Draghi si dimette? Mattarella avrebbe pronto il nome per il peggiore tra i parassiti: Giuliano Amato in pole per traghettare la feccia alle elezioni del 2023

“Oggi Draghi va al Quirinale e si dimette in modo irrevocabile”: a fornire questo retroscena è Ettore Maria Colombo che, ospite di Omnibus su La7, parla delle possibili conseguenze del non voto dei 5 Stelle sul Dl Aiuti al Senato. Il giornalista del Qn spiega che il premier non tornerà sui suoi passi: “È un banchiere, è un uomo senza cuore, quando dice una cosa è quella. Un politico rappattumerebbe qualsiasi governo e qualsiasi maggioranza pur di tirare avanti, Draghi non ha questo problema”.

Secondo Colombo, però, sarà fondamentale l’intervento del presidente della Repubblica: “Anche se le dimissioni fossero irrevocabili, Mattarella lo riprenderebbe per la collottola e lo rimanderebbe alle Camere”. Perché il capo dello Stato dovrebbe agire in questo modo? “Mattarella legge le agenzie e vede che il centrodestra vuole andare a votare, mentre Enrico Letta vuole una verifica di maggioranza e non vuole andare a votare – continua il giornalista -. Matteo Renzi non vuole il voto e vuole un governo tecnico, Luigi Di Maio non vuole andare a votare”.

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In caso di dimissioni di Draghi, secondo Colombo si aprirebbero due scenari: “O si fanno le elezioni ad ottobre e i tempi per farlo ci sono, oppure si fa un governo Franco, un governo Giuliano Amato per fare la manovra. Non un governo Draghi-bis attenzione, un governo tecnico solo per fare la legge di Bilancio. Io la vedo molto dura”.

Insomma, sullo sfondo l’ipotesi di Amato premier. Ipotesi buona un po’ per tutte le stagioni, che torna con una certa ricorrenza. E per l’attuale presidente della Corte Costituzionale sarebbe un bis da presidente del Consiglio dei ministri. Fu infatti premier da giugno 1992 all’aprile 1993. E gli italiani lo ricordano bene. Molto bene. Da neo-premier, Amato impose in un luglio afoso, nottetempo e metaforicamente nascosto dalle tenebre, un prelievo forzoso su tutti i conti correnti. Una patrimoniale di fatto, senza alcun preavviso, pari allo 0,6% del patrimonio totale, pari allo 0,6% di tutte le somme depositate. Fate voi due conti e, per chi non lo avesse vissuto in prima persona, sarà semplice capire l’abnorme dell’ammontare del prelievo.

Le istituzioni erano infatti al collasso, la lira nel mirino di feroci attacchi speculativi, i conti pubblici sballati e così, senza avvertire nessuno, Amato fece scattare il maxi-prelievo. Ragione per la quale, da quel momento, la sua popolarità – eufemismo – non è mai stata granché elevata.

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