Crisi di governo, hanno deciso in queste ore: finirà così, con un Draghi-bis alla faccia del desiderio della stragrande maggioranza degli italiani di andare al voto anticipato e cancellare il maggior numero possibile di parassiti

DAGOREPORT di dagospia.com

Finirà così, con un Draghi-bis. L’hanno capito anche i muri che il governo non può cadere. Mattarella al voto anticipato non ci andrà mai. Aprire le urne a fine settembre vuol dire saltare la legge di bilancio per il 2023, la cosiddetta Finanziaria, quindi aprire la via all’’’esercizio provvisorio’’, che vuol dire la paralisi politica del paese. Mercoledì prossimo la tempesta si placherà e Draghi potrà portare il governo al voto che il Quirinale ipotizza per il 21 maggio 2023.

A questo punto, sorge naturale la domanda: se i grillini di Conte sono il caos, perché Draghi, che finalmente con il neo partito scissionista di Di Maio ha i numeri sufficienti per buttarli fuori, non fa un governo senza di loro?

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Perché la tempesta o, se preferite la pagliacciata, ha origine anzitutto dalla insipienza politica di un avvocato, Giuseppe Conte, e di un banchiere, Mario Draghi, che sono stati scaraventati ai vertici della cosa pubblica, senza una specifica formazione, ignorando bellamente che in politica uno più uno può fare due ma anche zero o dieci. E’ l’arte del possibile, della mediazione, della patacca.

Una volta fuori dal tran tran istituzionale, ben coperto dalla pandemia, Conte alla guida dei 5stelle non ne ha azzeccata una, facendo sprofondare nei sondaggi il movimento dal 20 per cento al 7/8 di oggi. Da parte sua l’ex presidente della Bce, a forza di inanellare gaffe, sta scoprendo che l’arte del governo non contempla dichiarazioni perentorie, del tipo: “Non c’è un governo senza i Cinquestelle”. Espressa inutilmente ben due volte (per far felice l’ego di Conte), è dura poi ritornare sui propri passi, far finta di niente e mettersi alla guida di un nuovo esecutivo senza gli scappati di casa Conte.

Non solo. C’è la famosa sinistra dei Bettini, Boccia, Orlando, Provenzano, quella che voleva annegare il Pd nei 5stelle indicando Conte come ‘’punto di riferimento dell’area progressista”, che non ha mai nascosto la sua insofferenza per il governo Draghi e il draghismo. Ora si disperano fino al punto di porre come condizione irrinunciabile per andare avanti la permanenza dei 5stelle.

Uno stallo che ieri ha costretto Letta, con quel faccino invecchiato da chierichetto pipparolo, a piagnucolare un penoso appello per riportare sulla barca del governo Draghi i grillini. Prendete i fazzoletti: “Mercoledì siano della partita, rilanciando i grandi contenuti sociali, tenuto conto che il rapporto con i sindacati si è finalmente aperto e scongelato”, ha singhiozzato il segretario dei Dem.

Ma il problema di Orlando, Boccia e compagnucci non è quello che preoccupa granché Letta, giacché ha dalla sua parte tutto il resto del partito, da Franceschini agli ex renziani, e poi non si vede all’orizzonte alternative a Enrichetto.

Letta ha un altro problema: ‘’coprire’’ Draghi. Quella stoltezza politica che gli ha fatto dire ben due volte “Non c’è un governo senza i Cinquestelle”. E aspetta di conoscere i numeri di quelli che lasceranno Conte per salire sulla scialuppa di “Giggino” (sono già 61) per togliere l’alibi a Draghi.

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