas, ora sotto occupazione russa. Entrambi hanno detto di ammirare Zelenska. «Prima di tutto, è bella», ha osservato Sergiy, conducente di macchine da cantiere. «Ci piace la loro famiglia», ha aggiunto la moglie, che lavora nel settore assicurativo. «Sembra che si amino davvero. Lo si percepisce».

Prima di salutarmi, Zelenska mi ha regalato un libro sulla città di Charkiv, che la Russia ha bombardato con l’artiglieria. Quel giorno, le forze di Putin avevano anche lanciato dei missili su Vinnycja, una città a sud-ovest di Kiev, lontana dalla linea del fronte, facendo capire che nessun luogo è sicuro. Zelenska era chiaramente scossa. Con il telefono di un assistente, mi ha mostrato l’immagine di un bambino morto. È tutto così difficile da sopportare: la macchina della guerra, la macchina dei media… Lei sta svolgendo un lavoro che non ha scelto, e lo sta facendo bene. Prima che me ne andassi, ci siamo strette la mano, poi io ho azzardato un breve abbraccio. Lei mi ha accompagnato alla porta. Le ho augurato di poter presto cenare di nuovo con tutta la sua famiglia riunita attorno allo stesso tavolo. Tante famiglie separate, tante vite perse… «È il mio sogno», ha detto.

Questa cover story digitale è stata realizzata in collaborazione con Vogue UA.

Stylist: Julie Pelipas
Style assistant: Anastasiia Popadianets, Maria Hitcher
Makeup: Svetlana Rymakova
Hair: Igor Lomov
Producer: Maryna Sandugey-Shyshkina
Line producer (fixer): Maryna Shulikina, Vlad Mykhnyuk, Kasia Krychowska

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